Tesi etd-05292009-095813 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
MUSCAS, EMANUELA
URN
etd-05292009-095813
Titolo
I confini della giurisdizione di responsabilità amministrativa della Corte dei conti
Settore scientifico disciplinare
IUS/10
Corso di studi
DIRITTO PUBBLICO DELL'ECONOMIA, FINANZA E PROCESSO TRIBUTARIO
Relatori
Relatore Dott.ssa Cavallini Cadeddu, Lucia
Parole chiave
- Corte dei conti
- giurisdizione
- responsabilità amministrativa
Data inizio appello
06/07/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/07/2049
Riassunto
Fin dalla seconda metà dell’ottocento, nel nostro ordinamento, la competenza a giudicare sulla responsabilità amministrativa dei dipendenti pubblici è stata riconosciuta in capo alla Corte dei conti.
La giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa è sorta da alcune ipotesi particolari, nell’ambito di un assetto dell’organizzazione pubblica italiana gestito da soggetti legati alla pubblica amministrazione da un organico rapporto di servizio, attraverso l’utilizzo di poteri autoritativi e con strumenti provvedimentali di eminente natura pubblica.
Con le riforme degli anni novanta, la pubblica amministrazione è stata coinvolta in un profondo processo di trasformazione, che ha portato ad una completa riorganizzazione strutturale e funzionale dell’intero apparato pubblico in tutti i suoi livelli. Grazie alle numerose innovazioni legislative, le pubbliche istituzioni hanno potuto gestire l’azione amministrativa anche attraverso l’utilizzo di moduli gestori diversi, ricorrendo con sempre maggiore frequenza ad articolazioni di diritto privato. L’irrompere di tali modelli sul piano dell’attività pubblica è stato considerato un valido strumento per l’ottenimento di una maggiore funzionalità dell’azione pubblica.
La presenza sulla scena pubblica di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica e dei privati in genere, ai quali è affidato il compito di perseguire finalità pubbliche e che a tal fine utilizzano pubbliche risorse, ha fatto sì che la Corte dei conti potesse estendere la sua giurisdizione a queste nuove articolazioni gestionali, allargando progressivamente l’ambito della materia oggetto del suo giudizio ed il novero dei soggetti ad esso assoggettabili.
La diversificazione degli strumenti organizzativi e decisionali ha generato, infatti, un corrispondente processo di adattamento della Corte dei conti, la quale ha abbandonato i tratti “formali” del controllo giurisdizionale, trasformandolo in giudizio nel quale viene considerata, nella sua effettiva consistenza, la condotta del soggetto e l’oggettivo pregiudizio subito dall’amministrazione. Da tale orientamento deriva che il nuovo criterio, in base al quale fondare la competenza giurisdizionale della Corte dei conti, deve individuarsi nell’elemento del “danno alla finanza pubblica”, che non coincide nella lesione patrimoniale in senso meramente civilistico, ma si concreta nella violazione di norme aventi per oggetto l’interesse generale alla corretta tutela della gestione delle pubbliche risorse. Essendo il danno di cui alla pretesa risarcitoria divenuto il presupposto per l’incardinazione della stessa giurisdizione.
L'esatta determinazione dell'ambito giurisdizionale assegnato alla Corte si presenta come un compito non facile, che è stato costantemente sottoposto al vaglio della Suprema Corte di Cassazione e del Giudice costituzionale.
L’interpretazione giurisprudenziale ha portato, col tempo, a riconoscere la competenza della Corte dei conti a giudicare sulla responsabilità amministrativa dei nuovi soggetti che operano nell’azione pubblica, esaltando a tal fine la valenza del perseguimento di “finalità” pubbliche, rispetto alle “forme” utilizzate. In questo contesto, il soggetto agente viene considerato legato all’ente in forza di un rapporto di servizio che assume rilevanza, non solo limitatamente ai rapporti organici o d'impiego pubblico, ma tutte le volte in cui venga investito dello svolgimento di una determinata attività in favore della pubblica amministrazione, imponendogli il rispetto di vincoli ed obblighi, diretti ad assicurare la rispondenza dell'attività stessa alle esigenze generali cui è preordinata, indipendentemente dal titolo giuridico col quale avvenga tale investimento.
Tuttavia, la mancanza di una interpositio legislatoris che regoli l’applicabilità alle nuove realtà gestionali pubbliche delle norme di diritto pubblicistico, relative all’istituto della responsabilità amministrativa, resta il vero punto dolente dell’evoluzione della giurisdizione contabile in tale materia.
È evidente la necessità di un riordino del quadro giuridico del sistema, affinché questo possa fondarsi su principi chiari, uniformi e stabili nel tempo.
Il fulcro della questione pare rinvenirsi, in sostanza, nella necessità di distinguere nettamente i soggetti che, pur avendo forma privatistica, costituiscono di fatto parte della pubblica amministrazione, da quelli che invece svolgono attività d’impresa sul mercato.
Invero, mentre per le imprese pubbliche l’applicazione dei vincoli e dei controlli di natura pubblicistica, tipici delle pubbliche amministrazioni, risulta ragionevole, non altrettanto può dirsi riguardo alle imprese private, nelle quali l’applicazione di regole e di vincoli ulteriori rispetto a quelli imposti dal diritto comune dovrebbe essere strettamente giustificata dai principi comunitari di necessità e proporzionalità, per la tutela di un pubblico interesse chiaramente identificato.
