Tesi etd-06092020-122116 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CERAGIOLI, ILARIA
URN
etd-06092020-122116
Titolo
Il mito di Cefalo e Procri. Genesi, evoluzione e fortuna iconografica dall'Antichità al Cinquecento.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
- Antichità
- arrow
- Aurora
- Cefalo
- Cephalus
- Cinquecento
- dardo
- death
- giavellotto
- javelin
- Lelape
- Lelape
- Metamorfosi
- Metamorphoses
- mito
- morte
- myth
- Ovid
- Ovidio
- Procri
- Procris
Data inizio appello
13/07/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
Sin dalle sue origini, il sapere mitologico degli antichi espresso dalle azioni di dèi e di eroi, ha catturato l’immaginazione di artisti e di letterati, tanto da divenire costante motivo d’ispirazione per questi. Nell’elaborato ho scelto così di presentare uno studio iconografico su un mito che, dalla lettura delle Metamorfosi ovidiane, più di altri mi ha affascinata e coinvolta emotivamente: il mito di Cefalo e Procri. Tale favola mitologica è caratterizzata da una tematica amorosa tanto antica quanto attuale ed è segnata da una serie di equivoci che, generati dall’eccessiva gelosia dei due protagonisti e dall’adulterio, condurranno la storia a un drammatico epilogo. Pertanto, la sventurata storia dei due giovani innamorati è piuttosto toccante ed è capace di coinvolgere e sconvolgere l’animo del più imperturbabile lettore o spettatore.
Nel corso dei secoli il mito di Cefalo e Procri è stato oggetto di numerose trasformazioni che hanno portato all'inserimento o all'omissione di diversi elementi e di parti della storia. Dunque, molteplici sono le testimonianze letterarie e artistiche che ho preso in esame. Il lavoro si compone di tre capitoli: nel primo ho esaminato le fonti letterarie classiche, medievali e rinascimentali. Nel secondo sono passata all’analisi delle fonti iconografiche, anche queste suddivise in classiche (greche ed etrusche) e medievali. Infine, ho preferito dedicare il terzo capitolo interamente allo studio delle fonti iconografiche prodotte in Età Moderna.
Ho diviso il primo capitolo sulle fonti letterarie in paragrafi, ognuno distinto su base cronologica. Il primo paragrafo si apre con l’esegesi delle fonti letterarie classiche che mostrano le copiose varianti del racconto. Qui, ho indicato come primo documento letterario a noi pervenuto il frammento di Ferecide di Atene inserito nelle sue Istoriai, databili alla prima metà del V secolo a.C. Tra le varie testimonianze letterarie antiche di cui ho trattato, ho dato maggiore rilievo alle Fabulae di Igino, le Metamorfosi di Antoninus Liberalis e ancora la Biblioteca di Apollodoro e i Commentarii in Vergilii Aeneidos Libros di Servio. Ma di notevole interesse sono state soprattutto le Metamorfosi di Ovidio in cui la storia di Cefalo e Procri viene narrata con maggiore pathos e sentimento. Date le numerose variazioni che il mito subisce nel corso dell’età classica, alla fine del paragrafo ho inserito uno schema riassuntivo in modo da fornire al lettore una visione più chiara ed esaustiva sul punto. Nel paragrafo successivo, ho riportato le fonti letterarie medievali, evidenziando sia quanto gli autori di quest’epoca si servirono del presente mito, sia in che modo lo adattarono a un contesto culturale, sociale e religioso del tutto nuovo. Tra questi, i più significativi sono stati Bersuire con il suo Ovidius moralizatus, Giovanni Bonsignori (Ovidio Metamorphoseos Vulgare), Boccaccio (De mulieribus claris) e Christine de Pisan con la sua Épître d'Othéa. Questa prima parte si chiude poi con la trattazione delle fonti letterarie prodotte nel corso del Cinquecento tra le quali spicca la Fabula de Cefalo di Niccolò da Correggio. Di notevole interesse è anche l’influenza esercitata in Torquato Tasso da un’appassionata e meticolosa lettura della versione ovidiana del mito.
