Tesi etd-06122023-211005 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
POZZOBON, SIMONA
URN
etd-06122023-211005
Titolo
Fast Fashion e Sostenibilità: l'Etica nelle scelte di consumo di abbigliamento
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
MARKETING E RICERCHE DI MERCATO
Relatori
relatore Prof. Masserini, Lucio
Parole chiave
- ambiente
- ethics
- etica
- fashion
- fast fashion
- moda
- sfruttamento
- sostenibilità
Data inizio appello
29/06/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
29/06/2093
Riassunto
Quello della moda, è un mercato non del tutto esente dalle dinamiche tipiche di tutti i mercati concorrenziali. Ad esclusione del settore Luxury, i modelli di business nella moda moderna si basano su strategie di velocità e prezzo che coinvolgono le aziende e che le guidano nella fisiologica gara alla competitività. Tra questi modelli, quello del Fast Fashion, ampiamente analizzato nel corso di questo elaborato.
La “moda veloce” si sviluppa in un continuo rincorrersi di collezioni riversate sugli scaffali a prezzi iper-competitivi, costituendo un meccanismo di obsolescenza e ricambio ininterrotti, che portano ad un consumo sfrenato ed immotivato.
Questo meccanismo diviene ben presto insostenibile. A dimostrarlo, la quantità incalcolabile di emissioni ed inquinamento di cui il solo settore moda è responsabile, che costituiscono circa tra l’8% ed il 10% delle emissioni globali di 〖CO〗_2 ogni anno, come mostrato da un rapporto delle Nazioni Unite del 2019.
Ma di pari passo, al crescere delle criticità, crescono anche le opportunità di cambiamento colte da numerose aziende e portate avanti con dedizione da un numero sempre crescente di consumatori. Tali opportunità, come ad esempio lo sviluppo della “moda circolare” e “moda green” e dei fenomeni di Second hand e Vintage, costituiscono il percorso da seguire per lo sviluppo del settore moda nel futuro.
Nel presente elaborato è stato inizialmente descritto il modello di business del Fast Fashion e le problematiche che comporta. I concetti presi ad esame sono stati analizzati alla luce delle teorie sviluppate dalla letteratura in merito al tema dell’etica, così da costruire un panorama interconnesso in cui la sostenibilità applicata al mondo della moda potesse essere studiata approfonditamente.
Lo scopo principale della tesi è stato quello di comprendere quali fossero le percezioni dei consumatori di abbigliamento Fast Fashion in merito alle tematiche sopra citate e come queste percezioni si traducessero poi in comportamenti ed atteggiamenti.
A questo scopo sono state illustrate due teorie principali, tratte dalla letteratura sociale e psicologica: quella dell’Intention-Behavior Gap, e quella dell’Impulse Buying.
Lo studio di tali teorie, assieme allo studio delle precedenti ricerche sul tema, ha permesso la stesura di un questionario che è stato poi diffuso ad un campione di rispondenti.
I dati ottenuti mediante la somministrazione di tale questionario sono poi stati analizzati prima in maniera descrittiva e poi attraverso lo studio delle associazioni e l’applicazione di un modello di Regressione Logistica attraverso il software statistico Stata17.
Da questa analisi sono emerse le seguenti evidenze.
Come preventivamente supposto, è stato appurato che le intenzioni di consumo degli individui si discostano significativamente da quelli che sono poi i veri e propri comportamenti d’acquisto. Ciò che emerge, è che la proattività ad un consumo più etico è scarsamente diffusa tra i consumatori. Basti pensare che il circa 55% dei rispondenti afferma di acquistare solitamente d’impulso quando si tratta di capi di abbigliamento, che il 40% ritiene che le persone oggi siano troppo occupate e che il circa 43% dei rispondenti sente di non poter far niente.
Questo ci porta ad una delle conclusioni principali di questo elaborato, che risiede nel fatto che al momento è presente ancora troppa poca informazione in merito al tema della sostenibilità nel mondo dell’abbigliamento, e che pochissimi soggetti sanno quali sono le azioni che possono mettere in pratica per dare concretamente il loro contributo allo sviluppo di un mercato più etico.
