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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06092021-092108


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
GIAMBASTIANI, MARTINA
URN
etd-06092021-092108
Titolo
Angiopatia amiloide: accumulo eritrocitario di beta-amiloide, tau e alfa-sinucleina
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Martini, Claudia
relatore Dott.ssa Piccarducci, Rebecca
Parole chiave
  • angiopatia amiloide
  • proteinopatie
  • beta-amiloide
  • tau
  • alfa-sinucleina
  • biomarker
Data inizio appello
07/07/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/07/2091
Riassunto
Le malattie neurodegenerative (neurodegenerative diseases, ND), costituiscono un insieme di condizioni patologiche originate dalla lenta ed irreversibile disfunzione e morte neuronale in determinate aree del sistema nervoso centrale, che ne determinano un caratteristico quadro clinico.
Nell’ eziologia e nella patogenesi delle malattie neurodegenerative, diversi studi hanno evidenziato il ruolo cruciale delle “proteine misfolded”, ovvero proteine caratterizzate da un ripiegamento non corretto, le quali tendono ad aggregarsi ed accumularsi sia a livello centrale che periferico e che definiscono le cosiddette “proteinopatie”.
Nonostante ciascun tipo di malattia neurodegenerativa sia associata principalmente ad un caratteristico fenotipo clinico, l’accumulo di una determinata “proteina misfolded” è spesso associato a diversi tipi di patologie in quanto il processo che porta alla loro formazione sembra essere marcatamente simile.
L’angiopatia amiloide cerebrale (cerebral amyloid angiopathy, CAA) è una malattia cerebrovascolare caratterizzata dall’accumulo di fibrille amiloidi di proteina β-amiloide (Aβ) nelle pareti dei piccoli e medi vasi sanguigni del sistema nervoso centrale (central nervous system, CNS), principalmente a livello corticale e delle leptomeningi, che clinicamente si manifesta perlopiù con emorragie intracerebrali (intracerebral hemorrhage, ICH) e deficit cognitivi.
La CAA è presente in forma lieve o avanzata in quasi il 75% o 25%, rispettivamente, dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer (Alzheimer’s disease, AD), una malattia neurodegenerativa annoverata tra le più importanti proteinopatie, suggerendo così una forte analogia nella patogenesi delle due malattie, principalmente data dall’accumulo di proteina β-amiloide.
Tuttavia, in AD si ha una deposizione di Aβ a livello del parenchima cerebrale, costituita principalmente dalla forma Aβ42, oltre che alla proteina tau, anche in forma fosforilata, mentre nella CAA l’accumulo di Aβ è principalmente a livello dei vasi cerebrali sia nella forma Aβ40 sia come Aβ42. Inoltre, sebbene l’accumulo di α-sinucleina (α-sin) sia principalmente associato a malattia di Parkinson (Parkinson’s disease, PD), l’accumulo di questa proteina è stato recentemente dimostrato anche in AD.
Numerosi studi hanno evidenziato che Aβ, tau e α-sin promuovono il loro accumulo reciprocamente, descrivendo così processi patologici comuni delle NDs.
In particolare, l’accumulo di Aβ, tau e α-sin non è ristretto solo al CNS, ma queste proteine sono state ritrovate anche in fluidi periferici, come il liquido cerebrospinale (cerebrospinal fluid, CSF), che però richiede tecniche invasive per essere raccolto ed analizzato. Per questo recenti ricerche si sono focalizzate sullo studio delle proteine Aβ, tau e α-sin nel sangue, come fluido altamente accessibile con tecniche non invasive, ed in particolare negli eritrociti. Lo studio di proteine amiloidogeniche nel sangue di pazienti con NDs è al centro della ricerca scientifica in campo neuro-biochimico ed in particolare alterati livelli di queste proteine sono stati rilevati nel sangue di pazienti con AD e PD. Al contrario, non esistono attualmente evidenze scientifiche sul ruolo delle proteine amiloidogeniche come possibili biomarcatori nel sangue per la diagnosi di CAA.
Tuttavia, nonostante la diagnosi di CAA sia spesso molto complessa e sovrapposta ad altre NDs, soprattutto a AD, il coinvolgimento del sistema vascolare in questa patologia sembra essere fondamentale per lo studio di possibili marcatori periferici capaci di diagnosticare la malattia e soprattutto di discriminarla da altre malattie clinicamente sovrapponibili ad essa.
A tal proposito, lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di valutare l’accumulo a livello eritrocitario di proteine amiloidogeniche tra le quali Aβ, tau e α-sin in campioni di sangue di pazienti con diagnosi di CAA, in confronto a soggetti sani di pari età e sesso.
Il sangue è stato prelevato da pazienti (N=20, età media 73  10 anni, F=8 e M=12) e soggetti sani (N=20, età media 73  9 anni, F=8 e M=12), raccolto in provetta con EDTA come anticoagulante e centrifugato per isolare gli eritrociti in cui analizzare i livelli di proteine amiloidogeniche.
Per verificare la presenza delle proteine Aβ, tau e α-sin e per determinare le quantità di queste ultime negli eritrociti è stato eseguito un saggio immunoenzimatico ELISA, eseguendo preliminarmente un dosaggio delle proteine totali (metodo di Bradford). I dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi statistica utilizzando GraphPad Prism.
I risultati ottenuti sono stati analizzati per stabilire il potenziale valore diagnostico dei biomarcatori eritrocitari di CAA.
In particolare, livelli eritrocitari significativamente più elevati di Aβ42 sono stati evidenziati nei pazienti con CAA rispetto ai controlli sani. Inoltre, anche la proteina tau è risultata essere significativamente più abbondante negli eritrociti dei pazienti con CAA, in confronto ai soggetti sani di pari età e sesso. Infine, i risultati hanno dimostrato anche un incremento dei livelli di α-sin negli eritrociti dei pazienti con CAA rispetto ai controlli sani, seppur meno significativamente rispetto alle proteine Aβ42 e tau.
Complessivamente, i dati ottenuti hanno dimostro le proteine Aβ, tau e α-sin come innovativi e potenziali biomarcatori periferici per la diagnosi di CAA. Inoltre, l’analisi dell’accumulo di queste proteine a livello eritrocitario rappresenta un metodo non invasivo, semplice, veloce, economico ed altamente riproducibile.
Infatti, i processi patologici che caratterizzano le NDs iniziano precocemente rispetto alla comparsa dei sintomi clinici, rendendole in questo modo patologie molto difficili da diagnosticare, spesso utilizzando tecniche invasive e costose. Per questo motivo, l’utilizzo di biomarcatori del sangue potrebbe rappresentare una valida strategia sia prognostica che diagnostica per questo tipo di patologie. Inoltre, l’efficienza di biomarcatori sanguigni in termini di costi e tempi, rispetto alla raccolta di CSF o al neuroimaging diagnostico, potrebbe fungere da primo passo nel redigere un quadro clinico in una tempistica breve e meno invasiva.
Il presente studio di tesi rappresenta quindi il punto di partenza per l’analisi delle proteine descritte come potenziali marcatori periferici diagnostici della malattia, utili anche nella valutazione in follow-up dei pazienti e come potenziale risposta al trattamento farmacologico. Infine, data la semplicità dell’analisi, il potenziale prognostico dei biomarcatori descritti sarà oggetto di ricerche future, anche in relazione a possibili screening della popolazione.




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