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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06102015-113717


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PEPE, FRANCESCA
URN
etd-06102015-113717
Titolo
LE BIOBANCHE DI EMBRIONI. DAL DIVIETO ALLA GOVERNANCE.
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI
Relatori
relatore Prof.ssa Bargelli, Elena
Parole chiave
  • BIOBANCHE
Data inizio appello
30/06/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
ABSTRACT
LE BIOBANCHE DI EMBRIONI. DAL DIVIETO ALLA GOVERNANCE

CANDIDATA: Francesca Pepe

L’obiettivo del presente lavoro è analizzare il complesso universo costituito dai trattamenti di procreazione medicalmente assistita, e il tortuoso percorso che ha condotto alla sua attuale, seppur disomogenea e deficitaria, regolamentazione.
Si tratta di un argomento problematico e delicato, se si considera la grande portata degli interessi in gioco: diritti fondamentali – salute, autodeterminazione, integrità fisica, procreazione, uguaglianza, vita – degli individui coinvolti, esigenze ineludibili degli ordinamenti giuridici – salvaguardia della salute e dell’ordine pubblici – e opportunità scientificamente e socialmente rilevanti. L’analisi muove, inizialmente, dalle origini storiche dei trattamenti di PMA e dalle tappe che hanno portato alla scoperta e al perfezionamento delle tecniche tuttora utilizzate per la soluzione ai problemi d’infertilità e sterilità umana. La medicina, infatti, dai primi esperimenti di Lazzaro Spallanzani alla nascita di Louise Brown – primo essere umano nato “in provetta” – ha compiuto, nel volgere di poco più di due secoli, progressi notevoli ed inimmaginabili. Le nuove scoperte della ricerca, però, hanno imposto un adeguato, e sovente poco tempestivo, intervento normativo da parte del legislatore, al fine di prevedere una disciplina precisa e puntuale di ogni aspetto da esse coinvolto.
La legge italiana n.40 del 2004 ha cercato, con alterne fortune, di disciplinare l’eterogenea materia delle tecniche di PMA in Italia. Ma, mentre la disciplina prevista a livello internazionale e comunitario apriva crescenti possibilità per i soggetti potenzialmente interessati ai trattamenti, la normativa italiana poneva ingiustificati ed illogici ostacoli all’accesso a tali tecniche. Alcuni di essi, come quello relativo al divieto di utilizzo degli embrioni per fini di ricerca medica e scientifica, permangono ancora oggi. Molti altri sono stati,successivamente, rimossi dalle pronunce della Corte Costituzionale – con le sentenze n.151/2009 e 162/2014 – e dei Tribunali Amministrativi (come la sentenza n.398/2008 del Tar del Lazio).
In particolare, la dichiarazione d’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa, di cui all’art. 4 comma 3 della legge 40, ha messo in evidenza un altro aspetto della materia che necessita di regolamentazione: la conservazione degli embrioni. Sebbene si tratti di un elemento costitutivo della PMA che nasce molto prima della sentenza 162/2014 della Consulta – poiché la conservazione degli embrioni soprannumerari diviene possibile sin dalla scoperta delle tecniche di congelamento –, esso diventa un vero e proprio problema nel momento in cui si apre alla possibilità di donare a soggetti terzi, lecitamente e gratuitamente, i propri materiali biologici da riproduzione. Numerose sono, difatti, le implicazioni di natura etica e sociale che tale possibilità porta con sé: requisiti e condizioni per la donazione, rapporti giuridici tra donante e soggetto nato, tempi e modalità di conservazione del materiale biologico, tutela della privacy dell’individuo, modalità di prestazione e ricezione del consenso nonché caratteristiche e prerequisiti della struttura che si occupa della conservazione stessa, la biobanca di embrioni.
Dopo aver esaminato la disciplina oggi prevista dall’ordinamento italiano e dalle fonti di diritto comunitario – Decisioni e Direttive del Consiglio d’Europa – sulla donazione di gameti e sulle biobanche di embrioni, la presente tesi si concentra, nella sua parte conclusiva, sulle lacune in essa ravvisabili e sulle possibilità di delineare una normativa nuova, più omogenea e flessibile, la quale, pur mettendo al centro dei suoi obiettivi la tutela dell’embrione quale entità emblematica dell’essenza umana, possa costituire un valido e funzionale compromesso tra tutti gli interessi coinvolti.
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