Tesi etd-06112013-171635 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BERTASINI, JENNIFER
URN
etd-06112013-171635
Titolo
Per una rilettura dell'"Oedipus" di Seneca
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
FILOLOGIA E STORIA DELL'ANTICHITA'
Relatori
relatore Prof.ssa Mugellesi, Rossana
Parole chiave
- analisi lessicale
- commento
- Edipo
- Oedipus
- Seneca
Data inizio appello
01/07/2013
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
01/07/2053
Riassunto
Se nulla di sicuro conosciamo in merito alla datazione delle tragedie senecane, innegabile è l'innovazione di tali drammi rispetto ai modelli greci e ampie risultano le tracce da essi lasciate nel corso dei millenni successivi.
La seguente trattazione si propone pertanto di delineare, nella sezione introduttiva, i tratti principali dello stile, delle tematiche, della metrica e dell'ideologia ravvisabili nelle tragedie vergate da Seneca, concentrandosi maggiormente sull'Oedipus.
In questa sede viene dunque indagato, in primo luogo, il rapporto tra l'Edipo senecano e l'Οἰδίπους τύραννος sofocleo, in merito a cui risultano puntualizzate discrepanze e analogie; ulteriori spunti di riflessione fioriscono dal confronto tra le diverse modalità secondo le quali la vicenda edipica appare narrata nell'Oedipus e nelle fonti greche contemporanee o antecedenti a Sofocle. La sezione introduttiva si conclude con una rapida carrellata di testi – lirici, ma soprattutto tragici – inerenti alle sorti dello sventurato re di Tebe: dalla tarda antichità al XXI secolo, scorreremo le opere di numerosi autori al fine di constatare i diffusi e persistenti lasciti della versione senecana del dramma tra i suoi epigoni.
La seconda sezione dell'opera si focalizza maggiormente sull'Edipo senecano, al fine di cogliere, attraverso lo studio del lessico utilizzato, i temi, le caratteristiche, il pensiero e lo stile del Seneca tragico.
La prima sfera semantica indagata è quella legata a famiglia, generazione, fertilità, incesto, stirpe e parricidio, a cui segue l'analisi di termini inerenti al contrasto tra il sapere e il non sapere, all'indagine, alla dissuasione dalla ricerca e alla memoria. Interessante sarà poi rilevare i vocaboli e le espressioni appartenenti agli ambiti del dubbio, dell'inganno e della segretezza, ai concetti di molteplicità e duplicità, alle antitesi tra luce e ombra, vista e cecità.
Ampio spazio viene poi lasciato all'osservazione dei lessici tecnici (giuridico e sacrale, innanzitutto, ma anche militare) a cui Seneca sovente attinge nelle sue tragedie – e nell'Oedipus in particolare –. Terrore e timore, esilio e peregrinazione, peste, contaminazione e medicina, morte, orrore e dolore, odio, ira e follia concorrono infine a dipingere un affresco completo del lessico impiegato da Seneca nel corso della sua versione del mito di Edipo.
La terza fase della trattazione si articola in una serie di tre commenti continui di passi tratti dall'Oedipus, diversi per metro e contenuto (si tratta, rispettivamente, di una sezione corale, un dialogo inerente a un turpe sacrificio, un monologo incentrato sulla grottesca e macabra descrizione di una scena necromantica), eppure accomunati dal tangibile desiderio di Seneca di discostarsi dal modello greco.
L'accurata scelta dei vocaboli, l'insistenza su particolari oscuri e dettagli aberranti, la rappresentazione di un universo totalmente scevro di ogni speranza contribuiscono a convogliare la visione senecana del genere tragico e, in particolare, della leggenda di Edipo. Lo stile rigonfio, barocco e involuto, l'insistita polivalenza dei personaggi, la fitta trama di figure retoriche riflettono inoltre i gusti di un'epoca nella quale il contesto antropologico, giuridico, sociale e religioso alla base del nucleo originario della vicenda edipica si era ormai perduto irrimediabilmente, lasciando spazio a nuovi germogli – maggiormente contorti e tenebrosi, ma parimenti affascinanti – d'interpretazione del mito.
La seguente trattazione si propone pertanto di delineare, nella sezione introduttiva, i tratti principali dello stile, delle tematiche, della metrica e dell'ideologia ravvisabili nelle tragedie vergate da Seneca, concentrandosi maggiormente sull'Oedipus.
In questa sede viene dunque indagato, in primo luogo, il rapporto tra l'Edipo senecano e l'Οἰδίπους τύραννος sofocleo, in merito a cui risultano puntualizzate discrepanze e analogie; ulteriori spunti di riflessione fioriscono dal confronto tra le diverse modalità secondo le quali la vicenda edipica appare narrata nell'Oedipus e nelle fonti greche contemporanee o antecedenti a Sofocle. La sezione introduttiva si conclude con una rapida carrellata di testi – lirici, ma soprattutto tragici – inerenti alle sorti dello sventurato re di Tebe: dalla tarda antichità al XXI secolo, scorreremo le opere di numerosi autori al fine di constatare i diffusi e persistenti lasciti della versione senecana del dramma tra i suoi epigoni.
La seconda sezione dell'opera si focalizza maggiormente sull'Edipo senecano, al fine di cogliere, attraverso lo studio del lessico utilizzato, i temi, le caratteristiche, il pensiero e lo stile del Seneca tragico.
La prima sfera semantica indagata è quella legata a famiglia, generazione, fertilità, incesto, stirpe e parricidio, a cui segue l'analisi di termini inerenti al contrasto tra il sapere e il non sapere, all'indagine, alla dissuasione dalla ricerca e alla memoria. Interessante sarà poi rilevare i vocaboli e le espressioni appartenenti agli ambiti del dubbio, dell'inganno e della segretezza, ai concetti di molteplicità e duplicità, alle antitesi tra luce e ombra, vista e cecità.
Ampio spazio viene poi lasciato all'osservazione dei lessici tecnici (giuridico e sacrale, innanzitutto, ma anche militare) a cui Seneca sovente attinge nelle sue tragedie – e nell'Oedipus in particolare –. Terrore e timore, esilio e peregrinazione, peste, contaminazione e medicina, morte, orrore e dolore, odio, ira e follia concorrono infine a dipingere un affresco completo del lessico impiegato da Seneca nel corso della sua versione del mito di Edipo.
La terza fase della trattazione si articola in una serie di tre commenti continui di passi tratti dall'Oedipus, diversi per metro e contenuto (si tratta, rispettivamente, di una sezione corale, un dialogo inerente a un turpe sacrificio, un monologo incentrato sulla grottesca e macabra descrizione di una scena necromantica), eppure accomunati dal tangibile desiderio di Seneca di discostarsi dal modello greco.
L'accurata scelta dei vocaboli, l'insistenza su particolari oscuri e dettagli aberranti, la rappresentazione di un universo totalmente scevro di ogni speranza contribuiscono a convogliare la visione senecana del genere tragico e, in particolare, della leggenda di Edipo. Lo stile rigonfio, barocco e involuto, l'insistita polivalenza dei personaggi, la fitta trama di figure retoriche riflettono inoltre i gusti di un'epoca nella quale il contesto antropologico, giuridico, sociale e religioso alla base del nucleo originario della vicenda edipica si era ormai perduto irrimediabilmente, lasciando spazio a nuovi germogli – maggiormente contorti e tenebrosi, ma parimenti affascinanti – d'interpretazione del mito.
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