Tesi etd-06182013-140324 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
DUDINE, ILARIA
URN
etd-06182013-140324
Titolo
Temi filosofici nel percorso intellettuale di Lou Andreas Salomè
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA
Relatori
relatore Campioni, Giuliano
Parole chiave
- narcisismo
- russia
- unità
Data inizio appello
01/07/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione
Tra Nietzsche e Freud, ambedue scrutatori della psiche umana, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, si situa la vicenda intellettuale di Lou Salomè,
“caratterizzata in primo luogo da qualcosa che oggi sembra assolutamente inattuale: il culto della propria personalità, la piena consapevolezza di essere, mai di dover essere, la mancanza di ogni risentimento, l’incapacità – dovuta ad una natura felice riposante su se stessa – di far parte di un qualsiasi movimento o partito, compreso quello dell’emancipazione femminile”1.
Nata nello stesso giorno in cui in Russia si proclamava ufficialmente l’emancipazione dei servi della gleba, il 12 febbraio 1861, Lou Salomè fu una figura originale e rappresentativa dello spirito della sua epoca. Al di là dei modelli e dei pregiudizi sociali, ella spiccò innanzitutto come una pioniera nell’arte di essere se stessi. Già molto giovane, infatti, si ribellò contro le convenzioni che pesavano non solo su se stessa ma sulla donna in generale e quando il pastore olandese Henrick Gillot, il precettore dell’adolescenza, su richiesta della madre di Lou scrisse alla giovane per ricordarle gli obblighi di una donna nella società, Lou rispose:
“ Ella ha l’abitudine di esprimersi dicendo che “noi” non possiamo, o magari che “noi” dobbiamo fare tale o talaltra cosa, ma io non ho la più vaga cognizione di chi sia mai questo “noi”- probabilmente un partito ideale o filosofico- e, per quel che mi consta, conosco soltanto un “io”. Non voglio imporre un modello alla mia vita, né aspiro a diventare io un modello per gli altri, intendo invece modellare la vita a mia immagine e somiglianza, ed è questo che farò, a qualunque costo.”2
La sua vita fu contraddistinta da una curiosità assoluta. Si occupò principalmente di filosofia, arte e religione, tanto occidentali che orientali, nonché di psicanalisi.
Studiò la figura della donna nella sua epoca, offrendo, attraverso la sua opera, un contributo molto originale sui valori culturali in cui stavano immersi la società e l’intellettualismo europeo.
Dopo essersi iscritta all’università di Zurigo, una delle prime ad ammettere le donne, nel 1882 conobbe sia Nietzsche che Paul Reè che tanto contribuirono alla sua evoluzione intellettuale, ed ebbe una relazione sentimentale con il poeta Reiner Maria Rilke.
Lou Salomè incontrò Paul Rèe nel salotto di Malwida von Meysenbug nel marzo del 1882 e Nietzsche nella basilica di san Pietro a Roma in aprile, appena rientrato da Messina: il loro solenne incontro e la famosa “trinità”,3 cioè il progetto di studi in comune che i tre tentarono e si illusero di realizzare, sono argomenti esaurientemente approfonditi in particolare dal biografo di Lou H.F.Peters, che alla vicenda dedica i tre capitoli centrali della sua opera My sister, my spouse, da W.Ross4, dalla stessa Salomè nelle sue memorie; vi è anche il film di Liliana Cavani Al di là del bene e del male5, che racconta il tentativo di tre intellettuali di impostare un rapporto personale che potesse essere differente dalla mentalità mediocre e ipocrita dell'epoca.
Di particolare interesse a questo riguardo è la raccolta di lettere curata da Ernst Pfeiffer, Triangolo di lettere. Carteggio di Friedrich Nietzsche Paul Rée Lou Salomè, la cui traduzione italiana è stata curata da Mario Carpitella, il quale a ragione, nella prefazione, avverte il lettore:
“Chi da questo libro si attende risposte definitive circa il reale rapporto di Nietzsche con Lou von Salomè, interrogativo che da sempre ha travagliato chi si è occupato della biografia del filosofo, fino ai rotocalchi culturali e al cinema- rimarrà probabilmente deluso. La lacunosità del materiale documentario, censure e rimozioni di vario tipo si oppongono a ogni tentativo di fare definitivamente chiarezza, consentendo così anche fantasiose e poco documentate interpretazioni…”6
Viaggiò molto per l’Europa, partecipando così al mondo culturale e spirituale degli intellettuali, filosofi e artisti di cui fece via via conoscenza.
