Tesi etd-06172014-145331 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BERTOLA, LAURA
URN
etd-06172014-145331
Titolo
IL DELITTO DI STRAGE
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. De Francesco, Giovannangelo
Parole chiave
- aggravante
- condotta omissiva
- elemento soggettivo
Data inizio appello
07/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’obiettivo di questo lavoro è quello di offrire un panorama più ampio possibile sul delitto di strage, reato previsto nel nostro Codice Penale nel Libro II, Titolo VI, Capo I “Dei delitti contro l’incolumità pubblica” all’art. 422. Il reato appena citato, non è l’unico ad essere preso in esame, in quanto oltre che ad una strage comune, il legislatore ha inserito nel Codice Penale anche la strage “politica”, precisamente, sotto la rubrica “Devastazione, Saccheggio e Strage” nel Libro II, Titolo I, Capo II “Dei delitti contro la personalità interna dello Stato”, all’art. 285.
I reati oggetto del presente lavoro presentano delle particolarità, poiché nonostante la loro diversa collocazione all’interno del codice penale, possiedono degli elementi costitutivi in comune.
L’unica differenza che intercorre tra i due reati suindicati, si sostanzia nel diverso oggetto a cui è diretta la loro tutela. Il reato di strage comune, così come previsto dall’art. 422 c.p. mira a tutelare un bene giuridico di particolare importanza, ovvero, la pubblica incolumità, mentre, il delitto di cui all’art. 285 c.p. si pone a tutela della sicurezza interna dello Stato. Come sostenuto nel presente lavoro, si tratta, in entrambi i casi, di beni di particolare importanza che meritano, agli occhi del legislatore, una tutela “rafforzata”.
La tutela accordata dal legislatore ai reati di strage summenzionati, si rende potenziata grazie ad una anticipazione del momento consumativo del reato alla messa in pericolo del bene –interesse tutelato, a prescindere dalla effettiva lesione dello stesso. Questa impostazione è giustificata dalla qualificazione dei delitti in esame come reati di comune pericolo, i quali giustificano una tutela rafforzata in termini general-preventivi.
La differente polarità offensiva delle due fattispecie non pone ostacoli all’affermare che vi sia una sostanziale coincidenza dei fatti punibili, che si differenziano solo per il contenuto dell’elemento soggettivo, ovvero, del dolo specifico.
Il motivo per il quale il legislatore ha voluto introdurre anche l’art. 422 c.p., nonostante si prevedesse già il reato di devastazione, saccheggio e strage, va ricercato nelle scelte di politica criminale. Infatti, se la preoccupazione della tutela per l’integrità dello Stato spinse a non allontanarsi dalla tradizione e decidere di mantenere l’incriminazione di strage politica, l’apprezzamento della sostanza lesiva delle condotte contrassegnate dal fine di uccidere ed estrinsecatesi in effetti diffusivi sulla incolumità di un numero indeterminato di persone, impose al legislatore la necessità di una ulteriore incriminazione, fuori dalla logica della aggressione di natura politica.
Analizzando le fattispecie di strage, sorge spontaneo chiedersi se una doppia incriminazione per fatti materiali sostanzialmente omogenei possa contribuire a rendere fondati gli interrogativi (e i dubbi) sulla razionalità della scelta normativa adoperata dal legislatore.
Nonostante tali dubbi siano insorti nella mente del lettore, notiamo che comunque, a seguito del Progetto del 1992 si è pervenuti ad una semplificazione, prevedendosi unicamente come delitto di strage, la strage comune (mentre non si rinviene traccia della figura della strage politica).
Al fine di mettere in evidenza le differenze che intercorrono tra il delitto di strage comune e gli altri reati previsti dal Capo I, collocati in seguito alla norma in esame, si sono riportati alcuni noti episodi criminosi avvenuti nel nostro Paese e sono stati esaminati i vari reati ascritti agli imputati. Ciò che ha suscitato interesse è il fatto che nonostante in alcuni casi il bene giuridico della pubblica incolumità sia stato comunque messo in pericolo e sia stata provocata la morte di un numero indeterminato di persone, non è stato ravvisato il delitto di strage ex art. 422 c.p. per la mancanza dell’idoneità e univocità degli atti posti in essere dai soggetti agenti a mettere in pericolo la pubblica incolumità. Ma non solo. Non è stato possibile ascrivere agli imputati il reato di cui all’art. 422 c.p. a causa della mancanza, nella condotta dell’agente, del dolo specifico . È’ prettamente su questi elementi che si è basata la disamina del delitto di strage e del filo conduttore che lega quest’ultimo agli altri delitti contro la pubblica incolumità.
