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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06032015-152429


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MUSSE ALI, NURA
URN
etd-06032015-152429
Titolo
Il corpo nel contratto. Dignità umana e autodeterminazione
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Breccia, Umberto
Parole chiave
  • dignità umana
  • corpo
  • contratto
  • autodeterminazione
  • mercificazione
Data inizio appello
19/06/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
1. L’avanzare e il progredire dei diversi saperi umani ha portato la centralità dell’esperienza corporea.
Innanzittutto, occorre chiarire il concetto di corpo. Infatti, superando l’antica concezione platonica secondo cui la persona era qualcosa di distinto dal suo corpo, si giunge, secondo la somma dei saperi del ventunesimo, alla conclusione che il corpo sia in realtà la persona umana in quanto tale e non la somma dei vari organi che un tempo si riteneva componessero una parte della persona.
Il corpo non è, dunque, la dimora di un qualcosa di scindibile dall’umano, ma rappresenta la persona nella sua autenticità in quanto altrimenti non è possibile incontrare realmente un essere umano.
2.<<Il corpo non ha mai smesso di attirare la curiosità e l’interesse di tutti coloro che riflettono sull’uomo>>, ma non ha mai avuto uno statuto esauriente. Anche là dove si è proceduto alla regolamentazione, le direttive-guida hanno quasi sempre finito il favorire il mercato piuttosto che la preservazione dell’umanità in sé(art. 5 cc; art. 3 Carta dei Diritti).
Il commercio degli organi, l’esposizione dell’intero corpo al pubblico, la locazione degli uteri di giovani madri, l’equiparazione della prostituzione ad una qualunque attività lavorativa da parte dalla Corte di Giustizia Europea, portano a chiedersi: che cosa sia vendibile realmente; che cosa possa essere ceduto gratuitamente; che cosa sia infine, essere, almeno teoricamente, fuori dal mercato in quanto non rientri tra i beni commerciabili, poiché alienarlo equivarrebbe a minare seriamente la completezza dell’essere.
Orbene, dal momento che il corpo può essere considerato in un contratto si rende necessario delineare i percorsi possibili e suggerire auspicabili indirizzi od orientamenti pur senza la pretesa di dire parole risolutive.
3.La libertà, la dignità (e così pure l’autodeterminazione) assumono significati diversi a seconda dell’opzioni individuali. Ciò che taluno reputa dignitoso può essere infamante per un altro. Quel che, per una persona può essere espressione di libertà può essere sentito come una vera e propria schiavitù da un’altra persona.
4. Il chiarimento dei concetti in esame(dignità umana, autodeterminazione e libertà che, è bene precisare, non concide con l’autodeterminazione tout court) risulta essere il presupposto imprescindibile per stabilire quando si possa parlare effettivamente di <<uso mercantilistico>> del corpo e quindi della lesione della dignità umana.
I richiami alla dignità umana, alla libertà e all’autodeterminazione possono presentarsi in tutti i frammenti di natura giuridica. Si rende allora necessario un approfondimento della ricerca. Le decisioni giudiziarie, i provvedimenti normativi, gli scritti della dottrina spesso si fondano su argomentazioni camaleontiche che talvolta sembrano seguire percorsi troppo lontani dal reale. Il fine primo e ultimo di ogni ricerca umana dovrebbe essere, quello di <<dire sì alla vita e non combattere contro di essa>>. E, poiché <<non vi è un limite assoluto alla presenza del diritto>>, esso dovrebbe rispecchiare <<la condizione concreta delle persone: non per limitarne l’autonomia, ma per renderla effettiva.>>
5. Orbene, sebbene l’extrapatrimonialità del corpo umano sia prevista in vari trattati, fonti di norme vincolanti, l’uomo “vive” nel contratto così come le rane vivono nelle paludi. I detti trattati, infatti, non hanno un’applicazione a tal punto estesa da coprire tutti i possibili casi in cui l’essere umano possa essere oggetto di vendita.
E tutto ciò ha comportato che gli ambiti scoperti, che sono la maggioranza, si estendessero a più non posso.
<<Alla base del diritto privato, vi è un principio generale di libertà, per cui è lecito e valido tutto ciò che non è proibito.>> Ai privati è permesso di alienare tutto ciò che non è vietato per legge. Di qui la proliferazione di professioni che prevedono l’uso in senso proprio del corpo, portando in alcuni casi a una forte mercificazione o, in casi estremi, a una vera e propria schiavitù.
6. In realtà il corpo del lavoratore è, sin dall’età della pietra, al centro del contratto di lavoro, ma il mondo del diritto si è accorto della questione con estremo ritardo. Infatti, come rileva uno dei maggiori lavoristi francesi contemporanei il corpo della persona lavoratrice è stato considerato da troppo tempo come una sorta di
<<maschera>> dietro la quale la persona agisce, luogo ove il suo intimo non possa essere ferito. In quest’ottica la scienza giuridica pare fosse restia ad ammettere una verità tanto sgradevole, poiché il dichiarare che ad essere commercializzato fosse il corpo umano e non soltanto l’energia della persona, come l’apparenza suggeriva, offendeva il sentire generale secondo cui il corpo è un “bene”, un valore extrapatrimoniale.
L’uomo sostanzialmente è un lavoratore, vive in quanto produttore di qualche utilità per un altro uomo e per fare ciò deve vendere, mercificare qualcosa di se stesso. Questo qualcosa può essere (almeno nella nostra epoca, non potendosi escludere la possibilità che ci potranno essere tempi in cui saranno inventate nuove professioni) l’intelletto o la forza muscolare ma può anche consistere in un’altra capacità-qualità personale come, per esempio, la bellezza. Così accade, per esempio, nel caso della moda dove si aliena al datore di lavoro lo status attuale del proprio corpo. Infatti, qualora dovesse cambiare l’aspetto del prestatore o a causa del famigerato nemico dell’uomo, il tempo, o per scarsa cura della dieta, come si usa dire, il datore di lavoro può recedere di diritto dal contratto dal momento che la controparte non è più nella condizione di poter assolvere la prestazione per cui era stata reclutata.