Segue il secondo capitolo con la presentazione delle fonti iconografiche raffiguranti Cefalo e/o Procri. Ho suddiviso il primo paragrafo dedicato alle testimonianze artistiche relative al mondo classico, in altri due sotto paragrafi partendo dalle rappresentazioni greche e magnogreche, giungendo poi a quelle etrusche. Tra i primi esempi che immortalano la figura di Cefalo ho collocato un’ara del 480 a.C. conservata oggigiorno al Museo Archeologico Regionale di Gela, in Sicilia. Invece, il primo manufatto attico che riproduce una figura femminile riconducibile con certezza a Procri è una lekythos datata intorno al 450 a.C. La prima e più rara rappresentazione che ritrae i due coniugi assieme decora un cratere realizzato dal Pittore di Efesto nel 440-430 a.C, oggi custodito presso il British Museum di Londra. In ambito etrusco, non è documentata finora alcuna raffigurazione di Procri, mentre Cefalo appare costantemente nell’atto di essere rapito da Thesan (Eos).
Nel secondo paragrafo, ho fornito un’analisi delle numerose miniature poste a decorazione di manoscritti medievali, tratte principalmente dall’Épître d'Othéa, di Christine de Pisan e il De mulieribus claris di Boccaccio.
Nel terzo e ultimo capitolo, attraverso una grande varietà di fonti visive, ho esaminato la fortuna iconografica di cui il mito godette durante tutto il Cinquecento. Pertanto, ho dedicato lo spazio conclusivo dell’elaborato unicamente alle attestazioni iconografiche rinascimentali. Nel Cinquecento, la prima testimonianza artistica sul mito è rappresentata dalla celeberrima Morte di Procri di Piero di Cosimo, conservata alla National Gallery di Londra e che, tra l’altro, si configura come un eccellente esempio di “pittura di cassone”, ampiamente utilizzata in ambito matrimoniale. La tematica insita nella favola mitologica di Cefalo e Procri affascinava e incuriosiva non solo gli artisti, ma anche e soprattutto i loro committenti. Dunque, molte sono le decorazioni a soggetto mitologico che immortalavano i due innamorati e che abbellivano maestose ville, maioliche, stampe e suntuosi arazzi. Tra questi, degni di nota sono gli affreschi di Villa Farnesina e di Villa Roberti, le maioliche istoriate del Ducato di Urbino, le stampe di Bernard Salomon e di Virgil Solis e l’arazzeria appartenente ai Gonzaga.
Il mito di Cefalo e Procri seppe così imporsi nelle diverse realtà italiane e straniere quali Roma, Urbino, Padova, Bruxelles, Francoforte e Fontainebleau. Infatti, i vari episodi del racconto, in particolar modo la morte della protagonista, cominciano a essere abbondantemente dipinti da artisti italiani e non solo, tra i quali ricordo Baldassarre Peruzzi, Giulio Romano, Annibale e Agostino Carracci, il Veronese, Francesco Xanto Avelli, Bernard Salomon, Hans Leu il Giovane e Georg Pencz.
Per la parte iconografica, a conclusione di ciascun paragrafo, ho aggiunto anche un breve riassunto in modo da mettere in luce i tratti salienti e caratteristici delle testimonianze figurative di ciascuna epoca.
Con la scrittura del presente elaborato mi sono posta diversi obiettivi. Innanzitutto, ho ritenuto opportuno fornire un’inedita analisi dal punto di vista iconologico e iconografico sul mito di Cefalo e Procri ripercorrendone la genesi e l’evoluzione, al fine di giungere a una conoscenza più completa e soddisfacente sul tema in questione. Poi, ho voluto trattare della sua fortuna figurativa allo scopo di dimostrare quanto la trattazione di questo mito, oggigiorno, sia stata immeritatamente oggetto di trascuratezza e di disinteresse rispetto alle epoche passate e ad altri maggiormente noti.
Since its origins, the mythological knowledge of the ancients expressed by the actions of gods and heroes has captured the imagination of artists and writers, so much so that it has become a constant inspiration for them. In the paper I chose to present an iconographic study on a myth that, from reading the Ovidian Metamorphoses, more than others fascinated me and emotionally involved: the myth of Cephalus and Procri. This mythological fable is characterized by a love theme as old as it is current and is marked by a series of misunderstandings which, generated by the excessive jealousy of the two protagonists and by adultery, will lead the story to a dramatic end. Therefore, the unfortunate story of the two young lovers is quite touching and can involve and upset the soul of the most imperturbable reader or spectator.
