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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06132016-110329


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
DINI, FRANCESCA
URN
etd-06132016-110329
Titolo
Approccio diagnostico-terapeutico e outcomes nel pretermine di alto grado con pervietà del dotto arterioso di Botallo. Studio comparativo tra le terapie intensive neonatali di Pisa e Cambridge.
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
PEDIATRIA
Relatori
relatore Prof. Boldrini, Antonio
Parole chiave
  • pervietà del dotto arterioso di Botallo
  • management
  • pretermine
  • terapia intensiva neonata
  • Cambridge
  • Pisa
Data inizio appello
30/06/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Premessa. La pervietà del dotto arterioso di Botallo (PDA) è una patologia frequente nei neonati prematuri, soprattutto di alto grado. La sua presenza condiziona l’equilibrio emodinamico e predispone allo sviluppo di complicanze a breve e a lungo termine. Nonostante la conoscenza di questa condizione sia diffusa e documentata da una letteratura molto ricca così da far ipotizzare un trattamento condiviso, esistono invece molteplici modi di gestire i neonati prematuri con PDA, anche all’interno dello stesso paese.
Alcuni centri hanno un approccio più conservativo, limitando il ricorso alla terapia farmacologica che viene riservata principalmente a quei neonati maggiormente compromessi, che presentano scarso accrescimento ponderale e che non tollerano la progressiva riduzione della assistenza respiratoria1. Tale atteggiamento trova giustificazione nel fatto che una certa percentuale di dotti si chiude spontaneamente; di contro la terapia farmacologica può esporre il neonato agli effetti collaterali indesiderati del trattamento stesso.
Altri centri invece, valutando i rischi a cui è esposto il neonato con instabilità emodinamica legata alla presenza di dotto di Botallo ampio, hanno un atteggiamento più interventista sostenendo l’importanza di una chiusura precoce del dotto, attraverso il trattamento farmacologico .
Gli eventuali effetti collaterali della terapia sarebbero infatti considerati meno rilevanti rispetto alle possibili complicanze del PDA, quali emorragia cerebrale, emorragia polmonare, insufficienza renale, enterocolite necrotizzante.
Avendo avuto nel 2015 la possibilità di frequentare per 4 mesi la TIN del Rosie Hospital di Cambridge, riporto in questa tesi il confronto tra la gestione dei neonati con PDA emodinamicamente significativo (PDAes) osservata presso la U.O. Neonatologia di Pisa e l’esperienza maturata in Inghilterra.
Obiettivi. Nel paragonare i due diversi approcci diagnostico-terapeutici, quello della TIN del Rosie Hospital (R) e quello della TIN dell’Ospedale Santa Chiara (SC), è stato valutato, come obiettivo primario, la mortalità e morbilità neonatale (durata della ventilazione meccanica e dell’assistenza respiratoria, tempo necessario per l’acquisizione della funzionalità digestiva, incidenza di BPD, incidenza di ROP (I-IV), incidenza di IVH (I-IV), incidenza di NEC e di EUGR). Obiettivo secondario è stato quello di esaminare l’efficacia e la sicurezza del paracetamolo rispetto all’ibuprofene, come farmaci in uso per indurre la chiusura.
Metodo. È stata condotta un’analisi retrospettiva delle cartelle cliniche di tutti i neonati prematuri che avevano ricevuto diagnosi ecocardiografica di PDAes e di età gestazionale compresa tra 23+0 e 29+6 settimane, ammessi al R dal 1 gennaio al 31 dicembre 2015 e al SC dal primo gennaio 2013 al 31 marzo 2016. Sono stati arruolati 36 pazienti per il R e 31 per il SC; di questi sono state raccolte informazioni generali (peso alla nascita, età gestazionale, sesso) e informazioni riguardanti la gravidanza (presenza di IUGR, pPROM, somministrazione di steroidi, flussimetria doppler patologica). Sono state inoltre valutate le tempistiche di esecuzione della prima ecografia e dell’eventuale terapia farmacologica (con ibuprofene o paracetamolo). Infine è stato analizzato l’esito del trattamento farmacologico e l’outcome a breve termine dei neonati.
Risultati. L’analisi dei dati ha rilevato un atteggiamento più interventistico nella TIN del SC ed uno più conservativo al R. La prima ecocardiografia è stata fatta più precocemente al SC che al R (1,5 vs 10,25 giorni di vita), così come la somministrazione della terapia (5,21 vs 10,77 giorni di vita). Al SC i pazienti trattati farmacologicamente sono stati significativamente più numerosi (77,4% vs 36,1%). Il 22,2% dei neonati dimessi dal R aveva ancora dotto pervio, mentre tutti i pazienti del SC avevano dotto chiuso. Nessuna differenza è stata riscontrata nell’incidenza di BPD, ROP e insufficienza renale tra le due popolazioni, mentre al SC si sono registrate una incidenza minore di IVH (16,3% vs 30,55%), NEC (9,6% vs 25%) e una minor durata dell’assistenza respiratoria, soprattutto, quella non invasiva (risultata statisticamente significativa - 54,94 giorni±35,63 vs 22,61±15,61). La mortalità è stata più bassa al R (5,55% vs 22;58%).
Conclusioni. Da questo studio emerge che al SC l’indagine ecocardiografica così come l’inizio di eventuale trattamento è più precoce, inoltre maggiore è il numero dei pazienti trattati. Dai nostri dati il trattamento precoce del dotto non sembra modificare l’outcome dei pretermine analizzati, in termini di incidenza di BPD, ROP, insufficienza renale, giorni di ventilazione meccanica e tempo necessario al raggiungimento della maturità della funzione digestiva. Di contro, l’incidenza del IVH nel nostro centro si è dimostrata più bassa rispetto a quella al R, le forme più gravi (III-IV), non si sono manifestate nel gruppo del SC (risultato però statisticamente non significativo). Il tasso di mortalità nella popolazione analizzata, escludendo i possibili bias, è risultato sovrapponibile tra le due popolazioni.
Il paracetamolo ha dato risultati promettenti in entrambi i campioni: il trattamento prolungato (5-7 giorni) si è associato ad un maggiore numero di chiusure in assenza di effetti collaterali.
Complessivamente, i risultati ottenuti sembrano dimostrare che, ad oggi, non esista un approccio diagnostico-terapeutico esclusivo, ma c’è comunque un accordo generale sull’inefficacia del cosiddetto trattamento “preventivo”, che prende come cut-off l’età gestazionale e utilizza la terapia farmacologica indipendentemente dalla “significatività” del dotto stesso.
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