Tesi etd-06102014-154644 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
FASANO, DARIO
URN
etd-06102014-154644
Titolo
Prevalenza di retinopatia diabetica e relativi fattori di rischio in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1: confronto tra 2003 e 2013
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
ENDOCRINOLOGIA E MALATTIE DEL METABOLISMO
Relatori
relatore Prof. Del Prato, Stefano
Parole chiave
- Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
09/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’impatto del diabete mellito di tipo 1 è importante in termini di costi socio-sanitari. Poiché il diabete mellito di tipo 1 insorge tipicamente durante l’infanzia e l’adolescenza, la gestione della malattia implica sforzi consistenti e di lunga durata in termini sia di costi sociali e sanitari, che di qualità di vita del paziente nel pieno delle proprie capacità intellettive e lavorative.
La più importante causa di morbilità e mortalità associate al diabete mellito di tipo 1 è data dalle complicanze microvascolari, inclusa la retinopatia diabetica che fra questa è la più frequente e temibile, in quanto più importante causa di cecità in età lavorativa, almeno nel mondo Occidentale.
Un ampio studio di popolazione americano (Wisconsin Epidemiologic Study of Diabetic Retinopathy, WESDR) iniziato nel 1979 ha dimostrato che dopo 25 anni di malattia quasi tutti i pazienti con diabete mellito di tipo 1 presentino segni di retinopatia, e come una fetta importante di questi sviluppi una forma avanzata ad elevato rischio di evoluzione in cecità. Studi di intervento hanno dimostrato che, se la prevalenza di retinopatia è trascurabile in epoca pre-puberale ed all’esordio di malattia, essa diventa significativa dopo 10 anni di malattia (40-50%), raggiungendo almeno il 90% dopo 20 anni di malattia.
Lavori recenti suggeriscono tuttavia una riduzione negli ultimi anni di prevalenza ed incidenza di retinopatia, in particolare della forma avanzata. Un recente lavoro ha studiato la prevalenza di retinopatia e la sua evoluzione in una coorte di popolazione con diabete mellito di tipo 1 proveniente dalla stessa area geografica da cui fu estrapolata la popolazione per lo studio WESDR circa 10 anni prima. In entrambe le coorti sono stati selezionati i soggetti con 20 anni di malattia, ed è stato utilizzata la stessa metodologia diagnostica per la retinopatia. Dal confronto è emersa una ridotta prevalenza di retinopatia di stadio avanzato e di compromissione dell’acuità visiva. Questo dato è stato confermato in altri studi condotti nel Nord Europa.
L’avvento degli analoghi rapidi dell’insulina ha sicuramente avuto un impatto significativo in termini di possibilità di ottenere un controllo glicemico più stabile ed un controllo metabolico migliore nel tempo. Del resto il recente concetto di “memoria metabolica” implica che l’ottenimento di un controllo glicemico ottimale fin dall’esordio della malattia possa comportare, anche a distanza di molti anni, un minore rischio di comparsa e progressione di retinopatia e delle altre complicanze microvascolari. Il maggiore utilizzo attuale di farmaci potenzialmente protettivi a livello retinico (fenofibrato, inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone), oltre che di strumenti più sofisticati ed efficaci per l’autocontrollo glicemico, potrebbe d’altro canto contribuire a spiegare questo dato.
Sulla scorta di questi dati, in questo studio ci siamo proposti di valutare se vi fossero differenze di prevalenza di retinopatia in due coorti distinte di pazienti diabetici di tipo 1 afferenti al nostro centro e confrontati a 10 anni di distanza. Nel primo gruppo (Gruppo A con n=516 soggetti seguiti tra 2012 e 2013) e nel secondo gruppo (Gruppo B con n=402 soggetti seguiti tra il 2011 ed il 2003) la retinopatia è stata valutata con almeno due fotogrammi retinici per occhio e classificata in accordo con i criteri utilizzati nello studio EURODIAB. Nel Gruppo A (coorte di pazienti selezionati recentemente) abbiamo osservato valori medi di età, durata di malattia e BMI significativamente più alti, mentre è risultato significativamente più basso il valore medio di HbA1c, glicemia a digiuno, colesterolo LDL calcolato e totale. I pazienti raggruppati nel gruppo A facevano maggiore uso di terapia insulinica in infusione continua con microinfusore (CSII) e di statine. Le due coorti esaminate presentavano caratteristiche simili per quanto riguardava rapporto maschi/femmine, uso di ACE inibitori o sartanici, valori di pressione arteriosa e di colesterolo totale, HDL e trigliceridi.
Dal confronto tra i due gruppi non sono emerse differenze di prevalenza della retinopatia di qualsiasi livello (39% vs 41%, p n.s.) né sono emerse differenze significative stratificando la retinopatia in 3 stadi (assente, non proliferante, avanzata).