Over the centuries the myth of Cefalo and Procri has undergone numerous transformations that have led to the insertion or omission of different elements and parts of history. Therefore, there are many literary and artistic testimonies that I have examined. The work is made up of three chapters: in the first I examined the classic, medieval and Renaissance literary sources. In the second, I went on to analyze the iconographic sources, these also divided into classical (Greek and Etruscan) and medieval. Finally, I preferred to dedicate the third chapter entirely to the study of iconographic sources produced in the Modern Age.
I divided the first chapter on literary sources into paragraphs, each distinct on a chronological basis. The first paragraph opens with the exegesis of classic literary sources that show the copious variations of the story. Here, I have indicated as the first literary document received to us the fragment of Ferecide of Athens inserted in his Istoriai, datable to the first half of the fifth century BC. Among the various ancient literary testimonies of which I have dealt, I have given greater importance to the Fabulae of Igino, the Metamorphoses of Antoninus Liberalis and still the Library of Apollodorus and the Commentarii in Vergilii Aeneidos Libros of Servio. But interesting were Ovid's Metamorphoses in which the story of Cephalus and Procri is narrated with greater pathos and sentiment. Given the numerous variations that the myth undergoes during the classical age, at the end of the paragraph I have inserted a summary scheme in order to provide the reader with a clearer and more comprehensive view of the point. In the next paragraph, I reported medieval literary sources, highlighting both how much the authors of this era used the present myth, and how they adapted it to a completely new cultural, social and religious context. Among these, the most significant were Bersuire with his Ovidius moralizatus, Giovanni Bonsignori (Ovidio Metamorphoseos Vulgare), Boccaccio (De mulieribus claris) and Christine de Pisan with his Épître d'Othéa. This first part ends with the discussion of the literary sources produced during the sixteenth century, among which the Fabula de Cefalo di Niccolò da Correggio stands out. The influence exercised in Torquato Tasso by a passionate and meticulous reading of the Ovidian version of the myth is also of considerable interest.
The second chapter follows with the presentation of the iconographic sources depicting Cefalo and / or Procri. I have divided the first paragraph dedicated to artistic testimonies relating to the classical world, into two other sub-paragraphs starting from the Greek and Magna Graecia representations, then reaching the Etruscan ones. Among the first examples that immortalize the figure of Cephalus I placed an altar from 480 BC. preserved today in the Regional Archaeological Museum of Gela, in Sicily. Instead, the first Attic artifact that reproduces a female figure attributable with certainty to Procri is a lekythos dated around 450 BC. The first and rarest representation that portrays the two spouses together decorates a crater created by the Painter of Hephaestus in 440-430 BC, now kept in the British Museum in London. In the Etruscan area, no representation of Procri has been documented so far, while Cephalus appears constantly in the act of being kidnapped by Thesan (Eos).
In the second paragraph, I have provided an analysis of the numerous miniatures placed to decorate medieval manuscripts, mainly drawn from the Épître d'Othéa, by Christine de Pisan and Boccaccio's De mulieribus claris.
In the third and final chapter, through a great variety of visual sources, I examined the iconographic fortune that the myth enjoyed throughout the sixteenth century. Therefore, I have dedicated the final space of the essay only to Renaissance iconographic attestations. In the sixteenth century, the first artistic testimony on the myth is represented by the famous Death of Procri di Piero di Cosimo, preserved at the National Gallery in London and which, among other things, is configured as an excellent and example of "box painting", widely used in marriage. The theme inherent in the mythological tale of Cefalo and Procri fascinated and intrigued not only the artists, but also and above all their clients. Therefore, there are many mythological decorations that immortalized the two lovers and that embellished majestic villas, majolica, prints and sumptuous tapestries. Among these, the frescoes of Villa Farnesina and Villa Roberti, the decorated majolica of the Duchy of Urbino, the prints of Bernard Salomon and Virgil Solis and the tapestry belonging to the Gonzaga family are noteworthy.
The myth of Cefalo and Procri was thus able to establish itself in various Italian and foreign realities such as Rome, Urbino, Padua, Brussels, Frankfurt and Fontainebleau. In fact, the various episodes of the story, especially the death of the protagonist, begin to be abundantly painted by Italian and other artists, including Baldassarre Peruzzi, Giulio Romano, Annibale and Agostino Carracci, Veronese, Francesco Xanto Avelli, Bernard Salomon, Hans Leu the Younger and Georg Pencz.
