Tesi etd-05262023-162722 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
SCARAMELLA, LINDA
URN
etd-05262023-162722
Titolo
I disturbi comportamentali nelle Afasie Primarie Progressive: studio monocentrico su caratteristiche fenotipiche, evoluzione e possibili correlazioni biologiche.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Ceravolo, Roberto
correlatore Dott.ssa Nicoletti, Valentina
correlatore Dott.ssa Nicoletti, Valentina
Parole chiave
- Afasie Primarie progressive
- Behavioural and psychological symptoms.
- Caratterizzazione delle varianti dei APP
- Disturbi comportamentali
- Primary Progressive Aphasia
Data inizio appello
13/06/2023
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il termine Afasie Primarie Progressive (APP) identifica un gruppo di disturbi neurodegenerativi che si caratterizzano per un progressivo e selettivo declino delle funzioni del linguaggio. Sono forme di demenza che incidono notevolmente sulla qualità della vita dei soggetti che ne sono affetti, essendo caratterizzate da un graduale declino dell’utilizzo e della comprensione della parola. Le APP non sono molto diffuse nella popolazione generale, si stima una prevalenza di circa 3 casi ogni 100.000 abitanti; si ritiene tuttavia che tale condizione sia sotto-diagnosticata, in parte perché si tratta di disturbi che giungono alla diagnosi tardivamente, in parte perchè la conoscenza e l’esperienza sulle APP sono più limitate. Oggi si distinguono tre forme principali di APP: la variante non-fluente/agrammatica (APPnf), la variante semantica (APPs) e la variante logopenica (APPlv), che si differenziano per la diversa presentazione linguistica neuropsicologica, per i diversi pattern di danno neuroanatomico e anche per i diversi substrati neuropatologici. Sebbene non ci sia una corrispondenza assoluta tra fenotipo e neuropatologia, la variante logopenica è tipicamente associata alla patologia Alzheimer, mentre le varianti semantica e agrammatica sono generalmente associate alla Degenerazione Lobare Fronto Temporale (FTLD). La caratterizzazione delle APP rimane però una sfida ancora aperta, per la diagnosi tardiva, per la presenza di forme che rimangono non classificabili e per l’utilizzo di test neuropsicologici non ancora ottimali. Il quadro clinico delle APP è caratterizzato anche dalla presenza di disturbi comportamentali, la cui frequenza, tipologia e severità cambiano nelle diverse varianti.
In letteratura non è ancora stato ben approfondito l’aspetto dei disturbi comportamentali, per cui lo studio oggetto della tesi ha indagato, mediante il questionario Neuropsychiatric Inventory (NPI), i disturbi comportamentali nei pazienti con APP e la loro evoluzione, con l’obbiettivo di evidenziare delle possibili correlazioni fenotipiche e biologiche utili a caratterizzare le varianti di APP. Una precisa diagnosi è necessaria non solo per identificare precocemente la patologia neurodegenerativa e per fornire informazioni prognostiche, ma è fondamentale anche dal punto di vista terapeutico, per selezionare così con maggior precisione i soggetti potenzialmente candidati all’utilizzo delle nuove terapie specifiche. A tale scopo sono stati selezionati 24 pazienti con diagnosi di APP suddivisi in tre campioni in base variante di appartenenza: 10 pazienti con APPlv, 7 con APPs e 7 con APPnf. La diagnosi di APP è stata formulata in tutti i pazienti sulla base della valutazione neuropsicologica e delle indagini di imaging morfologico (RM encefalo); in 22 su 24 pazienti ci si è avvalsi anche della PET cerebrale con Fluoro-desossiglucosio (FDG) e in 21 su 24 pazienti la probabilità di patologia Alzheimer è stata valutata con l’uso di biomarcatori, specificatamente la PET cerebrale con tracciante per Amiloide o la rachicentesi con il dosaggio liquorale di Beta amiloide 1-42 (Aβ1-42), tau totale (t-Tau) e fosfo-tau (p-Tau).
Sono stati reclutati inoltre 11 pazienti con diagnosi di Demenza Frontotemporale variante comportamentale (DFTc). Per ciascun paziente sono stati analizzati i punteggi globali ed i subitems dell’NPI, all’esordio della malattia e dopo due anni di follow up. In ciascun paziente con PET cerebrale con FDG è inoltre stata valutata la presenza o meno di ipometabolismo a livello delle regioni frontali, temporali e parietali. Infine, nel sottogruppo di pazienti sottoposti a rachicentesi diagnostica per ricerca dei biomarcatori di patologia Alzheimer (14 APP di cui 4 APPnf, 5 APPs e 5 APPlv), sono stati analizzati i valori di Aβ1-42, t-Tau, p-Tau e il rapporto p-Tau/Aβ1-42 per eventuali correlazioni con l’NPI.
