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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05242010-000751


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC5
Autore
PORCIANI, DAVID
URN
etd-05242010-000751
Titolo
La strategia del “knock-down” genico per l’identificazione dei fattori chiave di processi fisiopatologici: progettazione, sintesi e caratterizzazione di un ribozima “hammerhead”.
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof. Citti, Lorenzo
relatore Prof.ssa Nieri, Paola
Parole chiave
  • aterosclerosi coronarica
  • caratterizzazione cinetica
  • catalisi ribozimi
  • cellule muscolari lisce vascolari
  • cinetica enzimatica
  • cleavage reaction
  • conversione fenotipica VSMC
  • costanti catalitiche
  • ioni magnesio
  • knock-down genico
  • PDGF
  • ribozima hammerhead
  • ribozimi
  • ribozyme
  • ristenosi
  • sintesi DNA
  • sintesi oligonucleotidi
  • sintesi RNA
  • vascular smooth muscle cells
Data inizio appello
09/06/2010
Consultabilità
Completa
Riassunto
La cura della salute dei cittadini rappresenta un impegno sociale ed economico molto
pesante a carico delle diverse comunità. I progressi della conoscenza sulle origini, lo
sviluppo ed i meccanismi delle numerose patologie stanno fornendo sostanziali contributi
al miglioramento delle diagnosi, all’introduzione di terapie più efficaci ed alla
prevenzione. In particolare, le più recenti tecnologie d’indagine basate su analisi ad ampio
spettro di geni, proteine, e funzioni metaboliche (genomica, trascrittomica, proteomica,
metabolomica) sono in grado di fornire nuovi quadri interpretativi delle diverse
manifestazioni patologiche. Da questi quadri è possibile postulare meccanismi e fattori
chiave coinvolti nella patogenesi, nella progressione e negli esiti di una data malattia.
Tuttavia, trattandosi di deduzioni, le diverse ipotesi devono essere convalidate mediante
prove sperimentali opportunamente progettate. In questa prospettiva si colloca la
tecnologia del “knock-down” genico secondo la quale è possibile inibire
considerevolmente e in maniera selettiva un determinato gene. Il vantaggio di tale tecnica
risiede nel fatto che consente di verificare in maniera diretta il ruolo che quel gene riveste
in un preciso quadro metabolico evidenziabile con quel modello cellulare. Nel panorama
degli armamentari messi in campo, per il conseguimento del “knock-down” genico,
abbiamo scelto l’uso dei ribozimi “hammerhead”. Si tratta di corte sequenza di RNA,
dotate di attività endoribonucleasica, capaci di riconoscere, legare e scindere un mRNA di
cui si voglia ottenere l’inibizione.
In questa Tesi di Laurea, svolta presso il laboratorio di “Proteomica e Tecnologie
Genomiche” dell’istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, è stato affrontato il tema
della progettazione, sintesi e caratterizzazione di un ribozima “hammerhead” diretto contro
il gene che codifica il recettore PDGFR-β per il fattore di crescita PDGF (Platelet Derived
Growth Factor) nel maiale. La scelta riguarda la sua futura applicazione a cellule
muscolari lisce di coronaria di maiale (VSMC), che rappresentano un modello di studio di
patologie cardiovascolari. Poiché il PDGF sembra essere il più potente induttore
dell’attivazione patologica delle VSMC, l’inibizione del suo recettore rappresenta un buon
sistema di indagine utile per confermare il suo effettivo ruolo.
a) progettazione del ribozima sulla base della sequenza porcina
Durante la fase di progettazione di un ribozima hammerhead si devono prendere in
considerazione alcuni aspetti: è necessario che I) la sequenza bersaglio sia accessibile, II) il
ribozima sia stericamente “aperto”e III) le sequenze fiancheggianti non siano ripetute in
altri mRNA, per evitare qualunque effetto collaterale “off-target”. Per rispondere ai primi
due punti è cruciale la determinazione delle ipotetiche strutture ripiegate sia della molecola
di RNA bersaglio che della molecola di ribozima, escludendo dalla selezione le regioni
dell’RNA bersaglio coinvolte in strutture stabili ed in appaiamenti difficilmente accessibili
per il ribozima e i ribozimi con ripiegamenti anomali che impediscono la strutturazione
corretta del “core” catalitico.
A questo scopo abbiamo applicato un metodo computazionale di progettazione. Poiché le
banche genetiche internazionali contengono una mappa parziale del genoma di Sus scrofa,
e l’mRNA relativo al PDGFR-β presenta due porzioni limitate della sequenza, non
abbiamo potuto ricavare una valutazione rigorosa delle ipotetiche strutture secondarie
assunte dalla molecola bersaglio, né verificare l’unicità del sito di legame/scissione,
essendo il trascrittoma di maiale molto limitato. Nonostante la condizione poco favorevole,
con l’aiuto di un programma di calcolo, basato sulla termodinamica del ripiegamento delle
sequenze di RNA, abbiamo selezionato un sito di scissione, GUU, localizzato al nucleotide
288 della porzione nota dell’mRNA del PDGFR-β che sembrava favorevole. Su tale
sequenza è stato disegnato il ribozima e ne è stata decisa la sintesi.
b) sintesi e purificazione del ribozima e del suo bersaglio minimo
La sequenza catalitica del ribozima, precedentemente disegnata, è stata sintetizzata con due
diversi metodi:
 Per via chimica mediante l’uso di un sintetizzatore di oligonucleotidi, che esegue cicli
di sintesi in maniera automatica. La sintesi avviene in fase solida, in condizioni anidre ed
in atmosfera inerte di Argon, sfruttando la chimica delle fosforoammiditi. La strategia di
sintesi prevede l’inserimento di un monomero alla volta ad una catena crescente e procede
in direzione 3’-5’, a differenza di quanto accade in ambito biologico. I monomeri utilizzati
sono β-cianoetil fosforoammiditi, caratterizzati dalla presenza di gruppi protettori sulle
basi azotate, sull’atomo di fosforo in posizione 3’ e sui gruppi idrossilici in posizione 2’e
5’.