For the iconographic part, at the end of each paragraph, I have also added a brief summary in order to highlight the salient and characteristic features of the figurative testimonies of each era.
With the writing of this paper I set myself several goals. First of all, I thought it appropriate to provide an unprecedented analysis from an iconological and iconographic point of view on the myth of Cephalus and Procri, retracing their genesis and evolution, in order to reach a more complete and satisfactory knowledge on the subject in question. Then, I wanted to deal with his figurative fortune in order to demonstrate how much the treatment of this myth has been undeservedly the object of neglect and lack of interest compared to past and other better-known eras.
Nel corso dei secoli il mito di Cefalo e Procri è stato oggetto di numerose trasformazioni che hanno portato all'inserimento o all'omissione di diversi elementi e di parti della storia. Dunque, molteplici sono le testimonianze letterarie e artistiche che ho preso in esame. Il lavoro si compone di tre capitoli: nel primo ho esaminato le fonti letterarie classiche, medievali e rinascimentali. Nel secondo sono passata all’analisi delle fonti iconografiche, anche queste suddivise in classiche (greche ed etrusche) e medievali. Infine, ho preferito dedicare il terzo capitolo interamente allo studio delle fonti iconografiche prodotte in Età Moderna.
Ho diviso il primo capitolo sulle fonti letterarie in paragrafi, ognuno distinto su base cronologica. Il primo paragrafo si apre con l’esegesi delle fonti letterarie classiche che mostrano le copiose varianti del racconto. Qui, ho indicato come primo documento letterario a noi pervenuto il frammento di Ferecide di Atene inserito nelle sue Istoriai, databili alla prima metà del V secolo a.C. Tra le varie testimonianze letterarie antiche di cui ho trattato, ho dato maggiore rilievo alle Fabulae di Igino, le Metamorfosi di Antoninus Liberalis e ancora la Biblioteca di Apollodoro e i Commentarii in Vergilii Aeneidos Libros di Servio. Ma di notevole interesse sono state soprattutto le Metamorfosi di Ovidio in cui la storia di Cefalo e Procri viene narrata con maggiore pathos e sentimento. Date le numerose variazioni che il mito subisce nel corso dell’età classica, alla fine del paragrafo ho inserito uno schema riassuntivo in modo da fornire al lettore una visione più chiara ed esaustiva sul punto. Nel paragrafo successivo, ho riportato le fonti letterarie medievali, evidenziando sia quanto gli autori di quest’epoca si servirono del presente mito, sia in che modo lo adattarono a un contesto culturale, sociale e religioso del tutto nuovo. Tra questi, i più significativi sono stati Bersuire con il suo Ovidius moralizatus, Giovanni Bonsignori (Ovidio Metamorphoseos Vulgare), Boccaccio (De mulieribus claris) e Christine de Pisan con la sua Épître d'Othéa. Questa prima parte si chiude poi con la trattazione delle fonti letterarie prodotte nel corso del Cinquecento tra le quali spicca la Fabula de Cefalo di Niccolò da Correggio. Di notevole interesse è anche l’influenza esercitata in Torquato Tasso da un’appassionata e meticolosa lettura della versione ovidiana del mito.
Segue il secondo capitolo con la presentazione delle fonti iconografiche raffiguranti Cefalo e/o Procri. Ho suddiviso il primo paragrafo dedicato alle testimonianze artistiche relative al mondo classico, in altri due sotto paragrafi partendo dalle rappresentazioni greche e magnogreche, giungendo poi a quelle etrusche. Tra i primi esempi che immortalano la figura di Cefalo ho collocato un’ara del 480 a.C. conservata oggigiorno al Museo Archeologico Regionale di Gela, in Sicilia. Invece, il primo manufatto attico che riproduce una figura femminile riconducibile con certezza a Procri è una lekythos datata intorno al 450 a.C. La prima e più rara rappresentazione che ritrae i due coniugi assieme decora un cratere realizzato dal Pittore di Efesto nel 440-430 a.C, oggi custodito presso il British Museum di Londra. In ambito etrusco, non è documentata finora alcuna raffigurazione di Procri, mentre Cefalo appare costantemente nell’atto di essere rapito da Thesan (Eos).
