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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06162009-123036


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
CANTAFORA, EMANUELA
Indirizzo email
manu.canta@hotmail.it
URN
etd-06162009-123036
Titolo
EFFETTI DEL LITIO NEL MIDOLLO SPINALE IN UN MODELLO SPERIMENTALE DI SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
Settore scientifico disciplinare
BIO/16
Corso di studi
MORFOLOGIA E FUNZIONE NORMALE E PATOLOGICA DI CELLULE E TESSUTI
Relatori
Relatore Dott.ssa Ferrucci, Michela
Parole chiave
  • microscopia ottica
  • midollo spinale
  • sclerosi laterale amiotrofica
  • stereologia
  • topi transgenici G93A
Data inizio appello
01/07/2009
Consultabilità
Completa
Riassunto
INTRODUZIONE. La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una grave patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla perdita progressiva di motoneuroni nelle aree motorie del sistema nervoso centrale. Si tratta di una patologia multifocale che colpisce sia il primo che il secondo motoneurone provocando paralisi muscolare progressiva ed irreversibile che porta a morte entro 3-5 anni dalla diagnosi e per la quale attualmente non esiste alcuna terapia efficace.
I meccanismi alla base della degenerazione selettiva dei motoneuroni nella SLA non sono noti, ma recentemente è emerso che un’alterazione della via autofagica possa svolgere un ruolo chiave nella patogenesi della malattia.

SCOPO DELLO STUDIO. Alla luce di tali recenti scoperte, lo scopo del presente studio è stato quello di effettuare una indagine dettagliata delle alterazioni istopatologiche che intervengono a livello del midollo spinale di topi G93A utilizzati come modello animale di SLA.
Un ulteriore obiettivo è stato quello di indagare il ruolo dell’autofagia nella patogenesi della SLA e, a tale scopo, abbiamo confrontato i dati morfologici relativi ai topi G93A con quelli ottenuti in topi dello stesso gruppo trattati cronicamente con un attivatore dell’autofagia come il litio.

MATERIALI E METODI. Nel presente studio sono stati utilizzati topi transgenici che overesprimono il gene SOD1 umano mutato, caratterizzato dalla trasposizione Gly93→Ala. Questi topi vengono comunemente impiegati come modello animale di SLA in quanto vanno incontro ad una degenerazione selettiva dei motoneuroni, che porta alla progressiva compromissione delle funzioni motorie fino alla completa paralisi ed alla morte, che sopraggiunge inesorabilmente intorno al 3°-4° mese di vita.
I topi sono stati trattati giornalmente con soluzione salina o con carbonato litio (1 mEq/Kg) a partire dal 75esimo giorno di vita e, allo scopo di valutare eventuali fenomeni neuronogenetici, un sottogruppo di topi G93A sono stati trattati con 5-Bromo-2-deossiuridina (BrdU) alla dose di 50 mg/Kg i.p., a giorni alterni per 10 giorni. Per determinare l’insorgenza dei sintomi e monitorare il decorso clinico della patologia, tutti gli animali sono stati sottoposti ad analisi comportamentale effettuata tramite l’utilizzo di adeguati test motori. Al raggiungimento della paralisi, i topi sono stati sacrificati e il midollo spinale è stato destinato all’indagine morfologica, stereologica ed immunoistochimica (immunoperossidasi e immunofluorescenza). In particolare tutte le analisi sono state condotte a livello del corno anteriore del midollo spinale, specificamente all’interno della Lamina IX e della Lamina VII. L’identificazione dei motoneuroni della Lamina IX ha seguito stretti criteri morfologici e dimensionali; tali criteri sono stati impiegati impiegati anche per l’identificazione dei piccoli neuroni Renshaw-like della Lamina VII, che sono stati in aggiunta identificati anche per mezzo di specifici marcatori.

RISULTATI. Dalla valutazione dei dati comportamentali, è emerso che il trattamento cronico con basse dosi di litio è stato in grado ritardare l’insorgenza e la progressione dei sintomi motori prolungando la durata media di vita dei topi G93A.
Nei topi G93A l’analisi del midollo spinale, condotta sia a livello cervicale che a livello lombare, ha permesso di riscontrare un’estesa morte cellulare che coinvolge sia i motoneuroni della Lamina IX che i piccoli neuroni della Lamina VII la cui riduzione risulta essere ancora più marcata. All’analisi morfologica i motoneuroni superstiti sono apparsi dimensionalmente più grandi, con il citoplasma ricco di vacuoli e di aggregati alfa-sinucleina-, ubiquitina- e SOD1-positivi. Tali alterazioni morfologiche sono accompagnate da una estesa gliosi reattiva valutata mediante incremento di immunopositività per la GFAP.
Il trattamento con litio ha determinato un miglioramento nell’istopatologia del midollo spinale dei topi G93A. In particolare, a livello della Lamina IX il litio ha preservanto le normali dimensioni dei motoneuroni, riducendo il processo di vacuolizzazione citoplasmatica, aumentando la clearance degli aggregati proteici ed inducendo un un marcato incremento di vacuoli autofagici.
A livello della Lamina VII, invece, il trattamento con litio ha determinato un netto incremento nel numero dei piccoli neuroni che sono risultati essere superiori addirittura rispetto a quelli contati nei topi di controllo. L’immunopositività di questi neuroni per la Calbindina D28k e per la Gefirina ci ha permesso di identificarli come cellule di Renshaw. In tali neuroni il litio ha prodotto una clearance degli aggregati proteici alfa-sinucleina-positivi riscontrati nei topi G93A trattati con salina.
L’immunofluorescenza condotta per la BrdU ha mostrato un netto incremento di NPC in tutti i topi G93A e anche nei topi WT trattati con litio. Inoltre, la doppia immunofluorescenza per BrdU e Calbindina D28k ha dimostrato che nell’ambito delle cellule neoformate in Lamina VII solo nei topi G93A trattati con litio una sottopopolazione di tali cellule ha intrapreso il differenziamento in senso neuronale (Renshaw-like).
Gli effetti del litio sono stati accompagnati da una marcata riduzione della gliosi reattiva.

CONCLUSIONI. Questi risultati hanno dimostrato che il trattamento con litio è stato in grado di esplicare notevoli effetti neuroprotettivi a livello del midollo spinale dei topi G93A.
In particolare, il trattamento cronico con sali di litio, a dosi in grado di attivare la via autofagica, si è dimostrato efficace nel promuovere la neuroprotezione dei motoneuroni della Lamina IX, nel promuovere la rimozione di aggregeti proteici intraneuronali, nell’indurre neuronogenesi a livello della Lamina VII e nel ridurre la gliosi reattiva.
In ultima analisi, questi dati evidenziano il ruolo chiave rivestito dalla via autofagica nella patogenesi della SLA, suggerendo che l’attivazione di tale via, qui ottenuta per mezzo della somministrazione di litio, può configurarsi come un nuovo target nel trattamento di questa malattia.
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