Tesi etd-06102018-094255 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PAOLI, BEATRICE
URN
etd-06102018-094255
Titolo
Opa ostili, poteri dello Stato e interessi pubblici strategici
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Passalacqua, Michela
Parole chiave
- Opa
- poteri speciali
- settori strategici
Data inizio appello
18/07/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/07/2088
Riassunto
Attualmente il mondo delle imprese è sottoposto a processi di trasformazione scaturenti dalle numerose operazioni, come ad esempio le acquisizioni, che hanno la capacità straordinaria di modificare le aziende e contribuire al loro rinnovamento. Queste possono aiutare a conquistare posizioni di mercato con una rapidità che il semplice sviluppo interno non potrebbe consentire. Il trasferimento del controllo di una public company non è mai un evento di carattere puramente finanziario, bensì risulta essere un’operazione che incide fortemente sulle sorti dell’impresa e soprattutto sugli interessi degli stakeholder coinvolti, con implicazioni rilevanti sul piano della corporate governance.
In particolare, il presente lavoro analizza le offerte pubbliche di acquisto, ossia operazioni di acquisizione di partecipazioni, aventi però requisiti specifici. Nel corso degli anni si è discusso molto su tale tematica, a causa dei vari eventi che hanno spinto il legislatore a dover adottare una disciplina che potesse tutelare da un lato gli azionisti di minoranza e dall’altro il mercato. A seguito del processo di privatizzazione, avvenuto negli anni ’90, lo Stato non disponeva più di un potere di ingerenza che gli permettesse di salvaguardare società aventi rilevanza strategica.
L’interesse che mi ha portato alla realizzazione di questo elaborato, è nato dalla vicenda che ha visto come protagoniste le società operanti nel settore delle telecomunicazioni, ossia Tim S.p.A. e Vivendi S.A. Il caso in oggetto sarà, dunque, il movente su cui si sostanzierà la nostra analisi per mettere in luce i punti di forza e debolezza della disciplina italiana concernente le offerte pubbliche di acquisto.
Il lavoro, per raggiungere l’obiettivo prefissato, si articola in 3 capitoli: il primo va ad analizzare l’evoluzione normativa in materia di offerte pubbliche d’acquisto, analizzando in modo dettagliato i motivi che hanno spinto il legislatore ad introdurre una disciplina atta a garantire il corretto e trasparente trasferimento delle quote partecipative nel mercato azionario italiano e il buon funzionamento dello stesso.
In particolare, vediamo come perplessità riguardo il campo di applicazione delle “vecchie” discipline in materia, abbia portato il legislatore a inquadrare in modo più preciso tale fattispecie, dedicandole un ampio spazio nel “Testo Unico della Finanza”.
Infine, notiamo la rilevanza delle offerte pubbliche di acquisto anche nello scenario comunitario: infatti, andremo ad analizzare i contenuti della direttiva comunitaria 2004/25/CE e le modifiche apportate dal conseguente recepimento in Italia.
Nel secondo capitolo, abbiamo dapprima studiato le ragioni che stanno alla base di un’acquisizione, per poi evidenziare quali siano i caratteri che qualificano l’offerta pubblica d’acquisto come “ostile” e le misure finalizzate ad ostacolare il c.d. “hostile takeover”. Tali tematiche sono state affrontate con l’ausilio di due importanti vicende: il caso Mediaset – Vivendi e il caso Olivetti – Telecom.
Infine, il terzo capitolo, tratta della rilevanza strategica di alcune società italiane operanti in settori ben individuati dalla legge e dei poteri di cui gode lo Stato, nel momento in cui un’acquisizione delle stesse possa costituire la minaccia di grave pregiudizio agli interessi statali. Si analizzeranno, dunque, quali siano le scelte del legislatore al fine di dare un’effettiva tutela a quelle società che svolgono attività di interesse nazionale. L’ obiettivo che ha portato alla creazione di tale lavoro, mettendo in luce l’interconnessione tra il mondo dell’economia e del diritto, è stato quello di comprendere che le Opa non siano solo degli strumenti mediante i quali acquisire il controllo di una società, ma possono essere anche fonte di benefici o problematiche assolutamente non trascurabili. A tal proposito, nel corso delle pagine che precedono, ci si è accorti come la disciplina Opa non sempre è in grado di cogliere ed ostacolare i benefici privati che possono derivare dal lancio di un’offerta e che, di conseguenza, vanno a discapito del bene comune.