Valutare in che modo l’organo giudicante non ha ravvisato il delitto di strage in alcuni degli eventi criminosi susseguitisi dagli anni settanta sino ad oggi, nonostante si siano verificati eventi lesivi di portata massiva, ha suscitato un interesse particolare; interesse che si è concentrato sugli elementi costitutivi dei reati di cui agli artt. 285 e 422 c.p.
I reati oggetto del presente lavoro presentano delle particolarità, poiché nonostante la loro diversa collocazione all’interno del codice penale, possiedono degli elementi costitutivi in comune.
L’unica differenza che intercorre tra i due reati suindicati, si sostanzia nel diverso oggetto a cui è diretta la loro tutela. Il reato di strage comune, così come previsto dall’art. 422 c.p. mira a tutelare un bene giuridico di particolare importanza, ovvero, la pubblica incolumità, mentre, il delitto di cui all’art. 285 c.p. si pone a tutela della sicurezza interna dello Stato. Come sostenuto nel presente lavoro, si tratta, in entrambi i casi, di beni di particolare importanza che meritano, agli occhi del legislatore, una tutela “rafforzata”.
La tutela accordata dal legislatore ai reati di strage summenzionati, si rende potenziata grazie ad una anticipazione del momento consumativo del reato alla messa in pericolo del bene –interesse tutelato, a prescindere dalla effettiva lesione dello stesso. Questa impostazione è giustificata dalla qualificazione dei delitti in esame come reati di comune pericolo, i quali giustificano una tutela rafforzata in termini general-preventivi.
La differente polarità offensiva delle due fattispecie non pone ostacoli all’affermare che vi sia una sostanziale coincidenza dei fatti punibili, che si differenziano solo per il contenuto dell’elemento soggettivo, ovvero, del dolo specifico.
Il motivo per il quale il legislatore ha voluto introdurre anche l’art. 422 c.p., nonostante si prevedesse già il reato di devastazione, saccheggio e strage, va ricercato nelle scelte di politica criminale. Infatti, se la preoccupazione della tutela per l’integrità dello Stato spinse a non allontanarsi dalla tradizione e decidere di mantenere l’incriminazione di strage politica, l’apprezzamento della sostanza lesiva delle condotte contrassegnate dal fine di uccidere ed estrinsecatesi in effetti diffusivi sulla incolumità di un numero indeterminato di persone, impose al legislatore la necessità di una ulteriore incriminazione, fuori dalla logica della aggressione di natura politica.
Analizzando le fattispecie di strage, sorge spontaneo chiedersi se una doppia incriminazione per fatti materiali sostanzialmente omogenei possa contribuire a rendere fondati gli interrogativi (e i dubbi) sulla razionalità della scelta normativa adoperata dal legislatore.
Nonostante tali dubbi siano insorti nella mente del lettore, notiamo che comunque, a seguito del Progetto del 1992 si è pervenuti ad una semplificazione, prevedendosi unicamente come delitto di strage, la strage comune (mentre non si rinviene traccia della figura della strage politica).
Al fine di mettere in evidenza le differenze che intercorrono tra il delitto di strage comune e gli altri reati previsti dal Capo I, collocati in seguito alla norma in esame, si sono riportati alcuni noti episodi criminosi avvenuti nel nostro Paese e sono stati esaminati i vari reati ascritti agli imputati. Ciò che ha suscitato interesse è il fatto che nonostante in alcuni casi il bene giuridico della pubblica incolumità sia stato comunque messo in pericolo e sia stata provocata la morte di un numero indeterminato di persone, non è stato ravvisato il delitto di strage ex art. 422 c.p. per la mancanza dell’idoneità e univocità degli atti posti in essere dai soggetti agenti a mettere in pericolo la pubblica incolumità. Ma non solo. Non è stato possibile ascrivere agli imputati il reato di cui all’art. 422 c.p. a causa della mancanza, nella condotta dell’agente, del dolo specifico . È’ prettamente su questi elementi che si è basata la disamina del delitto di strage e del filo conduttore che lega quest’ultimo agli altri delitti contro la pubblica incolumità.
Valutare in che modo l’organo giudicante non ha ravvisato il delitto di strage in alcuni degli eventi criminosi susseguitisi dagli anni settanta sino ad oggi, nonostante si siano verificati eventi lesivi di portata massiva, ha suscitato un interesse particolare; interesse che si è concentrato sugli elementi costitutivi dei reati di cui agli artt. 285 e 422 c.p.
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