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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06142016-105824


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
BONANNI, MARTA
URN
etd-06142016-105824
Titolo
Prevalenza della fibrillazione atriale nella popolazione geriatrica ricoverata per patologia acuta: fattori di rischio ed outcome clinico. Studio prospettico longitudinale.
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
GERIATRIA
Relatori
relatore Prof. Monzani, Fabio
Parole chiave
  • fattori di rischio
  • fibrillazione atriale
  • geriatria
  • outcome clinico
  • pazienti geriatrici
  • sopravvivenza
Data inizio appello
06/07/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
La fibrillazione atriale (FA) rappresenta l’aritmia sopraventricolare più frequente sopra i 65 anni. La sua prevalenza aumenta con l’età, raggiungendo il 17% nei soggetti di età compresa tra i 60 e i 70 anni8,12,13 e, negli ultimi 20 anni, si è assistito ad un suo progressivo incremento, soprattutto nell’anziano.4,174
Possibili spiegazioni di tale fenomeno risiedono nel miglioramento delle terapie delle patologie croniche cardiache e non, nell’invecchiamento della popolazione e nella migliorata attenzione nel sospettare e diagnosticare la FA.10
La FA si associa ad un aumentato rischio di eventi tromboembolici e di mortalità, sia per tutte le cause che per cause di tipo cardiovascolare.62,174 La complicanza più temibile, in termini di comorbidità e mortalità, è lo stroke, il cui rischio è di 5 volte più alto nei pazienti con FA. Un altro aspetto, che sta creando un crescente interesse in ambito geriatrico, è l’associazione tra la FA e la demenza, indipendentemente dal verificarsi di uno stroke clinicamente manifesto. Per spiegare tale associazione sono stati proposti diversi meccanismi tra cui: l’aumentato rischio di infarti cerebrali silenti come conseguenza di microembolizzazioni;79 la riduzione della gittata cardiaca con conseguente ipoperfusione cerebrale;80 la presenza di infarti cerebrali silenti su un substrato neurodegenerativo che indurrebbe una maggiore produzione delle proteine da cui origina la sostanza amiloide, dando origine a forme di decadimento cognitivo miste (degenerativo-vascolare);74 infine, si ipotizza una associazione anche tra mediatori della flogosi e aumentato rischio di demenza. Infatti, nei pazienti con FA è stata osservata un’elevata concentrazione di citochine pro e antinfiammatorie, riscontrate anche in corso di demenza.82
La terapia anticoagulante orale (TAO) ha significativamente ridotto il rischio di tromboembolismo e mortalità associati a FA;62 il rischio di eventi maggiori si riduce in presenza di una terapia anticoagulante protratta nel tempo e con un buon controllo del livello di anticoagulazione. Nonostante tali evidenze, nel modo reale l’aderenza alle linee guida, per quanto riguarda la TAO nella FA, è ancora lontana dall’essere ottimale, soprattutto nel paziente anziano che di fatto è “sottotrattato”. Tra i motivi che portano i medici ad essere riluttanti nella prescrizione della TAO nell’anziano c’è la percezione della futilità della terapia in quanto il paziente è “vulnerabile”, e poi l’idea di una scarsa compliance al trattamento.167 Tuttavia, eseguire tali “misurazioni” non è un compito semplice e l’impressione clinica può essere fallace se non supportata da un tipo di valutazione specifica per l’anziano, come la valutazione multifunzionale geriatrica (VMG).166 Tale tipo di valutazione è stata creata proprio con l’obiettivo di ridurre il rischio di sminuire le necessità del paziente geriatrico, spesso complesse e faticose da soddisfare,168 e di fornire un’idea più precisa del reale stato funzionale di questa tipologia di paziente. Pertanto, anche nell’ambito della prescrizione della TAO, questa può rappresentare un valido strumento per caratterizzare ogni singolo paziente, indirizzando le scelte del clinico sulla base di riscontri oggettivi piuttosto che di percezioni soggettive.
