Tesi etd-05232022-220519 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
PECCI, ARIANNA
URN
etd-05232022-220519
Titolo
Impatto della pandemia da Covid-19 in pazienti affetti da neoplasie toraciche: ritardo nella diagnosi, aumento degli stadi avanzati e riduzione della sopravvivenza media
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Carrozzi, Laura
correlatore Dott. Sbrana, Andrea
correlatore Dott. Sbrana, Andrea
Parole chiave
- Covid-19
- neoplasie toraciche
- pandemia
- ritardo diagnostico
- stadio avanzato
Data inizio appello
14/06/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/06/2092
Riassunto
Covid-19, una malattia altamente contagiosa, causata dal virus Sars-Cov-2, ha avuto un impatto catastrofico a livello globale, causando, fino ad oggi, un ingente numero di morti, superiore ai 6 milioni, affermandosi come la più importante crisi mondiale sanitaria dopo l’era della pandemia di influenza “spagnola” del 1918. I primi casi di questa infezione, coinvolgente principalmente il tratto respiratorio, hanno fatto la loro comparsa, per la prima volta, a Wuhan, in Cina, nel Dicembre 2019. L’11 Marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in relazione ai livelli di gravità assunti da tale infezione e alla sua diffusione globale, ha dichiarato che potesse essere considerata una pandemia. Da quel momento, numerosi sistemi sanitari sono stati sopraffatti dall’emergenza sanitaria e, al fine di affrontare un sempre crescente numero di persone, che necessitava un’ospedalizzazione, e minimizzare il tasso di infezione tra i membri del personale sanitario, è stata messa in atto una significativa riorganizzazione dei sistemi sanitari. A fronte di ciò, la maggior parte delle risorse sono state canalizzate verso l’assistenza e la gestione dei pazienti con COVID-19, a scapito dell’assistenza e della gestione dei pazienti con altre patologie. Questa tendenza non ha risparmiato neppure il settore oncologico, in cui si sono verificati significativi ritardi nella diagnosi e nel trattamento di ogni tipologia di neoplasia. In questo scenario, le neoplasie toraciche sono state tra le neoplasie maggiormente colpite, sia per la stretta somiglianza tra la sintomatologia Covid-correlata e quella cancro-correlata, sia per il comune bisogno di un servizio di assistenza di tipo pneumologico, due fattori che hanno contribuito a determinare importanti difficoltà nel percorso diagnostico-stadiativo-terapeutico di questa coorte di pazienti.
In aggiunta a tale aspetto logistico-organizzativo, bisogna anche tenere conto del fatto che la popolazione oncologica è estremamente vulnerabile ad un possibile infezione da Sars-Cov-2. Quest’ultimo aspetto è dovuto ai frequenti contatti che questi pazienti hanno con i servizi di assistenza sanitaria, allo stato di immunosoppressione causato dalla neoplasia stessa e dal suo trattamento, alla terapia medica di supporto con corticosteroidi, ed infine all’età avanzata e alle multiple comorbidità che essi presentano. In particolare, nell’ambito delle neoplasie toraciche, è stato evidenziato che i pazienti affetti da tumore polmonare, hanno un rischio di morte maggiore, in caso di infezione da Sars-Cov-2, rispetto a pazienti con altre tipologie di neoplasia. Questo evento è possibilmente dovuto a specifici aspetti fisiopatologici e trattamento-correlati, relativi a tale neoplasia. Questi pazienti, infatti, presentano una compromissione della funzionalità polmonare determinata da una pregressa storia di fumo e presentano, inoltre, un’alterazione della architettura bronco-alveolare causata da eventuali interventi chirurgici, da un trattamento radioterapico e/o da un’ostruzione delle vie aeree dovuta alla neoplasia stessa. Le alterazioni dell’epitelio alveolare e dell’endotelio dei vasi polmonari, presenti nel microambiente tumorale, determinano una risposta infiammatoria loco-regionale che può andare a sommarsi a quella determinata dall’infezione da Sars-Cov-2, potenziando così la tempesta citochinica. Tutti questi fattori comportano, nel paziente con neoplasia polmonare, una maggiore predisposizione allo sviluppo di complicanze severe in caso di infezione da Sars-Cov-2.
