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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05252021-194115


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
ACCARDO, MATTEO
URN
etd-05252021-194115
Titolo
La dieta a basso contenuto di FODMAPs nella terapia della sindrome dell’intestino irritabile
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Bellini, Massimo
correlatore Prof. Marchi, Santino
Parole chiave
  • bioimpedenziometria
  • low fodmaps diet adattata
  • low fodmaps diet
  • fodmaps
  • irritable bowel syndrome
  • sindrome dell'intestino irritabile
Data inizio appello
15/06/2021
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) si caratterizza per una ridotta qualità di vita dei pazienti, dovuta alla cronicità della sintomatologia gastrointestinale e alle sue ripercussioni sulla sfera psicologica-psichiatrica. Il nostro studio mira ad analizzare l’efficacia clinica della dieta a basso contenuto di FODMAPs (LFD) e della sua versione paziente-adattata (AdLFD) nel trattamento a lungo termine di tali soggetti. Lo studio si compone di quattro fasi, durante le quali i pazienti sono stati valutati per i seguenti aspetti: la sfera ansioso-depressiva, con l’ausilio dei questionari Pittsburgh sleep quality index (PSQI) e hospital anxiety depression scale (HADS); le manifestazioni intestinali, ricorrendo ai questionari IBS severity scoring system (IBS-SSS) e SF-36; la composizione corporea tramite l’analisi bio-impedenziometrica; ed infine l’aderenza del paziente alla terapia nel lungo termine. Durante tutto lo studio i pazienti sono stati assistiti da un nutrizionista, figura fondamentale nel redigere una AdLFD specifica per ciascun paziente. Il trattamento si costituiva di una fase di 8 settimane in dieta LFD, alla quale seguiva una fase di reinserimento graduale degli alimenti eliminati. Al successivo controllo, veniva redatta l’AdLFD, da rivalutare a 6 mesi. In conclusione, l’AdLFD si è dimostrata nel lungo termine, non solo sostenibile, ma anche efficace in più del 50% dei pazienti.
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