Infine, le nuove molecole anticoagulanti di recente introduzione, che includono gli inibitori diretti della trombina (Dabigatran) e gli inibitori diretti del fattore X attivato (Rivaroxaban, Apixaban, Edoxaban e Betrixaban), stanno rappresentando una valida alternativa al warfarin, in quanto presentano un effetto anticoagulante più stabile, che risente di molte meno interazioni con altri farmaci e che non richiede un monitoraggio sistematico del livello di anticoagulazione. Pertanto, una volta superato il preconcetto legato all’età, i nuovi anticoagulanti orali (NAO) possono rappresentare una importante agevolazione nel trattamento del paziente geriatrico con FA.
Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare la prevalenza della FA in una popolazione di pazienti geriatrici ricoverati per patologia medica acuta; confrontare le caratteristiche della popolazione con FA con quelle della popolazione in ritmo sinusale; valutare l’outcome clinico in termini di degenza e di sopravvivenza a breve e medio-termine.
Sono stati arruolati tutti i pazienti con età ≥ a 65 anni ricoverati presso l’U.O. della Geriatria Universitaria dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) da settembre 2012 a dicembre 2015. Per ciascun paziente sono state raccolte informazioni demografiche (età e sesso) e clinico-anamnestiche, ponendo particolare attenzione alla terapia domiciliare in termini di terapia anticoagulante orale, eparina a basso peso molecolare e/o terapia antiaggregante. E’ stata eseguita una VMG che ha preso in considerazione: la dipendenza attraverso l’indice delle attività quotidiane di Katz (ADL)169e quello delle attività strumentali della vita quotidiana di Lawton (IADL),170 l’assetto nutrizionale attraverso il Mini Nutritional Assessment (MNA),171 lo stato cognitivo attraverso lo Short Portable Mentale Status Questionnaire (SPMSQ)172 e le comorbidità attraverso la Cumulative Illness Rating Scale (CIRS).173Sono stati raccolti parametri bioumorali, ponendo particolare attenzione: al filtrato glomerulare calcolato secondo la formula MDRD CKD-EPI e agli indici di flogosi (PCR, VES, fibrinogeno). I pazienti con fibrillazione atriale sono stati divisi in due gruppi: i pazienti con fibrillazione atriale anamnestica e i pazienti con FA di nuova insorgenza, in cui la FA è stata riscontrata per la prima volta all’ammissione in ospedale e/o durante la degenza. In tale popolazione è stata, inoltre, eseguita la stratificazione del rischio tromboembolico ed emorragico rispettivamente attraverso il CHA2DS2VASC score e l’HAS BLED. Infine è stata ricercata la mortalità attraverso l’utilizzo del programma Gestione Sanitaria Territoriale (GST) nel corso di un follow up la cui durata ha presentato una mediana di 12 mesi (range 1-40 mesi).
Nella nostra popolazione di 2535 pazienti (F 54.8%, M 45.2%), che ha presentato un’età media di 83±7.8 anni, la prevalenza della fibrillazione atriale in tale popolazione è risultata essere del 32%. Analogamente alla letteratura la FA permanente è risultata più rappresentata (66% dei casi) rispetto alle forme parossistica/persistente (34% dei casi). Nell’84% dei casi la FA era anamnestica e di nuova insorgenza nel 16%; infine nel 7.6% dei casi la FA ha rappresentato il motivo del ricovero. I pazienti con FA, rispetto alla restante popolazione in ritmo sinusale (RS), si sono dimostrati più anziani (media età 85,5± 6.6 anni vs 82.8±8.2 anni, p < 0.05) e con un “carico” maggiore di comorbidità (media CIRS comorbidità 5.9±1.7vs 4.9±1.8; media CIRS severità 2.3±0.5 vs 2.1±0.5; p <0.05 per entrambi). I due gruppi di pazienti sono invece risultati sovrapponibili in termini di status funzionale, delineando una popolazione con una compromissione di grado moderato-severa. Ad esempio, la mediana dei domini conservati nelle ADL è risultata di 2 (range 0-6) in entrambe le popolazioni mentre quella delle IADL di 1 nei pazienti con FA e di 2 (range 0-8) in quelli in RS. In entrambe le popolazioni la mediana del SPSMQ è stata di 4 (range 0-10), ed in tutta la popolazione il 46% è risultato positivo allo screening nutrizionale MNA. Nella stratificazione della popolazione con FA secondo il CHA2DS2VASC il rischio trombo-embolico è risultato piuttosto elevato (48.7% presentava score tra 4 e 5), mentre il rischio emorragico valutato secondo l’HAS-BLED ha presentato un andamento opposto (67% score tra 1 e 2). Nonostante ciò, al momento dell’ingresso in ospedale solo il 48.7% dei pazienti con FA aveva intrapreso a domicilio una terapia anticoagulante (warfarin, NAO e/o EBPM a dosaggio anticoagulante). La durata della degenza (media 5.8±2.6 giorni) non ha mostrato una differenza significativa nelle popolazioni in RS e con FA anamnestica, risultando invece maggiore nel sottogruppo con FA di nuova insorgenza.
