Tesi etd-06102011-155819 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
FARNESI, AZZURRA
URN
etd-06102011-155819
Titolo
DOCETAXEL E PREDNISONE IN ASSOCIAZIONE A TERAPIA METRONOMICA CON CICLOFOSFAMIDE E CELECOXIB IN PAZIENTI CON CARCINOMA PROSTATICO ORMONOREFRATTARIO:STUDIO CLINICO DI FASE II
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
Parole chiave
- ciclofosfamide
- metronomica
- prostata
Data inizio appello
19/07/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/07/2051
Riassunto
DOCETAXEL E PREDNISONE IN ASSOCIAZIONE A TERAPIA
METRONOMICA CON CICLOFOSFAMIDE E CELECOXIB IN PAZIENTI CON
CARCINOMA PROSTATICO ORMONOREFRATTARIO: STUDIO CLINICO DI
FASE II .
RIASSUNTO
Il carcinoma prostatico rappresenta ad oggi la seconda neoplasia più diagnosticata al mondo e la sesta causa di morte cancro-correlata nell’uomo. Nei casi di malattia metastatica o recidivata dopo trattamento primario con chirurgia radicale o radioterapia esclusiva la terapia ormonale permette di ottenere un cntrollo della malattia per circa 18 mesi. Dopo tale periodo di tempo, si va incontro, nella maggior parte dei casi, ad un quadro di ormonorefrattarietà. Le opzioni terapeutiche nel carcinoma prostatico ormonorefrattario (CPOR) comprendono oltre alla chemioterapia, la terapia radiometabolica, la radioterapia palliativa e l’utilizzo di bifosfonati. Sino a pochi anni fa la chemioterapia rivestiva un ruolo marginale nel trattamento del CPOR, potendo determinare, con l’utilizzo di Mitoxantrone e Prednisone, esclusivamente un miglioramento della qualità di vita e del controllo del dolore. Nel 2004, grazie agli studi di Tannock e coll. e Petrylak e coll., si è giunti alla dimostrazione di un significativo vantaggio, in termini di sopravvivenza, per il regime chemioterapico con Docetaxel 75 mg/mq ev ogni 3 settimane in associazione a Prednisone 5 mg per os x 2/die; pertanto tale trattamento è stato assunto come regime di scelta nei pazienti metastatici ormonorefrattari candidabili alla chemioterapia. Negli ultimi anni il grande interesse rivolto allo studio dell’ angiogenesi tumorale ha portato all’osservazione che, anche chemioterapici classici, quali la Ciclofosfamide, possono avere una certa attività antiangiogenica se somministrati in modo continuativo nel tempo ed a basse dosi. Tale modalità di somministrazione ha preso nome di “chemioterapia metronomica” e, a differenza delle schedule terapeutiche classiche, il cui bersaglio principale è il compartimento proliferante della neoplasia, essa riconosce come target la cellula endoteliale della neovascolarizzazione tumorale. Nel trattamento del CPOR, la prima esperienza retrospettiva di chemioterapia metronomica con Ciclofosfamide è stata pubblicata da Glode e coll. nel 2003. Gli autori hanno riportato un tasso di risposte del PSA nel 69% dei pazienti con un tempo alla progressione (TTP) di 9 mesi. Un altro farmaco che ha dimostrato non solo proprietà antiangiogeniche in modelli preclinici ma anche una interessante attività clinica nel trattamento di pazienti con carcinoma prostatico è l’inibitore selettivo della ciclossigenasi-2 Celecoxib. In uno studio condotto presso il nostro centro al fine di valutare l’associazione di terapia metronomica con Ciclofosfamide, Desametasone e Celecoxib come seconda linea è stata dimostrata una riduzione del PSA > 50% nel 32% dei casi, ed una stabilità di malattia nel 50% dopo 2 mesi di trattamento nei 12 pazienti valutati, in associazione a buoni profili di tollerabilità e tossicità. Nel complesso veniva evidenziata una sopravvivenza globale di 21 mesi e una sopravvivenza libera da progressione di 3 mesi a fronte di un miglioramento della qualità di vita e del controllo della sintomatologia dolorosa. Al fine di incrementare il controllo di malattia e le risposte cliniche è stata proposta da Pietras ed Hanahan una strategia terapeutica integrata denominata “multitargeted chemo-switch protocol” che consiste in una prima fase di trattamento chemioterapico standard somministrato alla dose massima tollerabile (MTD), seguita da una fase di mantenimento metronomica in associazione ad altri farmaci con azione antiangiogenetica.
