Tesi etd-06112009-172115 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
MENGONI, MARTINA
URN
etd-06112009-172115
Titolo
memoria, zona grigia e giudizio morale in Primo Levi
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
Relatore Prof. Paoletti, Giovanni
Parole chiave
- giudizio morale
- Memoria
- Primo Levi
- zona grigia
Data inizio appello
01/07/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
01/07/2049
Riassunto
[ESTRATTI DALL'INTRODUZIONE DELLA TESI]
È difficile, e rischioso, fare filosofia su Primo Levi: ci si pone di fronte uno scrupolo non solo esegetico, ma anche morale: non si vuole cucire addosso un sistema teorico a chi, abituato alla chiarezza come approccio etico alla scrittura e alla concretezza della vita di scienziato, probabilmente si ribellerebbe contro una simile operazione.
Eppure, tutta la produzione leviana, da Se questo è un uomo in poi, sia nel suo filone dedicato all’esperienza di Auschwitz, sia in quello dei racconti fantastici, della poesia, dei romanzi, mette in campo una serie di problemi teorici di pertinenza filosofico antropologica. Il problema della memoria, della posizione del testimone; il rapporto tra paradigmi scientifici e umanità individuale; il rapporto tra teoria e materia; fino alla discussione del tema della zona grigia, che ne I sommersi e i salvati non si conforma soltanto come la risposta a una domanda sul potere, ma anche, in modo ancora più essenziale, all’esplorazione del problema del giudizio morale, del punto di vista, e del più vasto dilemma epistemologico del rapporto tra semplificazione e complessità.
La struttura della tesi è di tipo circolare, o, per restare all’interno di suggestioni leviane, palindromo: questo gioco di simmetrie, visibile anche dalla titolatura dei capitoli, non è un artificio formale ma rimanda ad un’architettura teorica di cui sostengo l’esistenza, all’interno del percorso di pensiero dell’autore.
In conclusione, questo percorso palindromo si propone in realtà diversi itinerari concettuali:
- quello della mutazione del concetto di memoria, prima rapportato con un’esperienza terribile e indecifrabile, poi ridiscusso con la consapevolezza dell’inevitabile contaminazione dei ruoli di vittima e carnefice, con l’impossibilità della semplificazione;
- quello cronologico di Levi chimico, deportato, sopravvissuto, testimone, scrittore/linguista;
quello, eminentemente filosofico, dell’io che scopre l’altro attraverso il Lager, percorrendo una serie di passaggi chiave: l’identità conoscitiva e scientifica di partenza; la chiusura monadica del prigioniero nel proprio sé allucinato; la riappropriazione dell’identità e della memoria nel rapporto duale con se stesso e con l’altro-da-sé; l’analisi dei rapporti di forza e potere e la scoperta di non prescindere da essi, anche nel rapporto con se stessi; la relazione, dopo la zona grigia, con lo sguardo dell’altro; e di nuovo il rapporto con se stessi, con la propria memoria, modificato dal ruolo assunto nel sistema di potere e dal concorso di colpa, ma non per questo necessariamente perduto; il tentativo finale di sdoppiamento, per assumere la prospettiva etica dello scrittore consapevole del luogo morale da cui parla;
- quello, infine, del tentativo di capire se è data, durante e dopo l’esperienza Lager, la possibilità di mantenere un giudizio morale. Per Levi l’arte e la poesia sopravvivono ad Auschwitz; è più incerto sulla sorte del soggetto morale, della sua capacità di emettere giudizi attraverso una scelta libera.
Questo lavoro si propone di mediare tra gli itinerari proposti, tenerli sempre attaccati allo stesso filo, oscillare tra essi, facendo parlare i testi ma scrivendo da un punto di vista chiaro e manifesto, che è quello dell’indagine filosofica incentrata sull’interpretazione testuale.
