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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06182019-112713


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
LOBIANCO, CATERINA
URN
etd-06182019-112713
Titolo
I DEPOSITI VOTIVI DI FRANCAVILLA DI SICILIA. Una revisione, per un'analisi del regime delle offerte.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
ARCHEOLOGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Parra, Maria Cecilia
correlatore Prof.ssa Rosselli, Lisa
Parole chiave
  • Ceramica.
  • Coroplastica
  • Depositi votivi
  • Francavilla di Sicilia
  • Pinakes
Data inizio appello
08/07/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
08/07/2089
Riassunto
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse del mondo dell’archeologia nei confronti dei depositi votivi, cioè quegli insiemi di materiali di diversa natura e tipologia, che hanno in comune un qualche coinvolgimento nell’attività rituale. Le indagini archeologiche dell’area cultuale di via Don Nino Russotti, a Francavilla di Sicilia, hanno portato alla luce una serie di deposizioni votive, che ha restituito una notevole quantità di materiali per il momento ancora in fase di studio, e perciò in larga parte inediti.
Questo mio lavoro intende partire da uno studio sistematico di quanto già edito in relazione alle stipi francavillesi e al materiale, per poi tentare una revisione del regime delle offerte alla luce delle informazioni raccolte, auspicando un prosieguo degli studi, che consentirà una più sicura e puntuale interpretazione del contesto.
Nel primo capitolo sarà presentato il sito, e saranno introdotte le principali questioni che lo riguardano e che hanno costituito l’oggetto di studio degli archeologi sin dai primi scavi, nel 1979. Nei capitoli seguenti saranno trattate le diverse tipologie di materiali provenienti dai depositi: nello specifico nel secondo saranno presentati i rinvenimenti vascolari e ceramici, le protomi e le statuette fittili, mentre il terzo sarà dedicato al corpus dei pinakes.
Lo scopo dello studio era di ricomporre un quadro storico e religioso per la colonia attraverso la revisione delle offerte provenienti dai depositi votivi del santuario.
Tre sono le domande che hanno costituito il punto di partenza di tutte le analisi condotte fino ad oggi sul sito:
1. Francavilla può identificarsi con Kallipolis, subcolonia nassia?
2. Il santuario di via Russotti è demetriaco?
3. Come si inserisce Francavilla all’interno del panorama magnogreco e siceliota?
A riguardo sono state finora effettuate ipotesi non completamente verificabili, data anche l’assenza di documenti epigrafici provenienti dal contesto.
La costituzione dell’abitato greco di Francavilla può presumersi esito della penetrazione calcidese nell’entroterra della Sicilia Orientale. Le due proposte identificative sono Kallipolis e Stiela/Stielana, e, sebbene si propenda più per la prima ipotesi che per la seconda, date le testimonianze erodotee e la scarsezza di prove a favore dell’altra, non è possibile dare una risposta certa. Se si identifica il sito con Kallipolis si deve tener conto della conquista del centro da parte di Ippocrate di Gela nel 486 a.C. che corrisponderebbe alla transizione tra le prime due fasi dell’insediamento, della quale si ha traccia nelle ristrutturazioni sia dell’abitato che del santuario.
Sono state infatti individuate per il sito tre fasi cronologiche: VI secolo, V secolo, IV secolo a.C., con una fase di abbandono tra gli ultimi due. Esso cessa di esistere nel III secolo a.C., forse in seguito agli eventi della guerra punica.
Per quanto riguarda il nume cui il santuario di via don Russotti era dedicato, è stata proposta un’identificazione con Demetra e Kore, sia per la posizione dell’area, nei pressi di una necropoli e del fiume, sia per la tipologie delle offerte rinvenute - i pinakes in particolare si connettono al mito di Persefone -.
Il culto delle due dee è particolarmente diffuso in Sicilia, o per il loro legame con la fertilità della terra, o per ragioni politiche connesse all’avanzata dei Dinomenidi nell’isola, o perché si presta particolarmente a sovrapposizioni con una divinità preesistente nel territorio.
Il legame della Sicilia alla terra e alla sua prosperità potrebbe essersi sviluppato anche prima dell’arrivo dei Greci ed è plausibile che ci fosse una specifica divinità per quest’ambito, come succede in quasi tutte le comunità pre e protostoriche; a tale dea è probabilmente stata sovrapposta poi la figura di Demetra, dea greca delle messi. Esistono infatti, nelle città greche d’Occidente in cui si ha uno sviluppo di tale culto, attestazioni della presenza di una dea non identificata univocamente, ma sempre associata all’ambito della natura.
