Tesi etd-06042012-222412 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
GUIGGI, ILARIA
URN
etd-06042012-222412
Titolo
Il trattamento integrato chirurgico e chemioterapico nel carcinoma ovarico avanzato: stato dell'arte e prospettive di ricerca clinica
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Gadducci, Angiolo
Parole chiave
- ascite
- bevacizumab
- carboplatino
- carcinoma ovarico
- debulking
- malattia residua
- sopravvivenza
- taxolo
Data inizio appello
26/06/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/06/2052
Riassunto
RIASSUNTO
Il carcinoma ovarico è il sesto più comune tumore femminile a livello mondiale, ma rappresenta la più comune causa di morte per neoplasia ginecologica nei paesi industrializzati. La strategia terapeutica del carcinoma ovarico prevede la chirurgia citoriduttiva primaria, seguita da terapia medica a base di carboplatino e taxolo, ma recenti studi clinici randomizzati di fase III hanno riportato promettenti risultati con l’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia standard.
Scopo di questa tesi è stato quello di analizzare quali erano le variabili clinico.-patologiche significative per la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale in funzione delle variabili clinico-patologiche in una serie di 136 pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato (IIB-IV) sottoposte a una chirurgia citoriduttiva primaria di prima istanza seguita da sei cicli di chemioterapia a base di platino e taxolo. presso la Chirurgia Ginecologica di Pisa tra marzo 1996 e febbraio 2011.
L’ analisi multivariata ha dimostrato che la presenza di ascite (RR= 2.4061, IC 95% 1,2883-4.4940) e la malattia residua >1cm (RR= 2.0354, IC 95% 1,0198 -4.0624) sono variabili prognostiche indipendenti per il rischio di morte.
La sopravvivenza globale a 5 e 7 anni erano 47% e 45%, rispettivamente, nelle pazienti con ascite clinicamente evidente vs 82% e 69% in quelle prive di ascite (log-rank test= 17.5, p=0.0003) ed erano 79 % e 69% rispettivamente, per le donne con malattia residua <1cm vs 54% e 47% per quelle con residuo di malattia più voluminoso (log-rank test= 12.8, p=0.0003). La citoriduzione chirurgica comportava quindi un beneficio in sopravvivenza alle pazienti nelle quali era stata asportata tutta la malattia macroscopicamente presente.
Una sempre maggiore aggressività chirurgica, possibile solo con una proficua e costante collaborazione tra il ginecologo oncologo ed un chirurgo generale dedicato, con la disponibilità di adeguati servizi di rianimazione e di terapia intensiva e l’ utilizzo di terapia a bersaglio molecolare rivolte soprattutto nei confronti del’ angiogenesi, consentiranno in un prossimo futuro di migliorare la prognosi delle pazienti con carcinoma ovarico avanzato
Il carcinoma ovarico è il sesto più comune tumore femminile a livello mondiale, ma rappresenta la più comune causa di morte per neoplasia ginecologica nei paesi industrializzati. La strategia terapeutica del carcinoma ovarico prevede la chirurgia citoriduttiva primaria, seguita da terapia medica a base di carboplatino e taxolo, ma recenti studi clinici randomizzati di fase III hanno riportato promettenti risultati con l’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia standard.
Scopo di questa tesi è stato quello di analizzare quali erano le variabili clinico.-patologiche significative per la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale in funzione delle variabili clinico-patologiche in una serie di 136 pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato (IIB-IV) sottoposte a una chirurgia citoriduttiva primaria di prima istanza seguita da sei cicli di chemioterapia a base di platino e taxolo. presso la Chirurgia Ginecologica di Pisa tra marzo 1996 e febbraio 2011.
L’ analisi multivariata ha dimostrato che la presenza di ascite (RR= 2.4061, IC 95% 1,2883-4.4940) e la malattia residua >1cm (RR= 2.0354, IC 95% 1,0198 -4.0624) sono variabili prognostiche indipendenti per il rischio di morte.
La sopravvivenza globale a 5 e 7 anni erano 47% e 45%, rispettivamente, nelle pazienti con ascite clinicamente evidente vs 82% e 69% in quelle prive di ascite (log-rank test= 17.5, p=0.0003) ed erano 79 % e 69% rispettivamente, per le donne con malattia residua <1cm vs 54% e 47% per quelle con residuo di malattia più voluminoso (log-rank test= 12.8, p=0.0003). La citoriduzione chirurgica comportava quindi un beneficio in sopravvivenza alle pazienti nelle quali era stata asportata tutta la malattia macroscopicamente presente.
Una sempre maggiore aggressività chirurgica, possibile solo con una proficua e costante collaborazione tra il ginecologo oncologo ed un chirurgo generale dedicato, con la disponibilità di adeguati servizi di rianimazione e di terapia intensiva e l’ utilizzo di terapia a bersaglio molecolare rivolte soprattutto nei confronti del’ angiogenesi, consentiranno in un prossimo futuro di migliorare la prognosi delle pazienti con carcinoma ovarico avanzato
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