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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06052023-102958


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
FERRARI VIVALDI, MICHELA
URN
etd-06052023-102958
Titolo
Tra cielo e mare. Iconografia delle sirene dalle origini al XIX secolo
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
  • mermaid
  • mermaids
  • siren
  • sirena
  • sirene
  • sirens
Data inizio appello
06/07/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/07/2093
Riassunto
Tutta la storia delle sirene è caratterizzata dalla metamorfosi. In uno dei miti che attesta la loro nascita le si vede venire al mondo dal sangue sgorgante dal corno del loro presunto padre, il fiume Acheloo. In un secondo mito, da ragazze comuni, ricevono le ali come punizione di Cerere per la perdita di Persefone o come aiuto della dea per le ricerche della figlia svanita. In un terzo racconto, infine, vengono loro strappate le suddette ali per aver sfidato e perso una gare di canto con le Muse.
Le trasformazioni continuano nei più svariati ambiti in cui le troviamo: seducenti creature onniscienti nell’ “Odissea”, cantanti che presiedono i moti dei cieli in Platone, prefiche nelle tragedie di Euripede. Ciò si ripercuote anche nelle rappresentazioni artistiche dove ritroviamo le sirene come decorazioni di oggetti di uso quotidiano per la cura dell’aspetto e come guardiani alle tombe dei defunti. La varietà di utilizzi e situazioni in cui troviamo le sirene unita ad una vaga e non dettagliata descrizione delle stesse in qualsiasi opera antica porta alla conclusione che la figura e le caratteristiche delle suddette fossero talmente palesi e note da non necessitare maggiori spiegazioni quando venivano utilizzate. Ciò comporta la perdita ai nostri giorni di conoscenze palesi per gli antichi greci, ma non per noi, che necessiteremo sempre di un pezzo mancante e presumibilmente, non rintracciabile per comprendere appieno il personaggio sirena.
Con l’avvento del Cristianesimo la sirena acquista nuovi aspetti. Già un paio di secoli prima con le traduzioni della “Bibbia” dall’aramaico al greco vengono aggiunti nuovi significati al termine sirena, la quale perde la capacità di volare e, legata alle parole aramaiche tannim e benot ya ‘nah, viene assimilata a diverse bestie del deserto primo fra tutte lo struzzo, l’animale incapace di librarsi, ma dalle piume ritenute bellissime. E la beltà è un ulteriore caratteristica che dall’epoca cristiana verrà attribuita alle sirene. La rilettura dei miti classici nei primi secoli dopo Cristo in ottica messianica, interessa particolarmente la figura di Ulisse, visto sia come Cristo, che guida la barca/chiesa per condurla al porto sicuro cioè alla salvezza eterna, sia come il credente che naviga il mare della vita ricca di tentazioni. Una di queste è la lussuria che prende il colto, nella rilettura del poema omerico, proprio delle sirene. La patristica si divide, tuttavia, su come le sirene ammalassero i cristiani: per alcuni, come sopraddetto, è la pura bellezza la loro caratteristica principale, mentre per altri rimane la classica onniscienza intrinseca nella loro natura originaria ad essere desiderata, a richiamo del peccato originale commesso da Eva per aver mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male.
La divulgazione del cristianesimo in tutta Europa, e specialmente nel nord, porta, quindi, personaggi classici, riletti in una nuova otica, ad unirsi a nuove creature provenienti dalle mitologie e dalle religioni autoctone. E’ qui che le sirene mutano nuovamente e acquistano la coda di pesce; caratteristica che non comporta la scomparsa della sirena-uccello, ma la convivenza di entrambe le forme nelle arti figurative di quella ittiomorfa.
Più si procede nei secoli del Medioevo, più l’origine classica delle sirene in occidente viene dimenticata arrivando alle soglie dell’età moderna dove la sirena è riconosciuta quasi esclusivamente come simbolo di peccato. A seconda dei vari attributi con cui è presentata, si può riconoscere un peccato specifico: comuni sono le raffigurazioni con un pettine o uno specchio ad indicare la vanità.
