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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05282024-141038


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CHIODINO, ROBERTA
URN
etd-05282024-141038
Titolo
L'iconografia di Giuditta nella Firenze del Quattrocento
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
  • Andrea Mantegna
  • Antico Testamento
  • Antonio del Pollaiolo
  • Donatello
  • Giuditta
  • Judith
  • Lorenzo Ghiberti
  • Michelangelo Buonarroti
  • Sandro Botticelli
Data inizio appello
05/07/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
05/07/2094
Riassunto
Durante il Quattrocento, a Firenze, l’iconografia di Giuditta raggiunse una vasta popolarità, diventando uno dei soggetti femminili prediletti dagli artisti. L’eroina biblica attraverso il suo simbolismo e le sue Virtù reincarnava i valori culturali, sociali e politici della Firenze del tempo. In questo contesto, la sua iconografia si rifaceva alla storia narrata all’interno del Libro di Giuditta, un’opera probabilmente composta tra il 135 – 78 a. C in Alessandria d’Egitto. Il Libro, nonostante la mancanza di fonti che ne attestavano la veridicità delle vicende, acquisì larga notorietà nel mondo cattolico tanto da essere utilizzato anche prima della sua canonizzazione, la quale avvenne solo dopo il Concilio di Firenze e di Trento. In tale modo, il Libro di Giuditta assunse il termine di opera deuterocanonica e venne inserita all’interno del Vecchio testamento in quanto riconosciuta come fonte di ispirazione divina.
Sebbene l’opera fosse ambientata in epoca storica, fu difficile poter stabilire con certezza l’ambientazione degli eventi narrati per via dell’incongruenze dei fatti storici. Le discordanze narrate fecero pensare che si trattasse di un’opera che racchiudesse al suo interno l’unione di diversi avvenimenti succeduti in differenti epoche. Inserita contestualmente in Israele circa al tempo dei Maccabei, l’opera era incentrata attorno alla figura di Giuditta, la coraggiosa vedova di Betulia. Giuditta rappresentava il coraggio e la fede in Dio e fu proprio quest’ultima che la spinse a salvare Betulia dall’assedio dell’esercito del generale Oloferne, mandante del re Nabucodonosor. Giuditta ottenne il titolo onorifico di eroina del popolo nonostante l’utilizzo della violenza e della seduzione. Tali azioni, seppur considerate peccaminose, furono giustificate agli occhi di Dio e del popolo in quanto l’eroina era mossa dalla volontà divina. Infatti, l’eroina era stata mandata dallo stesso Dio a liberare il popolo d’Israele: pertanto, essa reincarnava la giustizia divina, di cui ne divenne l’emblema.
La figura di Giuditta assunse nel corso del tempo un simbolismo sempre più complesso, connesso alla sfera religiosa e allegorica. L’eroina divenne nel corso del tempo l’emblema di tutte le Virtù, in particolare divenne la personificazione sia della Giustizia che trionfava sul nemico, sia dell’Umiltà e della Castità che trionfava sull’Orgoglio e Lussuria. La sua immagine venne pertanto accostata alla figura della Vergine Maria sia per il suo coraggio, sia per la sua dedizione al Signore. Il paragone con la Vergine si riscontrava anche all’interno dei versi dell’Antico e Nuovo Testamento, dove vennero utilizzate le stesse parole per entrambe le donne. Infatti, Giuditta, così come Maria, aveva lottato contro il diavolo ed era riuscita a trionfare su di esso.
Nel Quattrocento fiorentino, la prima raffigurazione di Giuditta avvenne a opera di Ghiberti nel 1452. Inserita all’interno di un riquadro nella Porta del Paradiso, la sua immagine assunse una svolta significativa sia perché venne raffigurata per la prima volta come la sola protagonista della storia senza l’accompagnamento di altre figure, sia perché venne raffigurata all’interno di una commissione pubblica. Infatti, solitamente Giuditta era relegata a commissioni di carattere privato; tuttavia, sebbene sia con Ghiberti che Giuditta ottenne il suo primo ruolo pubblico, fu con i Medici che ebbe maggior spicco. Inizialmente concepito come soggetto destinato a una esposizione privata, il gruppo bronzeo donatelliano divenne di carattere pubblico. Infatti, dopo la cacciata dei Medici, l’opera venne esposta di fronte a Palazzo Vecchio, diventando in questo modo un emblema pubblico.
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