Nel secondo paragrafo, ho fornito un’analisi delle numerose miniature poste a decorazione di manoscritti medievali, tratte principalmente dall’Épître d'Othéa, di Christine de Pisan e il De mulieribus claris di Boccaccio.
Nel terzo e ultimo capitolo, attraverso una grande varietà di fonti visive, ho esaminato la fortuna iconografica di cui il mito godette durante tutto il Cinquecento. Pertanto, ho dedicato lo spazio conclusivo dell’elaborato unicamente alle attestazioni iconografiche rinascimentali. Nel Cinquecento, la prima testimonianza artistica sul mito è rappresentata dalla celeberrima Morte di Procri di Piero di Cosimo, conservata alla National Gallery di Londra e che, tra l’altro, si configura come un eccellente esempio di “pittura di cassone”, ampiamente utilizzata in ambito matrimoniale. La tematica insita nella favola mitologica di Cefalo e Procri affascinava e incuriosiva non solo gli artisti, ma anche e soprattutto i loro committenti. Dunque, molte sono le decorazioni a soggetto mitologico che immortalavano i due innamorati e che abbellivano maestose ville, maioliche, stampe e suntuosi arazzi. Tra questi, degni di nota sono gli affreschi di Villa Farnesina e di Villa Roberti, le maioliche istoriate del Ducato di Urbino, le stampe di Bernard Salomon e di Virgil Solis e l’arazzeria appartenente ai Gonzaga.
Il mito di Cefalo e Procri seppe così imporsi nelle diverse realtà italiane e straniere quali Roma, Urbino, Padova, Bruxelles, Francoforte e Fontainebleau. Infatti, i vari episodi del racconto, in particolar modo la morte della protagonista, cominciano a essere abbondantemente dipinti da artisti italiani e non solo, tra i quali ricordo Baldassarre Peruzzi, Giulio Romano, Annibale e Agostino Carracci, il Veronese, Francesco Xanto Avelli, Bernard Salomon, Hans Leu il Giovane e Georg Pencz.
Per la parte iconografica, a conclusione di ciascun paragrafo, ho aggiunto anche un breve riassunto in modo da mettere in luce i tratti salienti e caratteristici delle testimonianze figurative di ciascuna epoca.
Con la scrittura del presente elaborato mi sono posta diversi obiettivi. Innanzitutto, ho ritenuto opportuno fornire un’inedita analisi dal punto di vista iconologico e iconografico sul mito di Cefalo e Procri ripercorrendone la genesi e l’evoluzione, al fine di giungere a una conoscenza più completa e soddisfacente sul tema in questione. Poi, ho voluto trattare della sua fortuna figurativa allo scopo di dimostrare quanto la trattazione di questo mito, oggigiorno, sia stata immeritatamente oggetto di trascuratezza e di disinteresse rispetto alle epoche passate e ad altri maggiormente noti.
Since its origins, the mythological knowledge of the ancients expressed by the actions of gods and heroes has captured the imagination of artists and writers, so much so that it has become a constant inspiration for them. In the paper I chose to present an iconographic study on a myth that, from reading the Ovidian Metamorphoses, more than others fascinated me and emotionally involved: the myth of Cephalus and Procri. This mythological fable is characterized by a love theme as old as it is current and is marked by a series of misunderstandings which, generated by the excessive jealousy of the two protagonists and by adultery, will lead the story to a dramatic end. Therefore, the unfortunate story of the two young lovers is quite touching and can involve and upset the soul of the most imperturbable reader or spectator.
Over the centuries the myth of Cefalo and Procri has undergone numerous transformations that have led to the insertion or omission of different elements and parts of history. Therefore, there are many literary and artistic testimonies that I have examined. The work is made up of three chapters: in the first I examined the classic, medieval and Renaissance literary sources. In the second, I went on to analyze the iconographic sources, these also divided into classical (Greek and Etruscan) and medieval. Finally, I preferred to dedicate the third chapter entirely to the study of iconographic sources produced in the Modern Age.