Non me ne vorrebbe, credo, Primo Levi che, nelle sue convinzioni tacciate spesso di moralismo, conservava un’insofferenza per le prescrizioni, le norme rigide, i divieti: tra la repressiva teoria e la materia ribelle ha sempre doverosamente rispettato la prima e allegramente simpatizzato per la seconda.
È difficile, e rischioso, fare filosofia su Primo Levi: ci si pone di fronte uno scrupolo non solo esegetico, ma anche morale: non si vuole cucire addosso un sistema teorico a chi, abituato alla chiarezza come approccio etico alla scrittura e alla concretezza della vita di scienziato, probabilmente si ribellerebbe contro una simile operazione.
Eppure, tutta la produzione leviana, da Se questo è un uomo in poi, sia nel suo filone dedicato all’esperienza di Auschwitz, sia in quello dei racconti fantastici, della poesia, dei romanzi, mette in campo una serie di problemi teorici di pertinenza filosofico antropologica. Il problema della memoria, della posizione del testimone; il rapporto tra paradigmi scientifici e umanità individuale; il rapporto tra teoria e materia; fino alla discussione del tema della zona grigia, che ne I sommersi e i salvati non si conforma soltanto come la risposta a una domanda sul potere, ma anche, in modo ancora più essenziale, all’esplorazione del problema del giudizio morale, del punto di vista, e del più vasto dilemma epistemologico del rapporto tra semplificazione e complessità.
La struttura della tesi è di tipo circolare, o, per restare all’interno di suggestioni leviane, palindromo: questo gioco di simmetrie, visibile anche dalla titolatura dei capitoli, non è un artificio formale ma rimanda ad un’architettura teorica di cui sostengo l’esistenza, all’interno del percorso di pensiero dell’autore.
In conclusione, questo percorso palindromo si propone in realtà diversi itinerari concettuali:
- quello della mutazione del concetto di memoria, prima rapportato con un’esperienza terribile e indecifrabile, poi ridiscusso con la consapevolezza dell’inevitabile contaminazione dei ruoli di vittima e carnefice, con l’impossibilità della semplificazione;
- quello cronologico di Levi chimico, deportato, sopravvissuto, testimone, scrittore/linguista;
quello, eminentemente filosofico, dell’io che scopre l’altro attraverso il Lager, percorrendo una serie di passaggi chiave: l’identità conoscitiva e scientifica di partenza; la chiusura monadica del prigioniero nel proprio sé allucinato; la riappropriazione dell’identità e della memoria nel rapporto duale con se stesso e con l’altro-da-sé; l’analisi dei rapporti di forza e potere e la scoperta di non prescindere da essi, anche nel rapporto con se stessi; la relazione, dopo la zona grigia, con lo sguardo dell’altro; e di nuovo il rapporto con se stessi, con la propria memoria, modificato dal ruolo assunto nel sistema di potere e dal concorso di colpa, ma non per questo necessariamente perduto; il tentativo finale di sdoppiamento, per assumere la prospettiva etica dello scrittore consapevole del luogo morale da cui parla;
- quello, infine, del tentativo di capire se è data, durante e dopo l’esperienza Lager, la possibilità di mantenere un giudizio morale. Per Levi l’arte e la poesia sopravvivono ad Auschwitz; è più incerto sulla sorte del soggetto morale, della sua capacità di emettere giudizi attraverso una scelta libera.
Questo lavoro si propone di mediare tra gli itinerari proposti, tenerli sempre attaccati allo stesso filo, oscillare tra essi, facendo parlare i testi ma scrivendo da un punto di vista chiaro e manifesto, che è quello dell’indagine filosofica incentrata sull’interpretazione testuale.
Non me ne vorrebbe, credo, Primo Levi che, nelle sue convinzioni tacciate spesso di moralismo, conservava un’insofferenza per le prescrizioni, le norme rigide, i divieti: tra la repressiva teoria e la materia ribelle ha sempre doverosamente rispettato la prima e allegramente simpatizzato per la seconda.
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