Nietzsche l’aveva molto incoraggiata a scrivere, ad annotare i suoi pensieri e svolgerli poi in forma letteraria, e anche se lei stessa non credette mai nelle proprie qualità letterarie, gli anni novanta segnarono la sua attività di scrittrice: oltre a collaborare con giornali e riviste pubblicando articoli, saggi e recenzioni teatrali, scrisse romanzi densi di introspezione psicologica e dettati sempre da esperienze autobiografiche. Sono degni di particolare interesse il suo libro sulle figure femminili di Henrick Ibsen, Henrick Ibsen Frauen Gestalten del 1892 e quello sulla vita e le opere di Nietzsche Friedrich Nietzsche in seinen Werken del 1894, perché opere che rivelarono una iniziale predisposizione per la psicologia.
Mettendo a confronto i testi editi e i numerosi scambi epistolari e tenendo ben presente il pensiero che tutti i sistemi filosofici riflettono la vita personale del filosofo7, nella prima parte questo studio tenta di mostrare che la perdita della fede in giovane età, avvenimento per lei gravido di conseguenze poiché la spinse a ricercare l’incommensurabile destino che accomuna tutto l’esistente e ad interessarsi da qui in poi, con molti dei suoi scritti, al fenomeno religioso, il cambiamento del modo di pensare che si stava preparando già dalla metà dell’Ottocento8, l’intensa formazione intellettuale ricevuta dal pastore olandese Henrick Gillot, l’incontro con la filosofia di Nietzsche, ma anche l’aver seguito da vicino i turbamenti interiori di uomini come Paul Rèe o Rilke, si sono rivelati essenziali alle riflessioni di Lou Salomè sull’essere umano, riflessioni che ella maturò soprattutto nei suoi ultimi scritti, ossia dopo la sua concreta adesione alla società psicanalitica.
In particolare si è ritenuto opportuno approfondire il rapporto di Lou Salomè con Rainer Maria Rilke attraverso la densa corrispondenza che i due tennero dal giorno del loro incontro, avvenuto a Monaco nel 1897 fino alla morte del poeta nel 1926 e il libro che la Salomè stessa scrisse su di lui un anno dopo la sua morte.
La Salomè fu testimone della tormentata evoluzione poetica rilkiana, gli fu da sostegno nei momenti di maggiore malessere psico-fisico, da stimolo ed aiuto nei momenti di improduttività; ne interpretò il dramma poetico come un dramma umano, il tormento interiore originato dal conflitto tra interiorità ed esteriorità, tra il suo io e il suo corpo, tra arte e vita, ossia tra conquista di sé e genio artistico che avrebbe condotto ad opere grandiose ma anche ad una svolta tragica.
Di fronte alla sofferenza psichica e alle frequenti crisi di angoscia di Rilke, Lou Salomè spostò sempre più il suo interesse sul mistero della natura umana e sulle sue contraddizioni, sugli impulsi inconsci all’origine di ogni processo creativo, ammettendo, nelle sue memorie, che sarebbe stato Rilke uno dei principali motivi del suo accostamento alla psicanalisi di Freud.
Dopo aver partecipato al III Congresso di psicanalisi di Weimar, nel 1911, non abbandonò più lo studio della psicanalisi poiché essa prometteva un ampliamento dei propri confini vitali,9
“ un possesso ancora più profondo prima di tutto della propria persona, poi di aiutare anche altri a conoscersi, senza infingimenti, senza bisogno di morale”10,
una morale dalle cui catene aveva voluto liberarsi fin dall’adolescenza ma soprattutto dopo il suo incontro con Nietzsche e con l’ostilità della sorella del filosofo.
La sua partecipazione alle lezioni del professor Freud e alle riunioni del mercoledì sera significò per lei una svolta intellettuale, oggetto della seconda parte di questo lavoro, che non solo condizionò la sua attività di scrittrice, cominciò infatti da allora a scrivere prevalentemente saggi a carattere psicologico e psicanalitico, ma anche lavorativa poiché dal 1922, su consiglio di Freud dato l’aumento di disturbi psichici dovuti alla guerra e il conseguente aumento di richieste di supporto psichiatrico, si dedicò interamente all’attività di psicoterapeuta, un’attività che le permise di esplorare i recessi più profondi della vita dei suoi simili, interesse che da sempre aveva prevalso nella sua esistenza.