Attraverso l’analisi statistica (Chi2Test per le variabili categoriali, ANOVA test per le variabili continue) non sono emerse differenze significative di età, sesso, scolarità e valutazione cognitiva globale (effettuata con Mini Mental State Examination) tra i tre gruppi di pazienti con APP. Alla valutazione iniziale (T0) non ci sono differenze statisticamente significative nell’NPI tra le tre varianti di APP, emerge solo una tendenza, vicino alla significatività statistica (p=0,08), per le varianti di APPnf in cui il punteggio globale dell’NPI è minore rispetto alle varianti semantiche e logopeniche. Al baseline emerge invece una differenza significativa tra le tre varianti di APP e i pazienti con DFT variante comportamentale, che hanno più disturbi comportamentali, con un punteggio globale di NPI significativamente più alto. Inoltre, dall’analisi dei punteggi medi degli NPI dopo due anni di follow up (T1) è emersa una differenza statisticamente significativa (p<0,05) nelle APPs: rispetto alle altre due varianti di APP, nelle semantiche, i disturbi comportamentali sono molto più spiccati. In particolare, analizzando i subitem del questionario NPI, nelle APPs i disturbi comportamentali più rappresentati sono l’irritabilità, per cui è emersa una differenza statisticamente significativa, l’apatia e la disinibizione, per le quali è emerso un trend vicino alla significatività statistica. Infine, sono stati confrontati gli NPI al T0 e T1 all’interno di ciascun gruppo per valutare l’evoluzione dei disturbi comportamentali in ciascuna categoria: nella variante semantica è emerso un peggioramento statisticamente significativo dei disturbi comportamentali, rispetto agli altri due gruppi. È inoltre emerso che il metabolismo frontale è significativamente più conservato nelle APPlv e APPnf rispetto a quelle semantiche. L’analisi dei biomarcatori liquorali, infine, ha evidenziato differenze statisticamente significative nel gruppo delle APPs rispetto alle varianti agrammatiche e logopeniche; in particolare, Aβ1-42 risulta significativamente elevata, p-Tau e il rapporto p-Tau/ Aβ1-42 risultano significativamente ridotti in APPs. Non sono emerse correlazioni tra i biomarcatori liquorali ed i punteggi dell’NPI.
Questo studio pilota evidenzia come il quadro clinico delle APPs è caratterizzato in maniera significativamente superiore rispetto alle APPlv e APPnf da disturbi comportamentali, prevalentemente di tipo “positivo” come l’irritabilità e la disinibizione e che si accentuano in maniera significativa nel corso della malattia. Nel nostro campione, inoltre, le APPs presentano un profilo di neuroimaging funzionale di biomarcatori ben definito che orienta verso una neuropatologia non di tipo amiloideo. Questi dati sono in linea con la letteratura sia per quanto concerne il dato clinico che quello neurobiologico. Vari studi infatti hanno riscontrato una prevalenza di disturbi comportamentali nettamente superiore nelle APPs rispetto alle altre due varianti e non è infrequente che le APPs nel corso della loro evoluzione arrivino a soddisfare anche i criteri per una diagnosi di DFTc. Inoltre, la maggioranza dei casi di APPs è sottesa da una patologia a tipo FTDL, come si riscontra nel nostro campione. Questo studio supporta l’utilità di implementare la ricerca delle caratteristiche cliniche, dei meccanismi sottesi e dei potenziali biomarcatori associati alle APP per migliorare l’accuratezza diagnostica e poter sviluppare un approccio terapeutico più mirato.
In letteratura non è ancora stato ben approfondito l’aspetto dei disturbi comportamentali, per cui lo studio oggetto della tesi ha indagato, mediante il questionario Neuropsychiatric Inventory (NPI), i disturbi comportamentali nei pazienti con APP e la loro evoluzione, con l’obbiettivo di evidenziare delle possibili correlazioni fenotipiche e biologiche utili a caratterizzare le varianti di APP. Una precisa diagnosi è necessaria non solo per identificare precocemente la patologia neurodegenerativa e per fornire informazioni prognostiche, ma è fondamentale anche dal punto di vista terapeutico, per selezionare così con maggior precisione i soggetti potenzialmente candidati all’utilizzo delle nuove terapie specifiche. A tale scopo sono stati selezionati 24 pazienti con diagnosi di APP suddivisi in tre campioni in base variante di appartenenza: 10 pazienti con APPlv, 7 con APPs e 7 con APPnf. La diagnosi di APP è stata formulata in tutti i pazienti sulla base della valutazione neuropsicologica e delle indagini di imaging morfologico (RM encefalo); in 22 su 24 pazienti ci si è avvalsi anche della PET cerebrale con Fluoro-desossiglucosio (FDG) e in 21 su 24 pazienti la probabilità di patologia Alzheimer è stata valutata con l’uso di biomarcatori, specificatamente la PET cerebrale con tracciante per Amiloide o la rachicentesi con il dosaggio liquorale di Beta amiloide 1-42 (Aβ1-42), tau totale (t-Tau) e fosfo-tau (p-Tau).
