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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06142014-234135


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BERTANZA, GIOVANNI
URN
etd-06142014-234135
Titolo
Saper essere assistente sociale: nuovi bisogni formativi
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI
Relatori
relatore Prof. Mazza, Roberto
controrelatore Prof. Villa, Matteo
Parole chiave
  • role playing
  • esperienza
  • sociodramma
  • assistenza sociale professionale
  • competenze metacognitive e socio-comunicative
  • apprendimento attivo
  • tirocinio
  • multifocalità del ruolo
  • assistente sociale
  • università
  • simulazione
  • Formazione
  • servizi sociali
  • laboratorio sociale
  • sinergie formative
Data inizio appello
01/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Abstract della tesi: “ Saper essere assistenti sociali: nuovi bisogni formativi”, di Giovanni Bertanza

E’ possibile insegnare l’operatività professionale dell’Assistente sociale? In quale modo?
La domanda alla base di questo lavoro ci spinge necessariamente oltre lo “storico” dibattito, ancora aperto, intorno al riconoscimento dell’autonomia epistemologica del Servizio Sociale, che, tuttavia, terremo presente come ancoraggio concettuale
L’ipotesi postula la necessità che il sapere oggettivamente sedimentato nell’operatività dell’assistente sociale diventi esso stesso oggetto e fonte di ricerca, e dia stimolo, al contempo, a nuove riflessioni teoriche ed a sperimentazioni operative, innescando un circolo virtuoso che apra finalmente un percorso di circolarità tra teoria e prassi e di sistematizzazione delle conoscenze; e con esso, il rinnovamento della formazione, spingendola oltre le sue radici multidisciplinari.
Riceviamo in merito molteplici input: dagli stessi Assistenti Sociali, che, sedimentando autonomamente sapere operativo, resistono di fronte agli storici paradossi organizzativi dei servizi e delle politiche sociali, troppo spesso in contrasto con l’attenzione verso la qualità professionale: criticità “antiche” cui si aggiungono le carenze formative davanti ai nuovi scenari sociali -a iniziare dalla multiculturalità- ed alla mutata composizione della domanda; dall’osservazione degli studenti universitari impegnati nel tirocinio presso i servizi; dalla difformità dei nostri attuali modelli formativi dalla realtà Europea; da normative e regolamenti emergenti a livello nazionale; infine, localmente, dai nuovi progetti integrati -in materia- dell’Ordine degli Assistenti Sociali e delle Università Toscane.
Tutto questo ci racconta la necessità di superare lo scollamento tra insegnamento accademico e sapere professionale, e ci induce a pensare ad ulteriori percorsi formativi che abbiano la capacità di coniugare, con efficacia, l’identità teoretica con la competenza professionale, spingendosi oltre gli strumenti già consolidati. Percorsi nuovi che rivisitino i bisogni formativi derivanti dalla peculiarità del lavoro sociale e dalla multidimensionalità del ruolo: a iniziare dal rapporto con la sofferenza sociale che, per la sua specifica connotazione, non può essere ricondotta all’oggettività della “patologia”, esponendo -da sempre- l’Assistente sociale all’assalto di risonanze emotive, giudizi etici, disagio personale e professionale; fino ad arrivare alle nuove contraddizioni –talvolta laceranti- che tale rapporto assume di fronte agli attuali processi della globalizzazione e della multiculturalità ed alla pressione dei bisogni emergenti.
E’ forse arrivato il momento di rivedere, ai fini della formazione dell’assistente sociale, il consolidato concetto di approccio “trifocale”, aggiungendo ai tre poli “storici” (cittadino, società, servizi) ulteriori fuochi d’attenzione: sia verso i nuovi dati di contesto (riconoscendo, come variabile indipendente, la cultura d’origine del cittadino e l’impatto, anche emotivo, delle diversità culturali sulla relazione d’aiuto); sia verso dimensioni già note ma probabilmente troppo trascurate (relative allo spazio intrapsichico dell’operatore stesso).
Tutto questo ci impone di approfondire la riflessione sulla formazione.
L’obiettivo è liberare la ricerca di soluzioni adeguate, dalla palude del “praticantato” dell’assistente sociale al lavoro, così come, -parallelamente- dall’autoreferenzialità dell’astrazione teorica nelle sedi formative.
Si pone la necessità, acuita dalla crescente complessità del ruolo, di cercare gli strumenti per articolare con precisione la definizione di competenze, conoscenze, abilità, comportamenti ed aree di apprendimenti.
Si è reso utile, a questo scopo, attraversare una ricognizione sistematica dei livelli essenziali di competenza per vivere l’esperienza professionale, scendendo in dettaglio sulla scelta degli argomenti su cui siano non soltanto possibili, ma anche preferibili, modalità nuove ed esperienziali di apprendimento attivo: Ad ognuno di questi ho abbinato una proposta di esercitazione laboratoriale.
Nell’ambito di questo lavoro, pertanto, viene dato uno spazio di approfondimento ai recenti sviluppi della didattica, in particolare della formazione laboratoriale ed alle opportunità di esercitazione pratica: una speciale attenzione, in coerenza con le caratteristiche del ruolo, è data alle metodologie basate sull’espressione di sé e sull’esperienza, come il socio-dramma, la simulazione (della quale vengono trattate anche le fondamenta neuro-scientifiche), ed altre tecniche.
Concluderemo, sulla base di tutte queste premesse, con alcune ipotesi operative, mirate a individuare percorsi di studio (per la formazione degli studenti, ma anche per l’aggiornamento degli operatori), che poggino su modalità maggiormente strutturate di integrazione tra Università e Servizi, (con particolare riferimento al territorio della Toscana). Percorsi che, coerentemente con la necessità di stringere sinergie tra studio ed esperienza, offrano agibilità all'utilizzo di metodologie e strumenti didattici alternativi, di tipo “laboratoriale”:
“spazi/tempi formativi intermedi” che concorrano -accanto alla formazione accademica ed alle esperienze di tirocinio- ad offrire opportunità di circolarità tra ricerca e prassi, ed a garantire all’assistente sociale l’identità professionale e, contemporaneamente, ulteriori strumenti di empowerment e di resilienza a fronte delle vecchie e delle nuove difficoltà.

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