Scrisse uno dei medici che analizzò:
“Devo ammettere che il modo in cui Lou faceva le sue analisi mi fece una grande impressione e mi aiutò enormemente, non solo allora, ma per tutto il resto della mia vita. Una delle cose più importanti è che da allora sono assai meno disposto ad indignarmi per le azioni altrui. Quando abbiamo affrontato una volta la bestia che è in noi –e quella l’abbiamo tutti-, si è meno propensi all’indignazione morale. Qui sta per me il valore di tali analisi, ci rendono più umili. In quanto a Lou ebbi l’impressione che la interessasse di gran lunga di più il lato psicodinamico della psicanalisi che non quello psichiatrico vero e proprio. D’altra parte ogni vita è un romanzo. Per una scrittrice, quale Lou era stata, non c’è nulla di più interessante che esplorare la vita altrui. Sono dei romanzi vissuti. Ebbi l’impressione che Lou trovasse questo assai più interessante che non scrivere essa stessa dei romanzi…. Suppongo che Lou si dedicasse alla psicanalisi perché questa le permetteva di penetrare nei recessi più segreti della vita dei suoi simili. Aveva un modo di parlare molto calmo e il grande dono di ispirare confidenza. Ancor oggi sono un po’ sorpreso se penso a tutte le cose che sono stato capace di dirle allora. Ma sempre ho avuto la sensazione che ella non solo comprendesse tutto, ma che sapesse tutto accettare.”11
Le principali riflessioni maturate nei due anni successivi la sua partecipazione al Congresso di Weimar, ossia il 1912-1913, furono da lei annotate in un diario, redatto dall’amico e curatore del lascito letterario Ernst Pfeiffer, con il titolo In der schule bei Freud12. Le nozioni acquisite furono arricchite di intuizioni e deduzioni proprie che dimostrano un acume e una profondità rimarchevole se si tiene conto della sua condizione di inesperta e del fatto che la psicanalisi allora era solo all’inizio del suo lungo percorso.
Maturò progressivamente le sue riflessioni, come dimostrano i saggi che vi successero e di cui Freud le consigliò la pubblicazione su Imago, la principale rivista psicanalitica di quegl’anni: si pensi a Anal und Sexual del 1916 o a Narzissmus als Doppelrichtung del 1921. I temi trattati nel diario e approfonditi nei successivi saggi, che in questo lavoro sono ritenuti basilari, si svilupparono intorno alle concezioni dei rapporti tra salute e malattia, tra coscienza e inconscio, psiche e corpo, identità e alterità, e in particolare, qui, si è ritenuto opportuno approfondire il concetto di narcisismo.
Più volte preso in considerazione nel diario, date le frequenti discussioni all’interno del circolo psicanalitico, non solo perché Freud stava scrivendo la sua Introduzione al narcisismo, pubblicato poi nel 1914, ma anche per i forti contrasti, proprio in merito alla teoria della libido, che la psicanalisi stava tentando di risolvere, il concetto di narcisismo fu solo accennato in Anal und Sexual, per essere poi oggetto di un intero saggio: Narzissmus als Doppelrichtung.
In quest’ultimo testo l’autrice rivalutò il concetto con una definizione amplificata rispetto a quella di Freud, ammettendo nel narcisismo stesso una doppia tendenza, verso l’io ma anche verso il mondo, ipotizzando che all’origine della vita ci sia l’esistenza di uno stato, narcisistico appunto, di pienezza originaria, un sostrato psichico universale dal quale ci si separa alla nascita ma al quale si tende sempre a voler tornare, attraverso l’Eros e le estasi amorose, la religione, la creazione artistica ecc., in ogni forma di espressione psichica insomma, in cui l’amore per se stessi farebbe tutt’uno con l’amore per il cosmo.
Questa concezione del narcisismo dalla quale deriva, secondo lei, la duplicità della coscienza e della natura umana in generale, fu il concetto che maggiormente la distanzierà dal maestro e sarà la base di un’ulteriore e conseguente presa di distanza: la concezione dell’Eros come unica pulsione vitale opposta alla concezione freudiana di Eros e Thanatos, come pulsione di vita e opposta pulsione di morte, espressa nell’opera L’io e l’es del 1922. Questa idea di un’unica pulsione di vita, che Mazzino Montinari ben definì nella sua introduzione all’epistolario tra Freud e Lou Salomè13in termini di “Eros sive natura”, giustifica pertanto non solo la sua giovanile predilezione per Spinoza, che nel diario definirà “filosofo della psicanalisi”,14 ma anche la sua ipotesi di un’unica fonte dell’erotismo, della religione e dell’arte, concezione espressa in un breve saggio del 1910, Die Erotik15 antecedente la sua adesione alla società psicanalitica.