Sulla base di quanto esposto abbiamo disegnato uno studio di associazione di fase II con Docetaxel 60 mg/mq a schedula trisettimanale, Prednisone 10 mg x die e chemioterapia metronomica con Ciclofosfamide 50 mg/die e Celecoxib 400 mg/die con obiettivo primario la valutazione della percentuale di pazienti liberi da progressione biochimica a 6 mesi. Tale studio sarà considerato promettente se la percentuale di pazienti non progrediti a 6 mesi dall’inizio del trattamento sarà di almeno il 70%. Fra gli obiettivi secondari è stata inserita la riduzione del PSA > 50%, il tempo a progressione, la sopravvivenza globale, la valutazione delle tossicità, la qualità di vita e il controllo del dolore e infine, l’analisi di fattori farmacodinamici e farmacogenetici predittivi di risposta quali VEGF, TSP-1, marcatori surrogati dell’attività antiangiogenica della combinazione quali VE-caderina ed sVEGFR-2 e il polimorfismo genico di VEGF. Lo studio è stato condotto su 41 pazienti, valutabili per tossicità e attività del trattamento. Nel complesso il numero mediano di cicli di Docetaxel somministrati è stato 12 mentre la durata mediana del trattamento metronomico è stata di 871,50 giorni. Durante il trattamento abbiamo osservato tossicità complessivamente di grado moderato. In termini di attività, 39 pazienti sono stati valutabili per la risposta sul PSA. Globalmente 32 pazienti (80%) hanno presentato una riduzione del PSA > 50%, rispetto al basale che è stata confermata dopo 4 settimane. In particolare in 11 (27,5%) pazienti la riduzione del PSA è stata superiore al 90%. La percentuale di pazienti liberi da progressione biochimica a sei mesi è risultata del 83%, mentre la progression free survival mediana secondo il metodo di Kaplan Mayer è risultata di 13,25 mesi; inoltre la sopravvivenza globale mediana è risultata essere di 29,3 mesi . Ad oggi in 31 pazienti dei 41 arruolati nello studio, sono stati valutati 4 polimorfismi del gene del VEGF: -2578C/A, -1154G/A e -634G/C , situati nella regione promotrice del gene e + 936 C/T localizzato nella regione 3’ UTR non tradotta. Si è proceduto ad analizzarne il genotipo, identificando i pazienti come wild type, eterozigoti o mutati sulla base del loro genotipo. Analizzando con il test del chi quadro il polimorfismo del gene VEGF-A -1154 A/G (AA vs AG/GG) abbiamo ottenuto un valore di p=0,0958 non statisticamente significativo ma che rappresenta un trend positivo poiché aumentando la numerosità della popolazione potrebbe diventarlo. Infatti analizzando i pazienti con il polimorfismo -1154 AA vs AG/GG fra i pazienti responders il 64,52% ha genotipo AG/GG mentre solo il 19,35% dei pazienti responders è portatore del genotipo mutato AA . Per quanto riguarda l’aspetto farmacodinamico, ad oggi l’analisi delle concentrazioni plasmatiche della TSP-1, del VEFG e del sVEGFR è ancora in corso.
In conclusione, l’associazione di un trattamento metronomico con Ciclofosfamide e Celecoxib alla terapia standard di prima linea, Docetaxel e Prednisone, in pazienti con carcinoma prostatico ormonorefrattario si è dimostrato attivo avendo soddisfatto l’obbietivo primario: a 6 mesi l’83% dei pazienti sono risultati liberi da progressione; il trattamento è stato inoltre ben tollerato. Per queste considerazioni, tale regime terapeutico potrebbe costituire una valida opportunità terapeutica di seconda linea nel paziente con CPOR e impiegato per ulteriori studi clinici di fase III al fine di valutare il vantaggio del trattamento rispetto allo standard. Inoltre, la determinazione dei polimorfismi del gene del VEGF può rappresentare un indicatore farmocogenetico potenzialmente utile per predire la risposta clinica.