A mio avviso, ad oggi, il quadro normativo italiano in tema di Opa è abbastanza corretto, a seguito del verificarsi di diversi casi che ho avuto modo di analizzare (Olivetti – Telecom, Mediaset – Vivendi) e che hanno evidenziato delle lacune che con i diversi interventi normativi si è cercato di sanare. Ciò nonostante, il nostro paese necessita di un intervento più “audace”, volto a dare un maggiore stimolo ad un mercato, quello del controllo societario appunto, che in Italia non è molto presente (a differenza degli altri paesi industrializzati) e che potrebbe essere fonte di sviluppo viste le efficienze che dal buon funzionamento di quest’ ultimo potrebbero scaturire.
Il quadro normativo Opa è in continua evoluzione, e ancora ad oggi si sta delineando man mano che vengono alla luce tutti i vuoti normativi e che non consentono l’utilizzo benefico di tale operazione. L’obiettivo del diritto è proprio quello di intervenire laddove gli interessi economici del singolo sovrastano quelli della collettività. Nel caso delle Opa si è visto come il lancio di un’offerta non incide solo sulle società coinvolte (offerente e target) ma hanno delle conseguenze che richiedono pertanto un intervento del pubblico potere, laddove il libero mercato non è in grado di arrivare. Questa tematica è stata studiata attraverso il caso Tim – Vivendi, che ha evidenziato come l’inefficienza dello Stato di tutelare la società italiana abbia comportato l’ingerenza da parte della società francese, con il conseguente cambiamento di governance che l’ha portata ad esercitare un controllo di fatto ex artt. 2359 e 93 TUF.
Concludendo possiamo dire che le offerte pubbliche di acquisto, e con esse il mercato del controllo societario, possono essere fonte di crescita. Lo Stato si deve rendere finalmente conto che se non si consente alle imprese italiane di crescere, queste ultime saranno destinate a soccombere “sotto la morsa” delle multinazionali o comunque di società che sono riuscite a raggiungere una dimensione efficiente grazie al corretto utilizzo del mercato del controllo societario. Tuttavia, però, è giusto tutelare l’“italianità” di società operanti nei settori classificati come strategici dal d.l 15 marzo 2012, n. 21, ossia la disposizione che regola il potere speciale denominato “golden power”.
In particolare, il presente lavoro analizza le offerte pubbliche di acquisto, ossia operazioni di acquisizione di partecipazioni, aventi però requisiti specifici. Nel corso degli anni si è discusso molto su tale tematica, a causa dei vari eventi che hanno spinto il legislatore a dover adottare una disciplina che potesse tutelare da un lato gli azionisti di minoranza e dall’altro il mercato. A seguito del processo di privatizzazione, avvenuto negli anni ’90, lo Stato non disponeva più di un potere di ingerenza che gli permettesse di salvaguardare società aventi rilevanza strategica.
L’interesse che mi ha portato alla realizzazione di questo elaborato, è nato dalla vicenda che ha visto come protagoniste le società operanti nel settore delle telecomunicazioni, ossia Tim S.p.A. e Vivendi S.A. Il caso in oggetto sarà, dunque, il movente su cui si sostanzierà la nostra analisi per mettere in luce i punti di forza e debolezza della disciplina italiana concernente le offerte pubbliche di acquisto.
Il lavoro, per raggiungere l’obiettivo prefissato, si articola in 3 capitoli: il primo va ad analizzare l’evoluzione normativa in materia di offerte pubbliche d’acquisto, analizzando in modo dettagliato i motivi che hanno spinto il legislatore ad introdurre una disciplina atta a garantire il corretto e trasparente trasferimento delle quote partecipative nel mercato azionario italiano e il buon funzionamento dello stesso.