Tra Nietzsche e Freud, ambedue scrutatori della psiche umana, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, si situa la vicenda intellettuale di Lou Salomè,
“caratterizzata in primo luogo da qualcosa che oggi sembra assolutamente inattuale: il culto della propria personalità, la piena consapevolezza di essere, mai di dover essere, la mancanza di ogni risentimento, l’incapacità – dovuta ad una natura felice riposante su se stessa – di far parte di un qualsiasi movimento o partito, compreso quello dell’emancipazione femminile”1.
Nata nello stesso giorno in cui in Russia si proclamava ufficialmente l’emancipazione dei servi della gleba, il 12 febbraio 1861, Lou Salomè fu una figura originale e rappresentativa dello spirito della sua epoca. Al di là dei modelli e dei pregiudizi sociali, ella spiccò innanzitutto come una pioniera nell’arte di essere se stessi. Già molto giovane, infatti, si ribellò contro le convenzioni che pesavano non solo su se stessa ma sulla donna in generale e quando il pastore olandese Henrick Gillot, il precettore dell’adolescenza, su richiesta della madre di Lou scrisse alla giovane per ricordarle gli obblighi di una donna nella società, Lou rispose:
“ Ella ha l’abitudine di esprimersi dicendo che “noi” non possiamo, o magari che “noi” dobbiamo fare tale o talaltra cosa, ma io non ho la più vaga cognizione di chi sia mai questo “noi”- probabilmente un partito ideale o filosofico- e, per quel che mi consta, conosco soltanto un “io”. Non voglio imporre un modello alla mia vita, né aspiro a diventare io un modello per gli altri, intendo invece modellare la vita a mia immagine e somiglianza, ed è questo che farò, a qualunque costo.”2
La sua vita fu contraddistinta da una curiosità assoluta. Si occupò principalmente di filosofia, arte e religione, tanto occidentali che orientali, nonché di psicanalisi.
Studiò la figura della donna nella sua epoca, offrendo, attraverso la sua opera, un contributo molto originale sui valori culturali in cui stavano immersi la società e l’intellettualismo europeo.
Dopo essersi iscritta all’università di Zurigo, una delle prime ad ammettere le donne, nel 1882 conobbe sia Nietzsche che Paul Reè che tanto contribuirono alla sua evoluzione intellettuale, ed ebbe una relazione sentimentale con il poeta Reiner Maria Rilke.
Lou Salomè incontrò Paul Rèe nel salotto di Malwida von Meysenbug nel marzo del 1882 e Nietzsche nella basilica di san Pietro a Roma in aprile, appena rientrato da Messina: il loro solenne incontro e la famosa “trinità”,3 cioè il progetto di studi in comune che i tre tentarono e si illusero di realizzare, sono argomenti esaurientemente approfonditi in particolare dal biografo di Lou H.F.Peters, che alla vicenda dedica i tre capitoli centrali della sua opera My sister, my spouse, da W.Ross4, dalla stessa Salomè nelle sue memorie; vi è anche il film di Liliana Cavani Al di là del bene e del male5, che racconta il tentativo di tre intellettuali di impostare un rapporto personale che potesse essere differente dalla mentalità mediocre e ipocrita dell'epoca.
Di particolare interesse a questo riguardo è la raccolta di lettere curata da Ernst Pfeiffer, Triangolo di lettere. Carteggio di Friedrich Nietzsche Paul Rée Lou Salomè, la cui traduzione italiana è stata curata da Mario Carpitella, il quale a ragione, nella prefazione, avverte il lettore:
“Chi da questo libro si attende risposte definitive circa il reale rapporto di Nietzsche con Lou von Salomè, interrogativo che da sempre ha travagliato chi si è occupato della biografia del filosofo, fino ai rotocalchi culturali e al cinema- rimarrà probabilmente deluso. La lacunosità del materiale documentario, censure e rimozioni di vario tipo si oppongono a ogni tentativo di fare definitivamente chiarezza, consentendo così anche fantasiose e poco documentate interpretazioni…”6
Viaggiò molto per l’Europa, partecipando così al mondo culturale e spirituale degli intellettuali, filosofi e artisti di cui fece via via conoscenza.