L’analisi dei materiali dai depositi votivi francavillesi vuole in qualche modo cercare di ordinare l’enorme quantità di informazioni ricavabili al fine di fornirne una visione quanto più possibile sistematica.
Per quanto riguarda gli oggetti rituali rinvenuti, si può notare una netta prevalenza della ceramica connessa a rituali di libagione, cui si aggiungono solo in un secondo momento esemplari da mensa. Studi preliminari sono stati fatti su una parte di tale materiale, individuando come modelli soprattutto le produzioni attiche per skyphoi e oinochoai, corinzie per kotylai, oinochoai e phialai e calcidesi per le kylikes. Le olpai in particolare sono di produzione locale. Particolare è il caso di queste ultime che presentano difetti di manifattura, probabilmente dovuti al tipo di argilla utilizzata. Rituali libatori sono connessi in special modo con culti ctoni – di cui fa parte quello di Persefone – anche se è bene tenere presente che essi non sono univocamente riconducibili ad una tipologia cultuale.
Agli oggetti votivi appartengono alcuni thymiateria, per cui è stata ipotizzata una connessione con il culto di Afrodite, e delle lucerne, connesse alle celebrazioni demetriache, che potevano avere luogo anche nottetempo. In effetti alcuni tratti della dea venerata a Francavilla – soprattutto la sua connessione ai rituali nuziali - la avvicinano alla dea Cipride, così come anche ad Hera.
Dai depositi in analisi proviene inoltre un cospicuo numero di protomi, confrontabili con produzioni nassie prima di tutto, ma anche geloe e selinuntine. Naxos d’altronde era un affermato centro produttore di tale tipologia coroplastica, tanto che Uhlenbrock ha individuato una classe di protomi tipicamente locale, di cui sostiene ci siano esemplari anche a Francavilla.
Accanto alle protomi, di notevole importanza è anche il corpus di statuette rinvenute nelle stipi. Esse rappresentano una delle testimonianze principali dell’influenza locrese sulla plastica fittile siceliota, dal momento che si è in grado di distinguere un gruppo di esemplari di tipo medmeo.
Discorso analogo si può operare in relazione ai pinakes: si tratta di uno dei gruppi più cospicui, insieme a quelli di Locri, Medma e Hipponion. Dal momento che le tabelle francavillesi sono state rinvenute tutte, c0n una sola eccezione, nei depositi della seconda fase di vita del santuario, la prima ipotesi avanzata è stata che la produzione fosse connessa a quella locrese, dal momento che nel V secolo a.C. entrambe le città si trovavano sotto l’influsso dinomenide.
È innegabile la relazione tra i due corpora di pinakes. Più volte sono stati messi in relazione dal punto di vista iconografico e stilistico. Resta da capire come si siano sviluppati i contatti tra le due aree. Sicuramente è vero che un ruolo fondamentale lo hanno assunto i Dinomenidi con la loro politica di espansione; tuttavia non è possibile concordare con la posizione di Torelli, che porta la presenza cospicua di pinakes nell’ entroterra nassio come prova del trasferimento dei Locresi a Naxos, a seguito della politica di ripopolamento di quest’ultima messa in atto da Ierone. Sembrerebbe più plausibile l’ipotesi di contatti amichevoli tra la Magna Grecia e la Sicilia, dati anche i rinvenimenti di coroplastica di modelli locresi-medmei in altre aree dell’isola. Esiste però anche una produzione locale di modelli non presenti nel corpus dei pinakes di Locri. A mio parere, è indubbia l’influenza della colonia magnogreca, da cui Francavilla ha preso alcuni modelli, ma la città siceliota li ha adattati alle sue esigenze e alle forme di religiosità locale, sia sviluppando le iconografie preesistenti che creandone ex novo. Potrebbe avvalorare l’ipotesi anche l’assenza, a Francavilla, di alcune scene tipiche dei pinakes locresi, come ad esempio la peplophoria.
Ciò che si è cercato di fare con questo lavoro è stato appunto fornire una visione d’insieme sugli studi finora editi al fine di fornire al lettore una panoramica quanto più complessiva possibile su di essi.
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