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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06152017-124846


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TODARO, SVEVA MARIA VIRGINIA
URN
etd-06152017-124846
Titolo
Su Vincenzo Consolo. Il Sorriso e il Risorgimento in Sicilia come tragedia minore
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LINGUA E LETTERATURA ITALIANA
Relatori
relatore Prof. Curti, Luca
correlatore Prof. Brugnolo, Stefano
Parole chiave
  • Vincenzo Consolo. Il Sorriso dell' ignoto marinaio
Data inizio appello
30/06/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Presentazione
Termino il mio “cursus” affrontando l’analisi di un’opera, la maggiore fra le numerose risultanze
dell’intensa attività letteraria di uno scrittore e pubblicista siciliano. Il documento di uno degli
scrittori più interessanti e significativi della storia culturale e letteraria italiana del secondo
Novecento.
Quanta linfa e quanto prestigio vi ha apportato la Sicilia: letteratura di costume, di denuncia
sociale e storica, di effusione di profondo ed intenso lirismo, saggistica di ponderata analisi e di
sofferta meditazione.
Nello specifico di quest’opera, data la complessità degli elementi che la compongono, evidenzio
inizialmente alcuni aspetti che consentono già una prima lettura della storia. L’ho vista in
prospettiva critica allargata all’utilizzo sapiente delle presenze di artisti celebri (Antonello da M.,
Goya), sulla rappresentazione di opere pittoriche famose, rapportate a vicende politiche e storiche
epocali nella vita della Nazione italiana.
Poi, come ha finora valutato appieno la critica, l’importanza e il valore di questa narrazione
risiedono nell’eleganza e novità di una scrittura che, ritengo, abbia stravolto la precedente astratta
verbosità della lingua italiana. L’ha fatto costruendo un universo narrativo le cui radici e strutture
assumono vitalità da una matrice dialettale. Una scelta di stile che mira a narrare, a far vedere la
Sicilia. Intanto nel ripercorrerla è necessario assumere una prospettiva dialettale (alla quale ho
contribuito con un vasto Glossario, in appendice).
Di certo Consolo è stato scrittore di parole, ancorché di cose. L’esperienza letteraria gli ha dato
l’occasione di ripensare e di rielaborare le radici della propria sicilianità e ne ha fatto una nuova
modalità espressiva, radicata nelle stratificazioni culturali della realtà isolana. Il risultato non è stato
una ripetizione tematica, meno che mai un arretramento: anzi, ne ha fatto un avanzamento
linguistico, culturale, superando la stantìa “querelle” sulla sicilianità.
Mi è stato agevole cogliere anche degli aspetti contraddittori. Questa sua lingua oppositiva, che
descrive vicende storiche popolari, si fa ricercata, colta, molto composita; ma per realizzare il suo
progetto narrativo, ritengo che lo scrittore ne abbia fatto una costruzione di “troppa letteratura”. Mi
è parso che non sempre la sua struttura linguistica corrispondesse alla struttura sociale cui fa
riferimento (se si eccettua l’Appendice dialettale).
La lingua contiene la società ed è strano che in tanti passi pare che se ne isoli, quasi
narcisisticamente, descrivendo pur con efficacia, ma non corrispondendo alla struttura sociale in
riferimento. Ne ho ricavato la sensazione che nel lavoro di questo narratore il linguaggio articolato,
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ricamato, sia spesso divenuto un apparato concettuale, prima ancora che espressivo. In qualche
passo anche disomogeneo, per l’inserimento di fatti ed elementi di natura extra-letteraria e ci è
sembrato per niente utili alla funzione dell’opera.
Ma Consolo, oltre che di parole, è stato anche scrittore di cose e genti di Sicilia. Nello spazio
aperto della Storia ha ritagliato quello di una vicenda di uno qualsiasi degli sperduti borghi siciliani;
una qualsiasi delle sue numerose dolenti storie. Uno di quegli episodi di “minima historica”, di fatti
cruenti e umili, il cui sviluppo ha prodotto il suo momento letterario. Tale che una vicenda paesana
e contadina in Sicilia in lui è diventata il polo di una inedita visione come “Teatro del mondo”.
Diventa moralismo implicito nella condanna di un’intera fase della nostra storia. Nel descrivere e
nell’interpretare i fatti, questo scrittore è rimasto ancorato a una visione e ci è parso anche forzata
nel portare questo atteggiamento, più che al culturale o all’analisi storica, all’ideologia.
Tuttavia, al di là della varietà di posizioni culturali e letterarie compresenti nell’opera consoliana,
mi è rimasto impresso anche il tono incalzante. Unito al linguaggio articolato, il narratore controlla
il ritmo in crescendo del racconto, fino alle sequenze conclusive tragiche, dove la narrazione tocca
il punto di tensione massima: la serie di gesti che si traducono nell’atto violento istintivo dettato
dalla spinta verso la libertà e la morte di umili, di oppressi.
Queste note in premessa vogliono soltanto anticipare questo mio lavoro, risultato di una serie
laboriosa e composita di ricerche. Assieme allo sviluppo di temi e simboli che ho esteso e presento
come una nuova ipotesi di lettura di un testo letterario di tutta evidenza importante.
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