Orbene, è necessario prendere in considerazione, nella tutela della salute del lavoratore, le parti del corpo che sono coinvolte nell’attività da lui svolta. A seconda della mansione svolta dal lavoratore, questi necessita di essere tutelato in modo specifico e talvolta difforme rispetto alla generalità dei lavoratori che non sono del suo settore. Per esempio, un traduttore di romanzi, di libri in genere, ha bisogno di una tutela diversa rispetto ad una lavoratrice di un call center. Se il primo vede <<consumati>> sia la vista che le mani, il secondo dovrebbe temere per l’udito e i nervi ad esso connessi. A questo proposito si parla di malattie tumorali che si sviluppano a causa della eccessiva persistenza presso le onde elettromagnetiche proprie di questi macchinari, dei computers e dei cellulari.
7. In queste circostanze, infatti, queste persone si riducono ad essere un mezzo, uno strumento, una <<merce>> nelle mani di altre persone che li valutano, li misurano alla stregua di un oggetto esposto sulla bancarella del mercato in antitesi con <<la formula kantiana secondo cui [è vietato] “degradare l’uomo a oggetto, semplice strumento, entità fungibile”>>.
Il termine merce viene abitualmente utilizzato per indicare un bene di valore economico pronto allo sfruttamento all’interno di un sistema economico. Orbene con l’espressione mercificazione si indicherebbe la realizzazione di quel particolare processo con cui un bene abitualmente estraneo al mercato giunge alla stregua di un bene comune e commerciabile all’interno di un dato sistema di mercato.
Una delle caratteristiche peculiari di qualunque prodotto è quello di avere un proprietario. Ciò significa che sui propri beni si ha un potere sostanzialmente illimitato di disposizione. Dunque il proprietario ha sia il potere legale di custodire con cura ma anche quello di vendere o donare e persino quello di distruggere.
8. Allo stesso modo, è opinione corrente che ciascun essere umano, dotato della capacità di intendere e di agire, sia proprietario di se stesso. Questa convinzione è rafforzata dalla valorizzazione e sacralizzazione della volontà del paziente: il medico deve assolutamente astenersi da ogni intromissione qualora il paziente non fosse d’accordo su una certa cura o su un certo intervento. (diverso l’orientamento del mondo anglossassone dove si sostiene che un individuo non può essere propriotario di se stesso, di qualcosa che non è separto da se stesso: caso Bentam v. Queen).
Dunque, col ripudio esplicito del paternalismo, si è pervenuti a proclamare che ciascun essere umano può compiere, per sé e su di sé, tutto ciò che al momento sembra confacente alle esigenze personali. E non deve essere né il medico né tanto meno lo Stato a suggerirgli cosa fare sul proprio corpo. Il potere di mercificare il proprio corpo, nonché la propria immagine, è nelle mani di ciascun individuo ed è quindi insindacabile dal punto di vista giuridico, se non nelle rare occasioni esplicitamente previste dalla legge.
9. La questione sarebbe senza dubbio di per sé risolta se non fossimo di fronte alle cosiddette <<schiavitù contemporanee>> o comunque a rapporti in cui l’uomo diviene una res, valutata e utilizzata da un altro uomo. Nelle società odierne permane la schiavitù, sotto mentite spoglie. La schiavitù contemporanea va dai matrimoni forzati fino al <<traffico del sesso>> e queste problematiche continuano ad esistere nonostante siano state condannate dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. (art. 4: nessun individuo può essere tenuto in stato di schiavitù e tale pratica sarà proibita sotto qualunque forma).
È importante notare che le “schiavitù contemporanee” sono più pericolose rispetto a quelle con cui il mondo giuridico precedente era abituato a confrontarsi, poiché paiono essere fondate sul consenso se pure si tratti di un consenso fortemente viziato dallo stato di necessità.
10. Spetta in definitiva allo Stato, in conformità col precetto kantiano secondo cui <<l’uomo è al di sopra di qualunque prezzo […] e non può essere considerato come un mezzo per fini altrui, o anche per i propri fini, ma un fine in se stesso>> (poiché <<egli possiede una dignità mediante cui costringe tutte le […] creature ragionevoli [compreso se stesso] al rispetto della sua persona>>,) di farsi garante dell’integrità, in senso proprio, della persona umana.
Dunque, è comprensibile come non sia più sufficiente la sola regolamentazione attuale del mercato che presenta ancora l’antica visione dell’uomo. Infatti il tempo dell’umanesimo classico in cui il corpo era un unità assoluta è ormai tramontata da tempo e oggi può parlarsi quello che gli esperti definiscono “l’etica delle parti”. Un esempio di questa nuova “spartizione” potrebbe essere quello delle stars e delle celebrità. In questo ambito, infatti, non è insolito sentir parlare di assicurazione ma non più sulla vita come succedeva nel sistema classico. L’assicurazione è posto sulle singole parti del corpo, così si parla di assicurazione sulle gambe, sul seno, sulle labbra e persino sul fondoschiena. Questo perché il corpo, lo ricordiamo ancora, che è la persona, non è visto come un insieme unico ma come un gioiello stratificato e perciò smontabile, i cui vari pezzi potrebbero, perire, perdersi, modificarsi, peggiorare o essere migliorati nel tempo.
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