Il numero totale di pazienti inclusi nel follow up è stato di 1306. La mortalità intraospedaliera nella popolazione generale è stata del 7.9%. A distanza di 12 mesi (mediana del follow up) questa ha interessato il 50% dei pazienti. Con l’analisi di sopravvivenza condotta secondo la regressione di Cox, fattori predittivi della mortalità sono risultati: l’età ≥ 80 anni, la clearance della creatinina (calcolata secondo formula MDRD) ≤ 50 ml/min, valori di PCR ≥10 mg/ml, un grado di decadimento cognitivo quantomeno di lieve entità (SPSMQ ≥ 3) ed un punteggio del CIRS comorbidity ≥3. Al contrario, non hanno mostrato un’associazione significativa il sesso (maschile o femminile) e valori alterati di VES (cutoff ≥50 mm/h). Nella VMG è stata riscontrata, inoltre, una correlazione diretta tra grado di compromissione nelle ADL e IADL e ridotta sopravvivenza. L’andamento della mortalità nelle due coorti (FA e RS) è risultato sovrapponibile, la FA non ha quindi rappresentato un fattore discriminante. Questo dato si può spiegare con il fatto che le due coorti risultavano già di per sé gravate non solo dall’età ma soprattutto dalle comorbidità. Su questo substrato è poi intervenuto l’evento medico acuto che ha rappresentato l’elemento precipitante la mortalità a breve-medio termine nella metà dei casi. Nella coorte con FA, il sottogruppo con FA di nuova insorgenza ha mostrato una mortalità tendenzialmente più bassa rispetto alla FA anamnestica, sebbene tale differenza non abbia raggiunto la significatività statistica. Per valutare quali fossero i fattori più importanti associati alla mortalità nei due sottogruppi è stata eseguita un’analisi multivariata dove l’unico fattore che ha raggiunto la significatività sono state le ADL, i cui domini risultavano maggiormente conservati nella popolazione con FA di nuova insorgenza. Un’ipotesi è che la maggiore disabilità nel sottogruppo con FA anamnestica sia la conseguenza della mancanza di un adeguato trattamento anticoagulante in oltre il 50% dei casi.
In conclusione la prevalenza della FA nella nostra popolazione è risultata circa il doppio rispetto ai dati riportati in letteratura, riferiti alla popolazione generale di pari età. Dati simili ai nostri sono stati riscontrati in un solo studio recentemente pubblicato da Mazzone et al 166 che ha preso in considerazione pazienti geriatrici ospedalizzati per patologia medica acuta in modo analogo al nostro, indicando come tale setting fino ad ora sia stato poco esplorato.I pazienti con FA si sono caratterizzati per una maggiore età ed un maggior carico in termini di comorbidità, nel contesto di uno status funzionale significativamente compromesso. Nonostante la metà della popolazione con FA presentasse un rischio trombotico elevato e un rischio emorragico in confronto basso, i pazienti trattati con terapia anticoagulante hanno sfiorato il 50%, a conferma del sottotrattamento soprattutto del paziente anziano. La popolazione presa in studio, in generale, ha presentato un’elevata mortalità a breve-medio termine, con una sopravvivenza del 50% a 12 mesi dalla dimissione, sottolineando come l’evento acuto responsabile dell’ospedalizzazione incida in maniera drammatica a tale riguardo. La FA non ha rappresentato una discriminante in termini di mortalità. Infine,il sottogruppo con FA di nuova insorgenza ha presentato una mortalità minore rispetto al sottogruppo con FA anamnestica, riscontrando tra i due sottogruppi una significativa differenza in termini di disabilità nelle ADL, prevalente in quello della FA anamnestica e che probabilmente è il riflesso di un inadeguato trattamento anticoagulante.
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