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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06092014-173320


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
CIAPINI, GIANLUCA
URN
etd-06092014-173320
Titolo
VALUTAZIONE DEL RIASSORBIMENTO OSSEO PERIPROTESICO DOPO PRIMO IMPIANTO DI PROTESI D'ANCA CON STELO CORTO METHA: RISULTATI DOPO 48 MESI DI FOLLOW-UP.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA
Relatori
relatore Prof. Lisanti, Michele
Parole chiave
  • protesi d'anca
  • stelo Metha
  • riassorbimento osseo periprotesico
Data inizio appello
02/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’artroprotesi totale di anca è una procedura di chirurgia ortopedica maggiore molto comune per il trattamento delle patologie degenerative dell’articolazione coxo-femorale. L’elevato numero di pazienti coinvolti, il grande impatto della procedura sulla qualità della vita e la gravità delle conseguenze del fallimento, rendono ragione degli sforzi ancora oggi intensamente eseguiti per lo sviluppo di protesi sicure e durature nel tempo. Il successo a lungo termine di un impianto protesico è frutto di delicati meccanismi che si creano tra osso e protesi “interazione osso-protesi favorevole”. L’impianto della protesi altera sempre la biomeccanica e la fisiologica trasmissione dei carichi a livello articolare, con conseguente adattamento dell’osso il quale è sottoposto a una perdita intraoperatoria acuta e una perdita cronica che si manifesterà tardivamente dall’atto chirurgico quale adattamento morfostrutturale alla nuova biomeccanica. Quando gli “adattamenti” sono sfavorevoli e abnormi, la sorte della protesi è segnata e si sviluppa il graduale fallimento dell’impianto. Quindi, il riassorbimento osseo periprotesico che si realizza a medio-lungo termine dopo l’impianto della protesi totale di anca, rappresenta l’evento che ne condiziona maggiormente il successo e la “longevità”. Questo rimodellamento è il risultato di una complessa interazione tra fattori meccanici intrinseci (caratteristiche meccaniche e qualità dell’osso prima dell’impianto, forma delle componenti scheletriche che dovranno ospitare la protesi e iper o ipo-reattività individuale), estrinseci (materiali di costruzione specialmente in termini di modulo di elasticità, il design, il tipo di fissazione e la presenza di rivestimenti bioattivi) e fattori fisiologici biologici. La perdita ossea periprotesica può essere quindi considerata come un evento inevitabile che condiziona la durata dell’impianto ed appare riconducibile principalmente a due meccanismi d’azione distinti ma collegati tra loro: la mobilizzazione asettica per attivazione di processi infiammatori indotta da piccole particelle derivanti dell’usura dei materiali e l’alterazione del normale trasferimento dei carichi che porta al fenomeno dello stress-schielding. Pur riconoscendo che tali fattori determinanti sono differenti, i due fenomeni presentano, probabilmente, un denominatore comune, l’osteolisi indotta dalla stimolazione dell’osteoclastogenesi. Il rimodellamento osseo, che si realizza nei primi mesi successivi all’intervento, è fondamentale per la fissazione e la stabilità dell’impianto, e rappresenta le fondamenta della possibilità di sopravvivenza a lungo termine della protesi. Ripetuti esami radiografici vengono normalmente eseguiti per valutare la stabilità di un impianto e per verificare la risposta dell’osso che lo ospita, ma per rilevare i piccoli cambiamenti ossei la Rx non è così tanto sensibile. Lo studio in vivo dei fenomeni di rimodellamento periprotesico vede la Dexa come la metodica migliore per valutare variazioni di densità ossea in tale sede già in fasi precoci. La Dexa (Dual energy X-ray absorptiometry) che normalmente viene utilizzata per determinare la densità di massa ossea nella colonna lombare e nella regione prossimale del collo