Questa evidenza si collega strettamente anche con un'altra questione che risulta chiara dallo svolgimento di questa ricerca; la mancata diffusione di campagne progresso che informino ed istruiscano i consumatori sui comportamenti che possono mettere in atto per fare la differenza. Solo circa la metà dei rispondenti ha visto nel corso degli anni passati campagne progresso volte a sensibilizzare i consumatori ad un comportamento d’acquisto più consapevole.
La mancata diffusione, da parte delle istituzioni, delle conoscenze necessarie ai consumatori per poter mettere in pratica comportamenti etici è dimostrata anche dal fatto che la preoccupazione e la consapevolezza delle problematiche proprie del modello di business del Fast Fashion sono scarsamente presenti tra i consumatori. È possibile affermarlo in quanto dai dati ottenuti dalla ricerca mostrano che solamente l’11% dei rispondenti si preoccupano in fase d’acquisto della sostenibilità di un capo, e appena il 9% si preoccupano, acquistando un capo, delle condizioni dei lavoratori che lo hanno prodotto. Inoltre, solamente il 41% dei consumatori dichiara di essere preoccupato che la moda produca con processi e materiali non sostenibili, a dimostrazione del fatto che non c’è consapevolezza, all’interno della popolazione, dell’impatto generato dai processi produttivi che portano alla realizzazione di un capo.
Infine, si conferma di estrema rilevanza la questione del prezzo. La strategia di prezzo messa in atto dalle aziende Fast Fashion si rivela quindi, ancora una volta, efficace. Quasi la totalità dei rispondenti al questionario (97%) ha infatti affermato che è un fattore importante durante l’acquisto di abbigliamento.
La presente analisi porta a concludere che è ancora molta la strada da fare per raggiungere un livello accettabile di sostenibilità nelle scelte di consumo quotidiane dei consumatori di abbigliamento. Molte imprese hanno già pianificato strategie a lungo termine per ridurre al minimo il loro impatto ambientale e per eliminare qualsiasi forma di sfruttamento dei lavoratori, ma il contributo più rilevante spetta ai consumatori, che devono essere sensibilizzati in maniera più efficace sulle conseguenze dei loro comportamenti. A questo scopo è utile, ma soprattutto necessario, che le istituzioni impieghino le loro risorse nello sviluppo di campagne e strategie volte a educare il cittadino al consumo etico, per fornirgli gli strumenti fondamentali per permettergli di trasformare le intenzioni in azioni concrete.
La “moda veloce” si sviluppa in un continuo rincorrersi di collezioni riversate sugli scaffali a prezzi iper-competitivi, costituendo un meccanismo di obsolescenza e ricambio ininterrotti, che portano ad un consumo sfrenato ed immotivato.
Questo meccanismo diviene ben presto insostenibile. A dimostrarlo, la quantità incalcolabile di emissioni ed inquinamento di cui il solo settore moda è responsabile, che costituiscono circa tra l’8% ed il 10% delle emissioni globali di 〖CO〗_2 ogni anno, come mostrato da un rapporto delle Nazioni Unite del 2019.
Ma di pari passo, al crescere delle criticità, crescono anche le opportunità di cambiamento colte da numerose aziende e portate avanti con dedizione da un numero sempre crescente di consumatori. Tali opportunità, come ad esempio lo sviluppo della “moda circolare” e “moda green” e dei fenomeni di Second hand e Vintage, costituiscono il percorso da seguire per lo sviluppo del settore moda nel futuro.
Nel presente elaborato è stato inizialmente descritto il modello di business del Fast Fashion e le problematiche che comporta. I concetti presi ad esame sono stati analizzati alla luce delle teorie sviluppate dalla letteratura in merito al tema dell’etica, così da costruire un panorama interconnesso in cui la sostenibilità applicata al mondo della moda potesse essere studiata approfonditamente.
Lo scopo principale della tesi è stato quello di comprendere quali fossero le percezioni dei consumatori di abbigliamento Fast Fashion in merito alle tematiche sopra citate e come queste percezioni si traducessero poi in comportamenti ed atteggiamenti.