In particolare, vediamo come perplessità riguardo il campo di applicazione delle “vecchie” discipline in materia, abbia portato il legislatore a inquadrare in modo più preciso tale fattispecie, dedicandole un ampio spazio nel “Testo Unico della Finanza”.
Infine, notiamo la rilevanza delle offerte pubbliche di acquisto anche nello scenario comunitario: infatti, andremo ad analizzare i contenuti della direttiva comunitaria 2004/25/CE e le modifiche apportate dal conseguente recepimento in Italia.
Nel secondo capitolo, abbiamo dapprima studiato le ragioni che stanno alla base di un’acquisizione, per poi evidenziare quali siano i caratteri che qualificano l’offerta pubblica d’acquisto come “ostile” e le misure finalizzate ad ostacolare il c.d. “hostile takeover”. Tali tematiche sono state affrontate con l’ausilio di due importanti vicende: il caso Mediaset – Vivendi e il caso Olivetti – Telecom.
Infine, il terzo capitolo, tratta della rilevanza strategica di alcune società italiane operanti in settori ben individuati dalla legge e dei poteri di cui gode lo Stato, nel momento in cui un’acquisizione delle stesse possa costituire la minaccia di grave pregiudizio agli interessi statali. Si analizzeranno, dunque, quali siano le scelte del legislatore al fine di dare un’effettiva tutela a quelle società che svolgono attività di interesse nazionale. L’ obiettivo che ha portato alla creazione di tale lavoro, mettendo in luce l’interconnessione tra il mondo dell’economia e del diritto, è stato quello di comprendere che le Opa non siano solo degli strumenti mediante i quali acquisire il controllo di una società, ma possono essere anche fonte di benefici o problematiche assolutamente non trascurabili. A tal proposito, nel corso delle pagine che precedono, ci si è accorti come la disciplina Opa non sempre è in grado di cogliere ed ostacolare i benefici privati che possono derivare dal lancio di un’offerta e che, di conseguenza, vanno a discapito del bene comune.
A mio avviso, ad oggi, il quadro normativo italiano in tema di Opa è abbastanza corretto, a seguito del verificarsi di diversi casi che ho avuto modo di analizzare (Olivetti – Telecom, Mediaset – Vivendi) e che hanno evidenziato delle lacune che con i diversi interventi normativi si è cercato di sanare. Ciò nonostante, il nostro paese necessita di un intervento più “audace”, volto a dare un maggiore stimolo ad un mercato, quello del controllo societario appunto, che in Italia non è molto presente (a differenza degli altri paesi industrializzati) e che potrebbe essere fonte di sviluppo viste le efficienze che dal buon funzionamento di quest’ ultimo potrebbero scaturire.
Il quadro normativo Opa è in continua evoluzione, e ancora ad oggi si sta delineando man mano che vengono alla luce tutti i vuoti normativi e che non consentono l’utilizzo benefico di tale operazione. L’obiettivo del diritto è proprio quello di intervenire laddove gli interessi economici del singolo sovrastano quelli della collettività. Nel caso delle Opa si è visto come il lancio di un’offerta non incide solo sulle società coinvolte (offerente e target) ma hanno delle conseguenze che richiedono pertanto un intervento del pubblico potere, laddove il libero mercato non è in grado di arrivare. Questa tematica è stata studiata attraverso il caso Tim – Vivendi, che ha evidenziato come l’inefficienza dello Stato di tutelare la società italiana abbia comportato l’ingerenza da parte della società francese, con il conseguente cambiamento di governance che l’ha portata ad esercitare un controllo di fatto ex artt. 2359 e 93 TUF.
Concludendo possiamo dire che le offerte pubbliche di acquisto, e con esse il mercato del controllo societario, possono essere fonte di crescita. Lo Stato si deve rendere finalmente conto che se non si consente alle imprese italiane di crescere, queste ultime saranno destinate a soccombere “sotto la morsa” delle multinazionali o comunque di società che sono riuscite a raggiungere una dimensione efficiente grazie al corretto utilizzo del mercato del controllo societario. Tuttavia, però, è giusto tutelare l’“italianità” di società operanti nei settori classificati come strategici dal d.l 15 marzo 2012, n. 21, ossia la disposizione che regola il potere speciale denominato “golden power”.
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