del femore per diagnosticare i disordini metabolici ossei (Mazess  et  al.  1989), in questi casi è sfruttata ed eseguita con un software di rimozione del metallo “hip prosthesis metal removal” per quantificare le variazioni di massa ossea nella zone circostanti l’impianto protesico. Negli studi periprotesici, la Dexa si è rivelata quindi l’esame più sensibile e preciso nel quantificare la densità minerale ossea, con un accettabile coefficiente di variabilità, legato alla posizione e alla rotazione dell’anca, inferiore a 3-4%. Questo sta a significare che variazioni di densità ossea superiori, in plus o in minus, del 3-4% sono legate al processo di rimodellamento. Tenendo presente che l’occhio umano riesce a identificare variazioni di densità radiografica quando queste superano il 30-40% della densità iniziale, fatta salva la perfezione tecnica dell’esecuzione della radiografia, ben si comprende come la Densitometria ossea sia la metodica di scelta per valutare il rimodellamento periprotesico. Sulla base di queste conoscenze infatti, abbiamo eseguito, in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia Clinica (CNR-consiglio nazionale della ricerca) “G.Monasterio” e dopo approvazione del comitato etico, uno studio prospettico per valutare e quantificare gli effetti a lungo termine che lo stelo protesico (stelo corto a presa metafisaria – modello Metha® BBraun) ha provocato nell’osso circostante. Metodo: in accordo con i criteri di inclusione e di esclusione prestabiliti, 20 pazienti (10 uomini e 10 donne) con età media di 59 anni (range 43-74), sono stati arruolati nello studio. Tutti sono stati valutati clinicamente (Harris Hip Score e Womac Score), radiograficamente (Rx in AP e in LL) e tramite Dexa (7 zone di Gruen) secondo un protocollo definito: a T0 (entro sei mesi dall’impianto), a T12 (dopo 12 mesi dall’impianto) a T24 (dopo 24 mesi dall’impianto) a T36 (dopo 36 mesi dall’impianto) a T48 (dopo 48 mesi dall’impianto). Risultati: Harris hip score (HHS) e il Womac score sono migliorati significativamente. Radiograficamente non si sono verificate aree di radiolucenza in tutti i controlli. Abbiamo avuto 2 casi di calcificazioni visibili radiograficamente ma clinicamente non rilevanti. Nessuno stelo è stato revisionato. Non si sono verificati episodi di lussazione. Non sono state documentate infezioni. Tutti i pazienti sono stati operati dal solito chirurgo e con la medesima via d’accesso (Accesso postero-laterale secondo Gibson-Moore). Il BMD periprotesico da T0 a T48 ha mostrato il seguente andamento: (R1 aumentato da 0.73 g/cm2 a 0.73 g/cm2; R2 aumentato da 1.3 g/cm2 a 1.49 g/cm2; R3 aumentato da 1.57 g/cm2 a 1.64 g/cm2; R4 aumentato da 1.57 g/cm2 a 1.59 g/cm2; R5 aumentato da 1.52 g/cm2 a 1.68 g/cm2; R6 aumentato da 1.29 g/cm2 a 1.52 g/cm2; R7 è lievemente calato da 1.07 g/cm2 a 1.02 g/cm2). Conclusioni: dopo un follow-up a lungo termine di 48 mesi è possibile affermare che il trend del BMD periprotesico è stato positivo in tutte le aree di Gruen ad eccezione della zona del Calcar (R7), evitando il riassorbimento delle aree prossimali metafisarie che potrebbe a lungo andare, mettere in crisi la stabilità e la longevità dell’impianto stesso. Si evidenzia inoltre che i più significatici cambiamenti della densità ossea periprotesica, si sono verificati principalmente dal 24 mese in poi. Lo stelo Metha® quindi, grazie alla sua presa metafisaria con conservazione del collo, riesce a ridurre il riassorbimento periprotesico prossimale tipico degli steli lunghi tipo Zwiemuller, prospettando una maggior longevità dell’impianto stesso. Inoltre è stata verificata una discreta variazione dei risultati densitometrici in base all’orientamento dello stelo (in varo e in valgo) mettendo in evidenza una variabilità dei risultati operatore dipendente.
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