I divided the first chapter on literary sources into paragraphs, each distinct on a chronological basis. The first paragraph opens with the exegesis of classic literary sources that show the copious variations of the story. Here, I have indicated as the first literary document received to us the fragment of Ferecide of Athens inserted in his Istoriai, datable to the first half of the fifth century BC. Among the various ancient literary testimonies of which I have dealt, I have given greater importance to the Fabulae of Igino, the Metamorphoses of Antoninus Liberalis and still the Library of Apollodorus and the Commentarii in Vergilii Aeneidos Libros of Servio. But interesting were Ovid's Metamorphoses in which the story of Cephalus and Procri is narrated with greater pathos and sentiment. Given the numerous variations that the myth undergoes during the classical age, at the end of the paragraph I have inserted a summary scheme in order to provide the reader with a clearer and more comprehensive view of the point. In the next paragraph, I reported medieval literary sources, highlighting both how much the authors of this era used the present myth, and how they adapted it to a completely new cultural, social and religious context. Among these, the most significant were Bersuire with his Ovidius moralizatus, Giovanni Bonsignori (Ovidio Metamorphoseos Vulgare), Boccaccio (De mulieribus claris) and Christine de Pisan with his Épître d'Othéa. This first part ends with the discussion of the literary sources produced during the sixteenth century, among which the Fabula de Cefalo di Niccolò da Correggio stands out. The influence exercised in Torquato Tasso by a passionate and meticulous reading of the Ovidian version of the myth is also of considerable interest.
The second chapter follows with the presentation of the iconographic sources depicting Cefalo and / or Procri. I have divided the first paragraph dedicated to artistic testimonies relating to the classical world, into two other sub-paragraphs starting from the Greek and Magna Graecia representations, then reaching the Etruscan ones. Among the first examples that immortalize the figure of Cephalus I placed an altar from 480 BC. preserved today in the Regional Archaeological Museum of Gela, in Sicily. Instead, the first Attic artifact that reproduces a female figure attributable with certainty to Procri is a lekythos dated around 450 BC. The first and rarest representation that portrays the two spouses together decorates a crater created by the Painter of Hephaestus in 440-430 BC, now kept in the British Museum in London. In the Etruscan area, no representation of Procri has been documented so far, while Cephalus appears constantly in the act of being kidnapped by Thesan (Eos).
In the second paragraph, I have provided an analysis of the numerous miniatures placed to decorate medieval manuscripts, mainly drawn from the Épître d'Othéa, by Christine de Pisan and Boccaccio's De mulieribus claris.
In the third and final chapter, through a great variety of visual sources, I examined the iconographic fortune that the myth enjoyed throughout the sixteenth century. Therefore, I have dedicated the final space of the essay only to Renaissance iconographic attestations. In the sixteenth century, the first artistic testimony on the myth is represented by the famous Death of Procri di Piero di Cosimo, preserved at the National Gallery in London and which, among other things, is configured as an excellent and example of "box painting", widely used in marriage. The theme inherent in the mythological tale of Cefalo and Procri fascinated and intrigued not only the artists, but also and above all their clients. Therefore, there are many mythological decorations that immortalized the two lovers and that embellished majestic villas, majolica, prints and sumptuous tapestries. Among these, the frescoes of Villa Farnesina and Villa Roberti, the decorated majolica of the Duchy of Urbino, the prints of Bernard Salomon and Virgil Solis and the tapestry belonging to the Gonzaga family are noteworthy.
The myth of Cefalo and Procri was thus able to establish itself in various Italian and foreign realities such as Rome, Urbino, Padua, Brussels, Frankfurt and Fontainebleau. In fact, the various episodes of the story, especially the death of the protagonist, begin to be abundantly painted by Italian and other artists, including Baldassarre Peruzzi, Giulio Romano, Annibale and Agostino Carracci, Veronese, Francesco Xanto Avelli, Bernard Salomon, Hans Leu the Younger and Georg Pencz.
For the iconographic part, at the end of each paragraph, I have also added a brief summary in order to highlight the salient and characteristic features of the figurative testimonies of each era.
With the writing of this paper I set myself several goals. First of all, I thought it appropriate to provide an unprecedented analysis from an iconological and iconographic point of view on the myth of Cephalus and Procri, retracing their genesis and evolution, in order to reach a more complete and satisfactory knowledge on the subject in question. Then, I wanted to deal with his figurative fortune in order to demonstrate how much the treatment of this myth has been undeservedly the object of neglect and lack of interest compared to past and other better-known eras.
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