METRONOMICA CON CICLOFOSFAMIDE E CELECOXIB IN PAZIENTI CON
CARCINOMA PROSTATICO ORMONOREFRATTARIO: STUDIO CLINICO DI
FASE II .
RIASSUNTO
Il carcinoma prostatico rappresenta ad oggi la seconda neoplasia più diagnosticata al mondo e la sesta causa di morte cancro-correlata nell’uomo. Nei casi di malattia metastatica o recidivata dopo trattamento primario con chirurgia radicale o radioterapia esclusiva la terapia ormonale permette di ottenere un cntrollo della malattia per circa 18 mesi. Dopo tale periodo di tempo, si va incontro, nella maggior parte dei casi, ad un quadro di ormonorefrattarietà. Le opzioni terapeutiche nel carcinoma prostatico ormonorefrattario (CPOR) comprendono oltre alla chemioterapia, la terapia radiometabolica, la radioterapia palliativa e l’utilizzo di bifosfonati. Sino a pochi anni fa la chemioterapia rivestiva un ruolo marginale nel trattamento del CPOR, potendo determinare, con l’utilizzo di Mitoxantrone e Prednisone, esclusivamente un miglioramento della qualità di vita e del controllo del dolore. Nel 2004, grazie agli studi di Tannock e coll. e Petrylak e coll., si è giunti alla dimostrazione di un significativo vantaggio, in termini di sopravvivenza, per il regime chemioterapico con Docetaxel 75 mg/mq ev ogni 3 settimane in associazione a Prednisone 5 mg per os x 2/die; pertanto tale trattamento è stato assunto come regime di scelta nei pazienti metastatici ormonorefrattari candidabili alla chemioterapia. Negli ultimi anni il grande interesse rivolto allo studio dell’ angiogenesi tumorale ha portato all’osservazione che, anche chemioterapici classici, quali la Ciclofosfamide, possono avere una certa attività antiangiogenica se somministrati in modo continuativo nel tempo ed a basse dosi. Tale modalità di somministrazione ha preso nome di “chemioterapia metronomica” e, a differenza delle schedule terapeutiche classiche, il cui bersaglio principale è il compartimento proliferante della neoplasia, essa riconosce come target la cellula endoteliale della neovascolarizzazione tumorale. Nel trattamento del CPOR, la prima esperienza retrospettiva di chemioterapia metronomica con Ciclofosfamide è stata pubblicata da Glode e coll. nel 2003. Gli autori hanno riportato un tasso di risposte del PSA nel 69% dei pazienti con un tempo alla progressione (TTP) di 9 mesi. Un altro farmaco che ha dimostrato non solo proprietà antiangiogeniche in modelli preclinici ma anche una interessante attività clinica nel trattamento di pazienti con carcinoma prostatico è l’inibitore selettivo della ciclossigenasi-2 Celecoxib. In uno studio condotto presso il nostro centro al fine di valutare l’associazione di terapia metronomica con Ciclofosfamide, Desametasone e Celecoxib come seconda linea è stata dimostrata una riduzione del PSA > 50% nel 32% dei casi, ed una stabilità di malattia nel 50% dopo 2 mesi di trattamento nei 12 pazienti valutati, in associazione a buoni profili di tollerabilità e tossicità. Nel complesso veniva evidenziata una sopravvivenza globale di 21 mesi e una sopravvivenza libera da progressione di 3 mesi a fronte di un miglioramento della qualità di vita e del controllo della sintomatologia dolorosa. Al fine di incrementare il controllo di malattia e le risposte cliniche è stata proposta da Pietras ed Hanahan una strategia terapeutica integrata denominata “multitargeted chemo-switch protocol” che consiste in una prima fase di trattamento chemioterapico standard somministrato alla dose massima tollerabile (MTD), seguita da una fase di mantenimento metronomica in associazione ad altri farmaci con azione antiangiogenetica.