Sebbene lavori recenti abbiano documentato un trend in miglioramento negli ultimi anni del rischio di compromissione visiva nei pazienti con diabete mellito di tipo 1, i nostri dati non confermano differenze significative di prevalenza tra due popolazioni ambulatoriali confrontate a distanza di circa 10 anni l’una dall’altra. Una certa eterogeneità tra le due popolazioni in termini di età, durata di malattia, controllo metabolico e terapia potrebbe in parte spiegare il dato da noi osservato.
La più importante causa di morbilità e mortalità associate al diabete mellito di tipo 1 è data dalle complicanze microvascolari, inclusa la retinopatia diabetica che fra questa è la più frequente e temibile, in quanto più importante causa di cecità in età lavorativa, almeno nel mondo Occidentale.
Un ampio studio di popolazione americano (Wisconsin Epidemiologic Study of Diabetic Retinopathy, WESDR) iniziato nel 1979 ha dimostrato che dopo 25 anni di malattia quasi tutti i pazienti con diabete mellito di tipo 1 presentino segni di retinopatia, e come una fetta importante di questi sviluppi una forma avanzata ad elevato rischio di evoluzione in cecità. Studi di intervento hanno dimostrato che, se la prevalenza di retinopatia è trascurabile in epoca pre-puberale ed all’esordio di malattia, essa diventa significativa dopo 10 anni di malattia (40-50%), raggiungendo almeno il 90% dopo 20 anni di malattia.
Lavori recenti suggeriscono tuttavia una riduzione negli ultimi anni di prevalenza ed incidenza di retinopatia, in particolare della forma avanzata. Un recente lavoro ha studiato la prevalenza di retinopatia e la sua evoluzione in una coorte di popolazione con diabete mellito di tipo 1 proveniente dalla stessa area geografica da cui fu estrapolata la popolazione per lo studio WESDR circa 10 anni prima. In entrambe le coorti sono stati selezionati i soggetti con 20 anni di malattia, ed è stato utilizzata la stessa metodologia diagnostica per la retinopatia. Dal confronto è emersa una ridotta prevalenza di retinopatia di stadio avanzato e di compromissione dell’acuità visiva. Questo dato è stato confermato in altri studi condotti nel Nord Europa.
L’avvento degli analoghi rapidi dell’insulina ha sicuramente avuto un impatto significativo in termini di possibilità di ottenere un controllo glicemico più stabile ed un controllo metabolico migliore nel tempo. Del resto il recente concetto di “memoria metabolica” implica che l’ottenimento di un controllo glicemico ottimale fin dall’esordio della malattia possa comportare, anche a distanza di molti anni, un minore rischio di comparsa e progressione di retinopatia e delle altre complicanze microvascolari. Il maggiore utilizzo attuale di farmaci potenzialmente protettivi a livello retinico (fenofibrato, inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone), oltre che di strumenti più sofisticati ed efficaci per l’autocontrollo glicemico, potrebbe d’altro canto contribuire a spiegare questo dato.
Sulla scorta di questi dati, in questo studio ci siamo proposti di valutare se vi fossero differenze di prevalenza di retinopatia in due coorti distinte di pazienti diabetici di tipo 1 afferenti al nostro centro e confrontati a 10 anni di distanza. Nel primo gruppo (Gruppo A con n=516 soggetti seguiti tra 2012 e 2013) e nel secondo gruppo (Gruppo B con n=402 soggetti seguiti tra il 2011 ed il 2003) la retinopatia è stata valutata con almeno due fotogrammi retinici per occhio e classificata in accordo con i criteri utilizzati nello studio EURODIAB. Nel Gruppo A (coorte di pazienti selezionati recentemente) abbiamo osservato valori medi di età, durata di malattia e BMI significativamente più alti, mentre è risultato significativamente più basso il valore medio di HbA1c, glicemia a digiuno, colesterolo LDL calcolato e totale. I pazienti raggruppati nel gruppo A facevano maggiore uso di terapia insulinica in infusione continua con microinfusore (CSII) e di statine. Le due coorti esaminate presentavano caratteristiche simili per quanto riguardava rapporto maschi/femmine, uso di ACE inibitori o sartanici, valori di pressione arteriosa e di colesterolo totale, HDL e trigliceridi.
Dal confronto tra i due gruppi non sono emerse differenze di prevalenza della retinopatia di qualsiasi livello (39% vs 41%, p n.s.) né sono emerse differenze significative stratificando la retinopatia in 3 stadi (assente, non proliferante, avanzata).
Sebbene lavori recenti abbiano documentato un trend in miglioramento negli ultimi anni del rischio di compromissione visiva nei pazienti con diabete mellito di tipo 1, i nostri dati non confermano differenze significative di prevalenza tra due popolazioni ambulatoriali confrontate a distanza di circa 10 anni l’una dall’altra. Una certa eterogeneità tra le due popolazioni in termini di età, durata di malattia, controllo metabolico e terapia potrebbe in parte spiegare il dato da noi osservato.
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