Nietzsche l’aveva molto incoraggiata a scrivere, ad annotare i suoi pensieri e svolgerli poi in forma letteraria, e anche se lei stessa non credette mai nelle proprie qualità letterarie, gli anni novanta segnarono la sua attività di scrittrice: oltre a collaborare con giornali e riviste pubblicando articoli, saggi e recenzioni teatrali, scrisse romanzi densi di introspezione psicologica e dettati sempre da esperienze autobiografiche. Sono degni di particolare interesse il suo libro sulle figure femminili di Henrick Ibsen, Henrick Ibsen Frauen Gestalten del 1892 e quello sulla vita e le opere di Nietzsche Friedrich Nietzsche in seinen Werken del 1894, perché opere che rivelarono una iniziale predisposizione per la psicologia.
Mettendo a confronto i testi editi e i numerosi scambi epistolari e tenendo ben presente il pensiero che tutti i sistemi filosofici riflettono la vita personale del filosofo7, nella prima parte questo studio tenta di mostrare che la perdita della fede in giovane età, avvenimento per lei gravido di conseguenze poiché la spinse a ricercare l’incommensurabile destino che accomuna tutto l’esistente e ad interessarsi da qui in poi, con molti dei suoi scritti, al fenomeno religioso, il cambiamento del modo di pensare che si stava preparando già dalla metà dell’Ottocento8, l’intensa formazione intellettuale ricevuta dal pastore olandese Henrick Gillot, l’incontro con la filosofia di Nietzsche, ma anche l’aver seguito da vicino i turbamenti interiori di uomini come Paul Rèe o Rilke, si sono rivelati essenziali alle riflessioni di Lou Salomè sull’essere umano, riflessioni che ella maturò soprattutto nei suoi ultimi scritti, ossia dopo la sua concreta adesione alla società psicanalitica.
In particolare si è ritenuto opportuno approfondire il rapporto di Lou Salomè con Rainer Maria Rilke attraverso la densa corrispondenza che i due tennero dal giorno del loro incontro, avvenuto a Monaco nel 1897 fino alla morte del poeta nel 1926 e il libro che la Salomè stessa scrisse su di lui un anno dopo la sua morte.
La Salomè fu testimone della tormentata evoluzione poetica rilkiana, gli fu da sostegno nei momenti di maggiore malessere psico-fisico, da stimolo ed aiuto nei momenti di improduttività; ne interpretò il dramma poetico come un dramma umano, il tormento interiore originato dal conflitto tra interiorità ed esteriorità, tra il suo io e il suo corpo, tra arte e vita, ossia tra conquista di sé e genio artistico che avrebbe condotto ad opere grandiose ma anche ad una svolta tragica.
Di fronte alla sofferenza psichica e alle frequenti crisi di angoscia di Rilke, Lou Salomè spostò sempre più il suo interesse sul mistero della natura umana e sulle sue contraddizioni, sugli impulsi inconsci all’origine di ogni processo creativo, ammettendo, nelle sue memorie, che sarebbe stato Rilke uno dei principali motivi del suo accostamento alla psicanalisi di Freud.
Dopo aver partecipato al III Congresso di psicanalisi di Weimar, nel 1911, non abbandonò più lo studio della psicanalisi poiché essa prometteva un ampliamento dei propri confini vitali,9
“ un possesso ancora più profondo prima di tutto della propria persona, poi di aiutare anche altri a conoscersi, senza infingimenti, senza bisogno di morale”10,
una morale dalle cui catene aveva voluto liberarsi fin dall’adolescenza ma soprattutto dopo il suo incontro con Nietzsche e con l’ostilità della sorella del filosofo.
La sua partecipazione alle lezioni del professor Freud e alle riunioni del mercoledì sera significò per lei una svolta intellettuale, oggetto della seconda parte di questo lavoro, che non solo condizionò la sua attività di scrittrice, cominciò infatti da allora a scrivere prevalentemente saggi a carattere psicologico e psicanalitico, ma anche lavorativa poiché dal 1922, su consiglio di Freud dato l’aumento di disturbi psichici dovuti alla guerra e il conseguente aumento di richieste di supporto psichiatrico, si dedicò interamente all’attività di psicoterapeuta, un’attività che le permise di esplorare i recessi più profondi della vita dei suoi simili, interesse che da sempre aveva prevalso nella sua esistenza.