Sono stati reclutati inoltre 11 pazienti con diagnosi di Demenza Frontotemporale variante comportamentale (DFTc). Per ciascun paziente sono stati analizzati i punteggi globali ed i subitems dell’NPI, all’esordio della malattia e dopo due anni di follow up. In ciascun paziente con PET cerebrale con FDG è inoltre stata valutata la presenza o meno di ipometabolismo a livello delle regioni frontali, temporali e parietali. Infine, nel sottogruppo di pazienti sottoposti a rachicentesi diagnostica per ricerca dei biomarcatori di patologia Alzheimer (14 APP di cui 4 APPnf, 5 APPs e 5 APPlv), sono stati analizzati i valori di Aβ1-42, t-Tau, p-Tau e il rapporto p-Tau/Aβ1-42 per eventuali correlazioni con l’NPI.
Attraverso l’analisi statistica (Chi2Test per le variabili categoriali, ANOVA test per le variabili continue) non sono emerse differenze significative di età, sesso, scolarità e valutazione cognitiva globale (effettuata con Mini Mental State Examination) tra i tre gruppi di pazienti con APP. Alla valutazione iniziale (T0) non ci sono differenze statisticamente significative nell’NPI tra le tre varianti di APP, emerge solo una tendenza, vicino alla significatività statistica (p=0,08), per le varianti di APPnf in cui il punteggio globale dell’NPI è minore rispetto alle varianti semantiche e logopeniche. Al baseline emerge invece una differenza significativa tra le tre varianti di APP e i pazienti con DFT variante comportamentale, che hanno più disturbi comportamentali, con un punteggio globale di NPI significativamente più alto. Inoltre, dall’analisi dei punteggi medi degli NPI dopo due anni di follow up (T1) è emersa una differenza statisticamente significativa (p<0,05) nelle APPs: rispetto alle altre due varianti di APP, nelle semantiche, i disturbi comportamentali sono molto più spiccati. In particolare, analizzando i subitem del questionario NPI, nelle APPs i disturbi comportamentali più rappresentati sono l’irritabilità, per cui è emersa una differenza statisticamente significativa, l’apatia e la disinibizione, per le quali è emerso un trend vicino alla significatività statistica. Infine, sono stati confrontati gli NPI al T0 e T1 all’interno di ciascun gruppo per valutare l’evoluzione dei disturbi comportamentali in ciascuna categoria: nella variante semantica è emerso un peggioramento statisticamente significativo dei disturbi comportamentali, rispetto agli altri due gruppi. È inoltre emerso che il metabolismo frontale è significativamente più conservato nelle APPlv e APPnf rispetto a quelle semantiche. L’analisi dei biomarcatori liquorali, infine, ha evidenziato differenze statisticamente significative nel gruppo delle APPs rispetto alle varianti agrammatiche e logopeniche; in particolare, Aβ1-42 risulta significativamente elevata, p-Tau e il rapporto p-Tau/ Aβ1-42 risultano significativamente ridotti in APPs. Non sono emerse correlazioni tra i biomarcatori liquorali ed i punteggi dell’NPI.
Questo studio pilota evidenzia come il quadro clinico delle APPs è caratterizzato in maniera significativamente superiore rispetto alle APPlv e APPnf da disturbi comportamentali, prevalentemente di tipo “positivo” come l’irritabilità e la disinibizione e che si accentuano in maniera significativa nel corso della malattia. Nel nostro campione, inoltre, le APPs presentano un profilo di neuroimaging funzionale di biomarcatori ben definito che orienta verso una neuropatologia non di tipo amiloideo. Questi dati sono in linea con la letteratura sia per quanto concerne il dato clinico che quello neurobiologico. Vari studi infatti hanno riscontrato una prevalenza di disturbi comportamentali nettamente superiore nelle APPs rispetto alle altre due varianti e non è infrequente che le APPs nel corso della loro evoluzione arrivino a soddisfare anche i criteri per una diagnosi di DFTc. Inoltre, la maggioranza dei casi di APPs è sottesa da una patologia a tipo FTDL, come si riscontra nel nostro campione. Questo studio supporta l’utilità di implementare la ricerca delle caratteristiche cliniche, dei meccanismi sottesi e dei potenziali biomarcatori associati alle APP per migliorare l’accuratezza diagnostica e poter sviluppare un approccio terapeutico più mirato.
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