Tesi etd-06042014-204639 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SORRENTINO, VINCENZO
URN
etd-06042014-204639
Titolo
LA NATIONE FIORENTINA A NAPOLI E LA SUA CHIESA TRA IL XVI E IL XVII SECOLO
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof.ssa Sicca, Cinzia Maria
Parole chiave
- artistic patronage
- chiesa nazionale
- Firenze
- Florence
- Florentine merchants
- mercanti fiorentini
- Naples
- Napoli
- national church
- patronati
- XVI century
- XVI secolo
- XVII century
- XVII secolo
Data inizio appello
30/06/2014
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
30/06/2084
Riassunto
La mia tesi di laurea si propone di analizzare gli scambi artistici e culturali avvenuti tra Firenze e Napoli tra il XVI e il XVII secolo, concentrando l’attenzione sulla chiesa della natione fiorentina a Napoli. La pratica assai diffusa tra i Fiorentini residenti all’estero di commissionare opere ad artisti loro connazionali si istituzionalizza all’interno della chiesa, cosicché quest’ultima, ai primi del ‘600, si propone come un tempio della pittura e della scultura fiorentina dell’ultimo quarto del Cinquecento. Lo studio della chiesa, inoltre, si presterà come l’occasione per approfondire le modalità e i termini dell’insediamento di alcune delle più importanti famiglie di mercanti e banchieri fiorentini nella capitale del vicereame.
Sebbene la chiesa non esista più, poiché demolita nel 1953, essendo “di limitato valore artistico”, essa fu, invero, luogo privilegiato di interazione tra mercanti fiorentini, madrepatria e potere locale, oltre che “banco di prova” per molti degli artisti fiorentini operanti a Napoli. Sul modello dell’omologa e omonima fabbrica romana, San Giovanni dei Fiorentini era stata concepita come espressione forte della comune provenienza dei ricchi mercanti, che mossero la chiesa nazionale da un luogo che, alla metà del Cinquecento, veniva percepito come periferico e legato alle pratiche più “basse” della mercatura, poiché vicino al porto, verso il nuovo centro del potere, costituito dal palazzo vicereale.
Consapevoli del loro nuovo status e delle radici che molti di essi mettevano a Napoli, facilitati da un cursum honoris che non era precluso ai forestieri, i mercanti potevano giovarsi anche di privilegi feudali e titoli nobiliari, dando vita a rami napoletani di famiglie fiorentine.
Il mio lavoro cercherà prima di tutto di delineare le zone in cui si concentravano le nationes straniere e i Fiorentini, in particolare, passando, poi, ad analizzare i rapporti intercorsi tra i viceré e i membri della casa regnante fiorentina.
Prenderò, poi, in esame la prima chiesa della nazione, in cui mercanti come gli Strozzi ipotizzarono di realizzare una sepoltura, e alcuni esempi di mecenatismo fiorentino che, invece, si esplicarono al di fuori delle mura della chiesa nazionale. Della fabbrica più nota saranno considerate le singole cappelle, le commissioni di scultura e il mecenatismo del Nunzio Apostolico, Iacopo Aldobrandini, all’inizio del ‘600.
Negli ultimi capitoli sarà presa in esame, invece, la “fase calante” della storia dell’edificio che veniva descritto, dopo nemmeno un secolo a mezzo dalla sua elezione a monumento nazionale, come “in rischio di rovina”. Gli interventi di restauro che si successero nel XVIII secolo e un inedito intervento di Ferdinando Fuga occuperanno il capitolo sul Settecento.
Nell’Ottocento la facciata della chiesa verrà rifatta interamente, conferendo alla chiesa una facies più da palazzo fiorentino del ‘400 che non da chiesa. Infine nel secolo scorso, dopo un progetto approvato sotto il regime fascista che prevedeva la conversione del quartiere in cui la chiesa sorgeva a fini residenziali e il continuo rinvio della demolizione in conseguenza della guerra, l’edificio venne demolito nel 1953 a causa di pressioni esterne e impegni da mantenere.
A quello di reimpiegare il materiale lapideo nella nuova chiesa fondata al Vomero, quartiere a Nord di Napoli, invece, non si tenne fede e molte delle lapidi e dei marmi provenienti dalla vecchia fondazione giacciono muti nella cripta della chiesa dei SS. Apostoli, negando a Napoli e a Firenze parte della loro storia.
Sebbene la chiesa non esista più, poiché demolita nel 1953, essendo “di limitato valore artistico”, essa fu, invero, luogo privilegiato di interazione tra mercanti fiorentini, madrepatria e potere locale, oltre che “banco di prova” per molti degli artisti fiorentini operanti a Napoli. Sul modello dell’omologa e omonima fabbrica romana, San Giovanni dei Fiorentini era stata concepita come espressione forte della comune provenienza dei ricchi mercanti, che mossero la chiesa nazionale da un luogo che, alla metà del Cinquecento, veniva percepito come periferico e legato alle pratiche più “basse” della mercatura, poiché vicino al porto, verso il nuovo centro del potere, costituito dal palazzo vicereale.
Consapevoli del loro nuovo status e delle radici che molti di essi mettevano a Napoli, facilitati da un cursum honoris che non era precluso ai forestieri, i mercanti potevano giovarsi anche di privilegi feudali e titoli nobiliari, dando vita a rami napoletani di famiglie fiorentine.
Il mio lavoro cercherà prima di tutto di delineare le zone in cui si concentravano le nationes straniere e i Fiorentini, in particolare, passando, poi, ad analizzare i rapporti intercorsi tra i viceré e i membri della casa regnante fiorentina.
Prenderò, poi, in esame la prima chiesa della nazione, in cui mercanti come gli Strozzi ipotizzarono di realizzare una sepoltura, e alcuni esempi di mecenatismo fiorentino che, invece, si esplicarono al di fuori delle mura della chiesa nazionale. Della fabbrica più nota saranno considerate le singole cappelle, le commissioni di scultura e il mecenatismo del Nunzio Apostolico, Iacopo Aldobrandini, all’inizio del ‘600.
Negli ultimi capitoli sarà presa in esame, invece, la “fase calante” della storia dell’edificio che veniva descritto, dopo nemmeno un secolo a mezzo dalla sua elezione a monumento nazionale, come “in rischio di rovina”. Gli interventi di restauro che si successero nel XVIII secolo e un inedito intervento di Ferdinando Fuga occuperanno il capitolo sul Settecento.
Nell’Ottocento la facciata della chiesa verrà rifatta interamente, conferendo alla chiesa una facies più da palazzo fiorentino del ‘400 che non da chiesa. Infine nel secolo scorso, dopo un progetto approvato sotto il regime fascista che prevedeva la conversione del quartiere in cui la chiesa sorgeva a fini residenziali e il continuo rinvio della demolizione in conseguenza della guerra, l’edificio venne demolito nel 1953 a causa di pressioni esterne e impegni da mantenere.
A quello di reimpiegare il materiale lapideo nella nuova chiesa fondata al Vomero, quartiere a Nord di Napoli, invece, non si tenne fede e molte delle lapidi e dei marmi provenienti dalla vecchia fondazione giacciono muti nella cripta della chiesa dei SS. Apostoli, negando a Napoli e a Firenze parte della loro storia.
File
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