Sulla base di quanto esposto abbiamo disegnato uno studio di associazione di fase II con Docetaxel 60 mg/mq a schedula trisettimanale, Prednisone 10 mg x die e chemioterapia metronomica con Ciclofosfamide 50 mg/die e Celecoxib 400 mg/die con obiettivo primario la valutazione della percentuale di pazienti liberi da progressione biochimica a 6 mesi. Tale studio sarà considerato promettente se la percentuale di pazienti non progrediti a 6 mesi dall’inizio del trattamento sarà di almeno il 70%. Fra gli obiettivi secondari è stata inserita la riduzione del PSA > 50%, il tempo a progressione, la sopravvivenza globale, la valutazione delle tossicità, la qualità di vita e il controllo del dolore e infine, l’analisi di fattori farmacodinamici e farmacogenetici predittivi di risposta quali VEGF, TSP-1, marcatori surrogati dell’attività antiangiogenica della combinazione quali VE-caderina ed sVEGFR-2 e il polimorfismo genico di VEGF. Lo studio è stato condotto su 41 pazienti, valutabili per tossicità e attività del trattamento. Nel complesso il numero mediano di cicli di Docetaxel somministrati è stato 12 mentre la durata mediana del trattamento metronomico è stata di 871,50 giorni. Durante il trattamento abbiamo osservato tossicità complessivamente di grado moderato. In termini di attività, 39 pazienti sono stati valutabili per la risposta sul PSA. Globalmente 32 pazienti (80%) hanno presentato una riduzione del PSA > 50%, rispetto al basale che è stata confermata dopo 4 settimane. In particolare in 11 (27,5%) pazienti la riduzione del PSA è stata superiore al 90%. La percentuale di pazienti liberi da progressione biochimica a sei mesi è risultata del 83%, mentre la progression free survival mediana secondo il metodo di Kaplan Mayer è risultata di 13,25 mesi; inoltre la sopravvivenza globale mediana è risultata essere di 29,3 mesi . Ad oggi in 31 pazienti dei 41 arruolati nello studio, sono stati valutati 4 polimorfismi del gene del VEGF: -2578C/A, -1154G/A e -634G/C , situati nella regione promotrice del gene e + 936 C/T localizzato nella regione 3’ UTR non tradotta. Si è proceduto ad analizzarne il genotipo, identificando i pazienti come wild type, eterozigoti o mutati sulla base del loro genotipo. Analizzando con il test del chi quadro il polimorfismo del gene VEGF-A -1154 A/G (AA vs AG/GG) abbiamo ottenuto un valore di p=0,0958 non statisticamente significativo ma che rappresenta un trend positivo poiché aumentando la numerosità della popolazione potrebbe diventarlo. Infatti analizzando i pazienti con il polimorfismo -1154 AA vs AG/GG fra i pazienti responders il 64,52% ha genotipo AG/GG mentre solo il 19,35% dei pazienti responders è portatore del genotipo mutato AA . Per quanto riguarda l’aspetto farmacodinamico, ad oggi l’analisi delle concentrazioni plasmatiche della TSP-1, del VEFG e del sVEGFR è ancora in corso.
In conclusione, l’associazione di un trattamento metronomico con Ciclofosfamide e Celecoxib alla terapia standard di prima linea, Docetaxel e Prednisone, in pazienti con carcinoma prostatico ormonorefrattario si è dimostrato attivo avendo soddisfatto l’obbietivo primario: a 6 mesi l’83% dei pazienti sono risultati liberi da progressione; il trattamento è stato inoltre ben tollerato. Per queste considerazioni, tale regime terapeutico potrebbe costituire una valida opportunità terapeutica di seconda linea nel paziente con CPOR e impiegato per ulteriori studi clinici di fase III al fine di valutare il vantaggio del trattamento rispetto allo standard. Inoltre, la determinazione dei polimorfismi del gene del VEGF può rappresentare un indicatore farmocogenetico potenzialmente utile per predire la risposta clinica.
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