Scrisse uno dei medici che analizzò:
“Devo ammettere che il modo in cui Lou faceva le sue analisi mi fece una grande impressione e mi aiutò enormemente, non solo allora, ma per tutto il resto della mia vita. Una delle cose più importanti è che da allora sono assai meno disposto ad indignarmi per le azioni altrui. Quando abbiamo affrontato una volta la bestia che è in noi –e quella l’abbiamo tutti-, si è meno propensi all’indignazione morale. Qui sta per me il valore di tali analisi, ci rendono più umili. In quanto a Lou ebbi l’impressione che la interessasse di gran lunga di più il lato psicodinamico della psicanalisi che non quello psichiatrico vero e proprio. D’altra parte ogni vita è un romanzo. Per una scrittrice, quale Lou era stata, non c’è nulla di più interessante che esplorare la vita altrui. Sono dei romanzi vissuti. Ebbi l’impressione che Lou trovasse questo assai più interessante che non scrivere essa stessa dei romanzi…. Suppongo che Lou si dedicasse alla psicanalisi perché questa le permetteva di penetrare nei recessi più segreti della vita dei suoi simili. Aveva un modo di parlare molto calmo e il grande dono di ispirare confidenza. Ancor oggi sono un po’ sorpreso se penso a tutte le cose che sono stato capace di dirle allora. Ma sempre ho avuto la sensazione che ella non solo comprendesse tutto, ma che sapesse tutto accettare.”11
Le principali riflessioni maturate nei due anni successivi la sua partecipazione al Congresso di Weimar, ossia il 1912-1913, furono da lei annotate in un diario, redatto dall’amico e curatore del lascito letterario Ernst Pfeiffer, con il titolo In der schule bei Freud12. Le nozioni acquisite furono arricchite di intuizioni e deduzioni proprie che dimostrano un acume e una profondità rimarchevole se si tiene conto della sua condizione di inesperta e del fatto che la psicanalisi allora era solo all’inizio del suo lungo percorso.
Maturò progressivamente le sue riflessioni, come dimostrano i saggi che vi successero e di cui Freud le consigliò la pubblicazione su Imago, la principale rivista psicanalitica di quegl’anni: si pensi a Anal und Sexual del 1916 o a Narzissmus als Doppelrichtung del 1921. I temi trattati nel diario e approfonditi nei successivi saggi, che in questo lavoro sono ritenuti basilari, si svilupparono intorno alle concezioni dei rapporti tra salute e malattia, tra coscienza e inconscio, psiche e corpo, identità e alterità, e in particolare, qui, si è ritenuto opportuno approfondire il concetto di narcisismo.
Più volte preso in considerazione nel diario, date le frequenti discussioni all’interno del circolo psicanalitico, non solo perché Freud stava scrivendo la sua Introduzione al narcisismo, pubblicato poi nel 1914, ma anche per i forti contrasti, proprio in merito alla teoria della libido, che la psicanalisi stava tentando di risolvere, il concetto di narcisismo fu solo accennato in Anal und Sexual, per essere poi oggetto di un intero saggio: Narzissmus als Doppelrichtung.
In quest’ultimo testo l’autrice rivalutò il concetto con una definizione amplificata rispetto a quella di Freud, ammettendo nel narcisismo stesso una doppia tendenza, verso l’io ma anche verso il mondo, ipotizzando che all’origine della vita ci sia l’esistenza di uno stato, narcisistico appunto, di pienezza originaria, un sostrato psichico universale dal quale ci si separa alla nascita ma al quale si tende sempre a voler tornare, attraverso l’Eros e le estasi amorose, la religione, la creazione artistica ecc., in ogni forma di espressione psichica insomma, in cui l’amore per se stessi farebbe tutt’uno con l’amore per il cosmo.
Questa concezione del narcisismo dalla quale deriva, secondo lei, la duplicità della coscienza e della natura umana in generale, fu il concetto che maggiormente la distanzierà dal maestro e sarà la base di un’ulteriore e conseguente presa di distanza: la concezione dell’Eros come unica pulsione vitale opposta alla concezione freudiana di Eros e Thanatos, come pulsione di vita e opposta pulsione di morte, espressa nell’opera L’io e l’es del 1922. Questa idea di un’unica pulsione di vita, che Mazzino Montinari ben definì nella sua introduzione all’epistolario tra Freud e Lou Salomè13in termini di “Eros sive natura”, giustifica pertanto non solo la sua giovanile predilezione per Spinoza, che nel diario definirà “filosofo della psicanalisi”,14 ma anche la sua ipotesi di un’unica fonte dell’erotismo, della religione e dell’arte, concezione espressa in un breve saggio del 1910, Die Erotik15 antecedente la sua adesione alla società psicanalitica.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
Temi_fil...Salom.pdf | 1.13 Mb |
Contatta l’autore |