Pertanto, oggi più che mai, pare fondamentale un riordino del quadro giuridico delle società a partecipazione pubblica, che riconduca l’intero sistema al principio di legalità. Invero, una maggiore chiarezza normativa consentirebbe non soltanto di rispettare il principio in base al quale ogni potere giurisdizionale deve trovare fondamento nella legge, ma nel contempo garantirebbe la possibilità di perseguire una maggiore efficienza dell’azione pubblica.
La giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa è sorta da alcune ipotesi particolari, nell’ambito di un assetto dell’organizzazione pubblica italiana gestito da soggetti legati alla pubblica amministrazione da un organico rapporto di servizio, attraverso l’utilizzo di poteri autoritativi e con strumenti provvedimentali di eminente natura pubblica.
Con le riforme degli anni novanta, la pubblica amministrazione è stata coinvolta in un profondo processo di trasformazione, che ha portato ad una completa riorganizzazione strutturale e funzionale dell’intero apparato pubblico in tutti i suoi livelli. Grazie alle numerose innovazioni legislative, le pubbliche istituzioni hanno potuto gestire l’azione amministrativa anche attraverso l’utilizzo di moduli gestori diversi, ricorrendo con sempre maggiore frequenza ad articolazioni di diritto privato. L’irrompere di tali modelli sul piano dell’attività pubblica è stato considerato un valido strumento per l’ottenimento di una maggiore funzionalità dell’azione pubblica.
La presenza sulla scena pubblica di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica e dei privati in genere, ai quali è affidato il compito di perseguire finalità pubbliche e che a tal fine utilizzano pubbliche risorse, ha fatto sì che la Corte dei conti potesse estendere la sua giurisdizione a queste nuove articolazioni gestionali, allargando progressivamente l’ambito della materia oggetto del suo giudizio ed il novero dei soggetti ad esso assoggettabili.
La diversificazione degli strumenti organizzativi e decisionali ha generato, infatti, un corrispondente processo di adattamento della Corte dei conti, la quale ha abbandonato i tratti “formali” del controllo giurisdizionale, trasformandolo in giudizio nel quale viene considerata, nella sua effettiva consistenza, la condotta del soggetto e l’oggettivo pregiudizio subito dall’amministrazione. Da tale orientamento deriva che il nuovo criterio, in base al quale fondare la competenza giurisdizionale della Corte dei conti, deve individuarsi nell’elemento del “danno alla finanza pubblica”, che non coincide nella lesione patrimoniale in senso meramente civilistico, ma si concreta nella violazione di norme aventi per oggetto l’interesse generale alla corretta tutela della gestione delle pubbliche risorse. Essendo il danno di cui alla pretesa risarcitoria divenuto il presupposto per l’incardinazione della stessa giurisdizione.
L'esatta determinazione dell'ambito giurisdizionale assegnato alla Corte si presenta come un compito non facile, che è stato costantemente sottoposto al vaglio della Suprema Corte di Cassazione e del Giudice costituzionale.
L’interpretazione giurisprudenziale ha portato, col tempo, a riconoscere la competenza della Corte dei conti a giudicare sulla responsabilità amministrativa dei nuovi soggetti che operano nell’azione pubblica, esaltando a tal fine la valenza del perseguimento di “finalità” pubbliche, rispetto alle “forme” utilizzate. In questo contesto, il soggetto agente viene considerato legato all’ente in forza di un rapporto di servizio che assume rilevanza, non solo limitatamente ai rapporti organici o d'impiego pubblico, ma tutte le volte in cui venga investito dello svolgimento di una determinata attività in favore della pubblica amministrazione, imponendogli il rispetto di vincoli ed obblighi, diretti ad assicurare la rispondenza dell'attività stessa alle esigenze generali cui è preordinata, indipendentemente dal titolo giuridico col quale avvenga tale investimento.
Tuttavia, la mancanza di una interpositio legislatoris che regoli l’applicabilità alle nuove realtà gestionali pubbliche delle norme di diritto pubblicistico, relative all’istituto della responsabilità amministrativa, resta il vero punto dolente dell’evoluzione della giurisdizione contabile in tale materia.
È evidente la necessità di un riordino del quadro giuridico del sistema, affinché questo possa fondarsi su principi chiari, uniformi e stabili nel tempo.
Il fulcro della questione pare rinvenirsi, in sostanza, nella necessità di distinguere nettamente i soggetti che, pur avendo forma privatistica, costituiscono di fatto parte della pubblica amministrazione, da quelli che invece svolgono attività d’impresa sul mercato.
Invero, mentre per le imprese pubbliche l’applicazione dei vincoli e dei controlli di natura pubblicistica, tipici delle pubbliche amministrazioni, risulta ragionevole, non altrettanto può dirsi riguardo alle imprese private, nelle quali l’applicazione di regole e di vincoli ulteriori rispetto a quelli imposti dal diritto comune dovrebbe essere strettamente giustificata dai principi comunitari di necessità e proporzionalità, per la tutela di un pubblico interesse chiaramente identificato.
Pertanto, oggi più che mai, pare fondamentale un riordino del quadro giuridico delle società a partecipazione pubblica, che riconduca l’intero sistema al principio di legalità. Invero, una maggiore chiarezza normativa consentirebbe non soltanto di rispettare il principio in base al quale ogni potere giurisdizionale deve trovare fondamento nella legge, ma nel contempo garantirebbe la possibilità di perseguire una maggiore efficienza dell’azione pubblica.
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