Tesi etd-06092016-155334 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
LO CALZO, ANTONELLO
URN
etd-06092016-155334
Titolo
L'autodichia degli organi costituzionali. Il difficile percorso dalla sovranità istituzionale dell'organo alla garanzia della funzione.
Settore scientifico disciplinare
IUS/08
Corso di studi
SCIENZE GIURIDICHE
Relatori
tutor Prof. Campanelli, Giuseppe
Parole chiave
- autodichia
- conflitti di attribuzione
- garanzia della funzione
- giurisdizione
- organi costituzionali
- Parlamento
- prerogative
- sovranità istituzionale
Data inizio appello
12/07/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’autodichia indica comunemente la facoltà riconosciuta agli organi costituzionali di decidere autonomamente, e senza l’intervento della giurisdizione esterna, le controversie che possono investire le proprie attività interne. Il termine è stato inteso in modo più o meno ampio nel senso di comprendervi ogni ipotesi di sottrazione alla giurisdizione “esterna” di attività interne all’organo, ovvero restringendone la portata alle specifiche ipotesi di giurisdizione domestica esercitate dagli organi costituzionali nella risoluzione delle controversie insorte con il proprio personale dipendente (e, in alcuni casi, con i terzi che con essi intrattengono rapporti).
Derogando alla normale garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti prevista a livello costituzionale, l’autodichia presenterebbe aspetti di dubbia compatibilità con il modello accolto nel vigente sistema democratico fondato sui principi di eguaglianza e sovranità popolare, pertanto si impone un attento vaglio critico delle ragioni che potrebbero tutt’oggi indurre a mantenere in essere forme di giustizia domestica per gli organi costituzionali.
Nel primo capitolo del lavoro si vuole mettere, appunto, in evidenza il mutamento cui si è assistito nel rapporto tra i poteri con l’adozione della Costituzione repubblicana, in particolare per le garanzie con cui si è voluto proteggere lo svolgimento della funzione giurisdizionale dall’interferenza da parte di altri poteri ed, inoltre, il diverso connotarsi della titolarità della sovranità, non più imputabile agli organi alla stregua di “corpi separati” nello Stato. L’analisi dei dati teorici dovrebbe fornire la base per una verifica della permanenza o meno dei presupposti giustificativi dell’autodichia.
Nel secondo capitolo si è analizzato il “modo” in cui gli organi di giustizia domestica concretamente funzionano, in modo da poterne trarre elementi utili a verificare la loro assimilabilità agli organi giurisdizionali propriamente detti (in particolare quali giurisdizioni speciali). Proprio sotto questo aspetto emergono profili di particolare interesse che evidenziano una prassi interna articolata e di estrema complessità, non sempre in linea con i principi validi nell’ordinamento “generale”.
Al terzo capitolo si passano in rassegna le ipotesi di autodichia attualmente operanti o che hanno operato in passato nel nostro ordinamento, cercando di riscontrare, tra elementi di affinità o di differenziazione, per ognuna di esse, il fondamento e gli sviluppi giurisprudenziali che le hanno caratterizzate.
Il quarto capitolo affronta le più recenti implicazioni concernenti le modalità attraverso le quali operare un controllo di legittimità sull’autodichia, con il passaggio dalla via del giudizio incidentale, preclusa già in passato dall’insindacabilità dei regolamenti parlamentari, alla via del conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, cui la Corte di cassazione e i giudici di merito, dopo le indicazioni fornite dalla Consulta nella sentenza n. 120 del 2014, hanno finalmente fatto accesso.
Il lavoro si conclude con il quinto capitolo ove, dopo aver brevemente analizzato le ipotesi in prospettiva de jure condendo, ci si sofferma sulle implicazioni che potrebbero seguire alle decisioni della Corte costituzionale sui conflitti sollevati, alternativamente dichiarando illegittima tout court l’autodichia, ovvero superando il suo carattere esclusivo attraverso l’estensione della ricorribilità in cassazione avverso i relativi provvedimenti. Da tali scelte consegue necessariamente un nuovo modo di leggere i rapporti tra organi costituzionali e giurisdizione relativamente a quegli ambiti tradizionalmente riservati alle sfere interne degli organi, ma che coinvolgono direttamente i diritti dei cittadini.
Derogando alla normale garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti prevista a livello costituzionale, l’autodichia presenterebbe aspetti di dubbia compatibilità con il modello accolto nel vigente sistema democratico fondato sui principi di eguaglianza e sovranità popolare, pertanto si impone un attento vaglio critico delle ragioni che potrebbero tutt’oggi indurre a mantenere in essere forme di giustizia domestica per gli organi costituzionali.
Nel primo capitolo del lavoro si vuole mettere, appunto, in evidenza il mutamento cui si è assistito nel rapporto tra i poteri con l’adozione della Costituzione repubblicana, in particolare per le garanzie con cui si è voluto proteggere lo svolgimento della funzione giurisdizionale dall’interferenza da parte di altri poteri ed, inoltre, il diverso connotarsi della titolarità della sovranità, non più imputabile agli organi alla stregua di “corpi separati” nello Stato. L’analisi dei dati teorici dovrebbe fornire la base per una verifica della permanenza o meno dei presupposti giustificativi dell’autodichia.
Nel secondo capitolo si è analizzato il “modo” in cui gli organi di giustizia domestica concretamente funzionano, in modo da poterne trarre elementi utili a verificare la loro assimilabilità agli organi giurisdizionali propriamente detti (in particolare quali giurisdizioni speciali). Proprio sotto questo aspetto emergono profili di particolare interesse che evidenziano una prassi interna articolata e di estrema complessità, non sempre in linea con i principi validi nell’ordinamento “generale”.
Al terzo capitolo si passano in rassegna le ipotesi di autodichia attualmente operanti o che hanno operato in passato nel nostro ordinamento, cercando di riscontrare, tra elementi di affinità o di differenziazione, per ognuna di esse, il fondamento e gli sviluppi giurisprudenziali che le hanno caratterizzate.
Il quarto capitolo affronta le più recenti implicazioni concernenti le modalità attraverso le quali operare un controllo di legittimità sull’autodichia, con il passaggio dalla via del giudizio incidentale, preclusa già in passato dall’insindacabilità dei regolamenti parlamentari, alla via del conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, cui la Corte di cassazione e i giudici di merito, dopo le indicazioni fornite dalla Consulta nella sentenza n. 120 del 2014, hanno finalmente fatto accesso.
Il lavoro si conclude con il quinto capitolo ove, dopo aver brevemente analizzato le ipotesi in prospettiva de jure condendo, ci si sofferma sulle implicazioni che potrebbero seguire alle decisioni della Corte costituzionale sui conflitti sollevati, alternativamente dichiarando illegittima tout court l’autodichia, ovvero superando il suo carattere esclusivo attraverso l’estensione della ricorribilità in cassazione avverso i relativi provvedimenti. Da tali scelte consegue necessariamente un nuovo modo di leggere i rapporti tra organi costituzionali e giurisdizione relativamente a quegli ambiti tradizionalmente riservati alle sfere interne degli organi, ma che coinvolgono direttamente i diritti dei cittadini.
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