Tesi etd-06062013-160007 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CORSI, CLAUDIA
URN
etd-06062013-160007
Titolo
L'ORO BIANCO: L'INDUSTRIA MARMIFERA DELLA ZONA APUANA DAL SECONDO DOPOGUERRA AI PRIMI ANNI '60
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
STUDI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof. Cini, Marco
Parole chiave
- Garfagnana
- marmo
- zona apuana
Data inizio appello
01/07/2013
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
01/07/2053
Riassunto
Nel presente studio verrà esaminata l’evoluzione dell’industria del marmo della zona Apuana che comprende i centri marmiferi di Carrara, Massa, Equi, Seravezza e Garfagnana, siti nella provincia di Massa Carrara e di Lucca, poiché, nonostante l’Italia sia un paese ricco di marmi e di pietre ornamentali e quasi tutte le regioni possiedano giacimenti di detti materiali, questa zona è di gran lunga la più importante.
Il “modello carrarese” basava le sue fortune sull’esportazione; infatti bisogna ricordare che questo materiale considerato (forse erroneamente, come vedremo) di lusso trovava maggior impiego nel mercato estero.
Nonostante il nostro studio si concentri in particolare nel secondo dopoguerra, è stato utile soffermarsi brevemente sull’anno 1926, cioè sul periodo in cui furono raggiunti i più alti livelli di escavazione e di esportazione. La politica di Quota 90, la crisi del '29, la congiuntura internazionale colpirono in particolar modo i settori basati sull’esportazione. Il commercio del marmo subì quindi una battuta d’arresto, infatti, dagli anni '20 alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale si passò dalle 301.532 tonnellate esportate nell’anno 1926 alle 15.917 tonnellate spedite nel 1941.
Lo scoppio della guerra portò morte e distruzione, la popolazione cadde in miseria, i bombardamenti distrussero impianti, abitazioni e infrastrutture. Anche il trattato di pace penalizzava l’Italia: i principali paesi consumatori di questa pietra imposero restrizioni alle importazioni di “materiali non essenziali” ed inoltre innalzarono i dazi doganali. L’industria marmifera nel dopoguerra dovette quindi adattarsi ai nuovi scenari, orientandosi verso nuovi mercati ed incentivando il consumo nel mercato interno; risalgono a questo periodo le diverse disposizioni relative all’impiego di marmi nelle costruzioni edili nazionali.
Nonostante la chiusura dei mercato esteri, a partire dal 1947 si registrò una ripresa delle vendite grazie al mercato interno. Il 1948 fu un anno difficile per l’industria marmifera, causato anche dall’annuncio dello sganciamento del colosso Montecatini dal settore marmi; la contrazione delle vendite risaliva al lento andamento della ricostruzione, alla contrazione del credito e al permanere delle barriere doganali protettive. Il commercio estero negli anni '50 quindi riprese ad assumere connotati positivi grazie anche all’istituzione dell’Oece, organismo nato, fra l’altro per agevolare la liberazione degli scambi. L’economia italiana nella metà degli anni '50 innestò marce sempre più alte grazie anche alla partecipazione al M.E.C; Tutte queste misure favorivano in particolar modo le merci destinate al mercato dell’esportazione.
Il “modello carrarese” basava le sue fortune sull’esportazione; infatti bisogna ricordare che questo materiale considerato (forse erroneamente, come vedremo) di lusso trovava maggior impiego nel mercato estero.
Nonostante il nostro studio si concentri in particolare nel secondo dopoguerra, è stato utile soffermarsi brevemente sull’anno 1926, cioè sul periodo in cui furono raggiunti i più alti livelli di escavazione e di esportazione. La politica di Quota 90, la crisi del '29, la congiuntura internazionale colpirono in particolar modo i settori basati sull’esportazione. Il commercio del marmo subì quindi una battuta d’arresto, infatti, dagli anni '20 alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale si passò dalle 301.532 tonnellate esportate nell’anno 1926 alle 15.917 tonnellate spedite nel 1941.
Lo scoppio della guerra portò morte e distruzione, la popolazione cadde in miseria, i bombardamenti distrussero impianti, abitazioni e infrastrutture. Anche il trattato di pace penalizzava l’Italia: i principali paesi consumatori di questa pietra imposero restrizioni alle importazioni di “materiali non essenziali” ed inoltre innalzarono i dazi doganali. L’industria marmifera nel dopoguerra dovette quindi adattarsi ai nuovi scenari, orientandosi verso nuovi mercati ed incentivando il consumo nel mercato interno; risalgono a questo periodo le diverse disposizioni relative all’impiego di marmi nelle costruzioni edili nazionali.
Nonostante la chiusura dei mercato esteri, a partire dal 1947 si registrò una ripresa delle vendite grazie al mercato interno. Il 1948 fu un anno difficile per l’industria marmifera, causato anche dall’annuncio dello sganciamento del colosso Montecatini dal settore marmi; la contrazione delle vendite risaliva al lento andamento della ricostruzione, alla contrazione del credito e al permanere delle barriere doganali protettive. Il commercio estero negli anni '50 quindi riprese ad assumere connotati positivi grazie anche all’istituzione dell’Oece, organismo nato, fra l’altro per agevolare la liberazione degli scambi. L’economia italiana nella metà degli anni '50 innestò marce sempre più alte grazie anche alla partecipazione al M.E.C; Tutte queste misure favorivano in particolar modo le merci destinate al mercato dell’esportazione.
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