A questo scopo sono state illustrate due teorie principali, tratte dalla letteratura sociale e psicologica: quella dell’Intention-Behavior Gap, e quella dell’Impulse Buying.
Lo studio di tali teorie, assieme allo studio delle precedenti ricerche sul tema, ha permesso la stesura di un questionario che è stato poi diffuso ad un campione di rispondenti.
I dati ottenuti mediante la somministrazione di tale questionario sono poi stati analizzati prima in maniera descrittiva e poi attraverso lo studio delle associazioni e l’applicazione di un modello di Regressione Logistica attraverso il software statistico Stata17.
Da questa analisi sono emerse le seguenti evidenze.
Come preventivamente supposto, è stato appurato che le intenzioni di consumo degli individui si discostano significativamente da quelli che sono poi i veri e propri comportamenti d’acquisto. Ciò che emerge, è che la proattività ad un consumo più etico è scarsamente diffusa tra i consumatori. Basti pensare che il circa 55% dei rispondenti afferma di acquistare solitamente d’impulso quando si tratta di capi di abbigliamento, che il 40% ritiene che le persone oggi siano troppo occupate e che il circa 43% dei rispondenti sente di non poter far niente.
Questo ci porta ad una delle conclusioni principali di questo elaborato, che risiede nel fatto che al momento è presente ancora troppa poca informazione in merito al tema della sostenibilità nel mondo dell’abbigliamento, e che pochissimi soggetti sanno quali sono le azioni che possono mettere in pratica per dare concretamente il loro contributo allo sviluppo di un mercato più etico.
Questa evidenza si collega strettamente anche con un'altra questione che risulta chiara dallo svolgimento di questa ricerca; la mancata diffusione di campagne progresso che informino ed istruiscano i consumatori sui comportamenti che possono mettere in atto per fare la differenza. Solo circa la metà dei rispondenti ha visto nel corso degli anni passati campagne progresso volte a sensibilizzare i consumatori ad un comportamento d’acquisto più consapevole.
La mancata diffusione, da parte delle istituzioni, delle conoscenze necessarie ai consumatori per poter mettere in pratica comportamenti etici è dimostrata anche dal fatto che la preoccupazione e la consapevolezza delle problematiche proprie del modello di business del Fast Fashion sono scarsamente presenti tra i consumatori. È possibile affermarlo in quanto dai dati ottenuti dalla ricerca mostrano che solamente l’11% dei rispondenti si preoccupano in fase d’acquisto della sostenibilità di un capo, e appena il 9% si preoccupano, acquistando un capo, delle condizioni dei lavoratori che lo hanno prodotto. Inoltre, solamente il 41% dei consumatori dichiara di essere preoccupato che la moda produca con processi e materiali non sostenibili, a dimostrazione del fatto che non c’è consapevolezza, all’interno della popolazione, dell’impatto generato dai processi produttivi che portano alla realizzazione di un capo.
Infine, si conferma di estrema rilevanza la questione del prezzo. La strategia di prezzo messa in atto dalle aziende Fast Fashion si rivela quindi, ancora una volta, efficace. Quasi la totalità dei rispondenti al questionario (97%) ha infatti affermato che è un fattore importante durante l’acquisto di abbigliamento.
La presente analisi porta a concludere che è ancora molta la strada da fare per raggiungere un livello accettabile di sostenibilità nelle scelte di consumo quotidiane dei consumatori di abbigliamento. Molte imprese hanno già pianificato strategie a lungo termine per ridurre al minimo il loro impatto ambientale e per eliminare qualsiasi forma di sfruttamento dei lavoratori, ma il contributo più rilevante spetta ai consumatori, che devono essere sensibilizzati in maniera più efficace sulle conseguenze dei loro comportamenti. A questo scopo è utile, ma soprattutto necessario, che le istituzioni impieghino le loro risorse nello sviluppo di campagne e strategie volte a educare il cittadino al consumo etico, per fornirgli gli strumenti fondamentali per permettergli di trasformare le intenzioni in azioni concrete.
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