Con i nuovi rapporti istaurati con l’Oriente nel corso del ‘400 si rianima la letteratura classica, mai dimenticata nell’area di influenza di Costantinopoli e i poemi omerici sono tra i primi ad essere riscoperti. Nella maggior parte dei casi, nel secolo successivo, si ha in campo figurativo una commistione tra le tradizioni: il mito di Ulisse e le sirene viene nuovamente rappresentato, tuttavia queste ultime non hanno più ali, ma code di pesce. Le donne-uccello trovano spazio nelle grottesche dove la perduta distinzione tra le sirene e le arpie, non permette di separare le une dalle altre. Per tutto il XVII e XVIII secolo si ha quasi una totale mancanza di raffigurazione di sirene sia singole che accompagnate da Ulisse. Bisogna aspettare il Romanticismo per la riscoperta delle creature acquatiche in parte assimilate già in epoca medievale alle sirene, che compiono una nuova metamorfosi: dal mito passano alla fiaba. Sono “Ondina” di Fouqué e “La sirenetta” di Andersen a cementare nell’immaginario collettivo la sirena come donna per metà pesce che perdura tutt’oggi.


The whole history of sirens is characterized by metamorphosis. In one of the myths that attests their birth, they are seen coming into the world from the blood flowing from the horn of their alleged father, the Achelous River. In a second myth, as ordinary girls, they receive wings as a punishment from Ceres for the loss of Persephone or as an aid to the goddess in searching for her vanished daughter. Finally, in a third story, their wings are torn off for having challenged and lost a singing competition with the Muses.
The transformations continue in the most varied areas in which we find them: seductive omniscient creatures in the "Odyssey", singers who preside over the motions of the heavens in Plato, mourners in the tragedies of Euripede. This is also reflected in the artistic representations where we find sirens as decorations of everyday objects for the care of appearance and as guardians of the tombs of the deceased. The variety of uses and situations in which we find sirens combined with a vague and non-detailed description of them in any ancient work leads to the conclusion that the figure and characteristics of the aforementioned were so obvious and well-known that they did not require further explanations when they were used. This results in the loss of obvious knowledge to the ancient Greeks today, but not to us, who will always need a missing and presumably untraceable piece to fully understand the mermaid character.
With the advent of Christianity, the siren acquires new aspects. Already a couple of centuries earlier, with the translations of the "Bible" from Aramaic to Greek, new meanings were added to the term siren, which lost the ability to fly and, linked to the Aramaic words tannim and benot ya 'nah, was assimilated to various beasts of the desert first of all the ostrich, the animal unable to hover, but with feathers considered beautiful. And beauty is a further characteristic that from the Christian era will be attributed to the sirens. The rereading of the classical myths in the first centuries after Christ from a messianic point of view, particularly interests the figure of Ulysses, seen both as Christ, who guides the boat/church to lead it to the safe port, i.e. to eternal salvation, and as the believer who navigates the sea of a life full of temptations. One of these is the lust that takes the cultured, in the rereading of the Homeric poem, of the sirens. Patristics is divided, however, on how sirens sickened Christians: for some, as mentioned above, their main characteristic is pure beauty, while for others the classic omniscience intrinsic in their original nature remains to be desired, as a reminder of sin original committed by Eve for eating of the tree of the knowledge of good and evil.
The dissemination of Christianity throughout Europe, and especially in the north, therefore leads classic characters, reinterpreted in a new perspective, to join new creatures from the mythologies and native religions. It is here that the mermaids mutate again and acquire the fish tail; a feature that does not involve the disappearance of the siren-bird, but the coexistence of both forms in the figurative arts of the ichthyomorphic one.
The more we proceed in the Middle Ages, the more the classical origin of the sirens in the West is forgotten, arriving at the threshold of the modern age where the siren is recognized almost exclusively as a symbol of sin. Depending on the various attributes with which it is presented, a specific sin can be recognized: common are the representations with a comb or a mirror to indicate vanity.
With the new relations established with the East during the 15th century, classical literature revived, never forgotten in the area of influence of Constantinople and the Homeric poems were among the first to be rediscovered. In most cases, in the following century, there is a mingling of traditions in the figurative field: the myth of Ulysses and the sirens are represented again, however the latter no longer have wings, but fish tails. The bird-women find space in the grotesques where the lost distinction between the sirens and the harpies does not allow one to be separated from the other. Throughout the 17th and 18th centuries there is an almost total lack of representation of sirens both single and accompanied by Ulysses. We have to wait for Romanticism for the rediscovery of aquatic creatures in part already assimilated in medieval times to sirens, who make a new metamorphosis: from myth they pass to fairy tale. It is Fouqué's "Ondina" and Andersen's "The Little Mermaid" that cement the mermaid as a half-fish woman in the collective imagination that still endures today.
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