 Per via enzimatica. In questo caso, il primo passo è stato la preparazione del DNA
stampo, a singolo filamento, mediante sintesi chimica automatica. Successivamente, con
una reazione enzimatica di elongazione (DNA polimerasi) di un corto innesco di DNA
appaiato al singolo filamento di sintesi abbiamo potuto ottenere la specie a doppio
filamento, necessaria alla trascrizione “in vitro”. Il DNA a doppio filamento è stato
successivamente usato come stampo per la reazione enzimatica di trascrizione “in vitro”
mediante l’enzima T7 RNA polimerasi, in presenza di ribonucleotidi trifosfato.
Anche il bersaglio ribonucleotidico (sequenza minima) è stato preparato mediante sintesi
chimica. La scelta di una sequenza bersaglio minima è stata fatta nell’ottica di una sua
rapida utilizzazione nelle successive valutazioni sperimentali delle proprietà catalitiche del
ribozima. In questo caso, la sintesi per via enzimatica ha fornito prodotti con un basso
grado di purezza; probabilmente a causa di una minore efficienza dell’enzima usato per la
trascrizione, la cui “corsa” lungo lo stampo di DNA risulta più stabile (e quindi più
efficiente) quando il “binario” (il filamento di DNA) è più lungo. Sulla base
dell’esperienza fatta, il metodo di sintesi per via chimica è risultato preferibile al metodo di
sintesi per via enzimatica perché garantisce una maggiore purezza del prodotto con
rendimenti notevolmente più alti.
Il procedimento di recupero dei prodotti di sintesi prevede il distacco dalla fase solida sulla
quale è stata svolta la sintesi (vetro a porosità controllata) e la rimozione dei diversi
sostituenti presenti a protezione dei gruppi funzionali. Dopo la deprotezione i prodotti
ottenuti sono stati analizzati e purificati mediante cromatografia liquida ad alta risoluzione
(HPLC).
c) caratterizzazione del ribozima: quantificazione, efficienza catalitica
I prodotti purificati sono stati quantificati mediante misure di assorbimento UV a 260 nm.
In seguito il ribozima è stato caratterizzato dal punto di vista catalitico mediante misure di
tipo cinetico della reazione di scissione effettuata sul bersaglio minimo. Questo tipo di
studio ci ha consentito di dimostrare innanzitutto che il ribozima è effettivamente capace di
scindere l’RNA bersaglio. L’analisi delle proprietà cinetiche è stata realizzata utilizzando
un metodo cromatografico di misura che permette di separare il substrato dai prodotti di
cleavage mediante HPLC a scambio anionico. Con questo metodo abbiamo potuto
quantificare ad ogni tempo di misura del progresso della reazione, simultaneamente ed in
maniera accurata il substrato, i prodotti di scissione e il ribozima. I dati ottenuti sono stati
poi elaborati allo scopo di calcolare: le frazioni del bersaglio residuo e dei prodotti formati,
le velocità iniziali (v0), le relative Kobs, la costante di Michaelis-Menten Km e la costante
catalitica Kcat. Le proprietà cinetiche sono state studiate in condizioni di multiple turnover,
ovvero in eccesso di substrato rispetto al ribozima, a concentrazioni diverse di ioni
magnesio. Quest’ultimo, infatti, presenta un ruolo importante per l’attività del ribozima e il
suo contributo alla velocità della reazione di scissione è stato valutato.
d) conclusioni
I risultati ottenuti hanno mostrato l’effettiva capacità del ribozima, da noi realizzato, di
catalizzare la scissione dell’RNA bersaglio. Anche la dipendenza della sua attività rispetto
alla concentrazione di ioni magnesio, conferma la bontà del ribozima che presenta una
discreta funzionalità anche in condizioni sfavorevoli, di bassa concentrazione dello ione
metallico. Questo lavoro sperimentale dimostra la validità della metodica utilizzata in
termini di progettazione e sintesi del ribozima e al tempo stesso introduce metodiche molto
accurate per misurarne l’efficienza catalitica. Questo primo livello metodologico di sintesi
e caratterizzazione rappresenta il punto di partenza di una tecnologia di “knock-down”
genico, la cui tappa immediatamente successiva riguarderà la somministrazione a sistemi
biologici modello. In tal caso, l’azione catalitica dovrà trasformarsi in un effetto biologico
misurabile e indicativo dell’inibizione della funzione “bersaglio” prescelta. Questo naturale
completamento del progetto aprirà le porte all’utilizzo dei ribozimi a fini investigativi,
nella convalida del ruolo di marcatori di patologia, e nell’identificazione di nuovi bersagli
terapeutici, per l’inibizione di anomalie fisiopatologiche.
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