Sin dalle fasi più precoci dell’outbreak pandemico, assicurare ai pazienti oncologici un adeguato trattamento, in condizioni di assoluta sicurezza, è diventato una sfida continua: bisognava, infatti, da un lato soppesare il rischio di una possibile esposizione all’infezione, in questi pazienti critici, e dall’altro tenere in considerazione il beneficio di effettuare un’adeguata strategia terapeutica. Decidere se offrire, modificare, posporre o, nella condizione peggiore, annullare il trattamento, per questa popolazione particolare di pazienti, è risultato essere il dilemma cruciale e ricorrente per gli specialisti del settore. La chemioterapia, la immunoterapia e la terapia a bersaglio molecolare, in relazione al loro effetto mielosoppressivo ed immunomodulante, rappresentano, di fatto, un fattore di rischio indipendente nel contesto dell’era Covid-19 per questa coorte di pazienti; un fattore di rischio che dovrebbe essere adeguatamente bilanciato rispetto alle conseguenze, a medio e a lungo termine, che deriverebbero dal ritardo o dalla cancellazione del trattamento terapeutico.
Nonostante il fatto che la diffusione di questa infezione a livello globale sia stata estremamente rapida e drammatica e persista tutt’oggi, numerosi sforzi sono stati messi in atto dagli oncologi per riuscire a determinare la ripercussione che il Covid-19 avrà sui pazienti affetti da neoplasia. In particolare, l’impatto che tale pandemia avrà nell’ambito del settore della pneumologia oncologica sarà, inevitabilmente, drammatico, in relazione ai dati epidemiologici delle neoplasie toraciche. Basti tenere presente i dati relativi al tumore del polmone: quest’ultimo rappresenta la terza neoplasia più frequente, determinando l’11.6% dei nuovi casi di neoplasia nella popolazione generale, e costituisce la principale causa di mortalità per causa oncologica a livello globale, determinando il 18,4% del totale dei decessi su base neoplastica. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con tumore del polmone, in Italia, è pari al 15% negli uomini e al 19% nelle donne: tale prognosi infausta è attribuibile al fatto che la maggior parte dei pazienti riceve diagnosi negli stadi più avanzati di malattia.
Non solo si sono riscontrate notevoli difficoltà relative alla scelta sulla più adeguata strategia terapeutica da adottare in questo periodo, ma numerose problematiche sono, ugualmente, emerse nella gestione del percorso diagnostico-stadiativo di questi pazienti. Infatti, la pandemia ha comportato un drastico calo di affluenza ai servizi della pneumologia oncologica, evento che si ripercuoterà, inevitabilmente, sullo scenario clinico, con un aumento delle diagnosi in stadi avanzati di malattia e con un incremento del tasso di mortalità. Nell’ambito della prevenzione secondaria, i programmi di screening per tumore polmonare, rivolti alle persone asintomatiche ma ad alto rischio, al fine di effettuare una diagnosi precoce e ridurre, perciò, la mortalità cancro-correlata, sono stati sospesi per alleviare il carico sui servizi sanitari. Uno studio recente ha riportato una riduzione annua pari al 72% del numero delle TC a basse dosi, eseguite ai fini dello screening, rispetto ai periodi pre-Covid. Uno studio condotto in UK, per stimare come il ritardo diagnostico nel rilevamento di una neoplasia polmonare possa ripercuotersi sulla sopravvivenza, ha evidenziato che bisogna, ragionevolmente, aspettarsi un numero addizionale annuo di 1102-1412 decessi, equivalenti ad un aumento di mortalità pari al 4.8-5.3% a 5 anni dalla diagnosi.
Diversi fattori hanno inciso sul timeline della diagnosi oncologica, nell’era del Covid-19: in primis, la sovrapposizione sintomatologica tra infezione da Covid-19 e neoplasia toracica, come la comparsa di tosse e difficoltà respiratoria, ha spinto i pazienti all’autoisolamento con la convinzione di avere il Covid-19 ed essere un possibile veicolo di infezione, ritardando la diagnosi di una neoplasia in stadio iniziale; nondimeno, i consigli di salute pubblica hanno portato ad una riluttanza e paura nel recarsi presso i centri ospedalieri; i servizi di telemedicina, con l’impossibilità di esaminare appropriatamente i pazienti, possono aver facilitato la mancata diagnosi di neoplasie toraciche; ed in ultima analisi, la limitazione all’accesso ai servizi di radiologia, medicina nucleare e endoscopia, a seguito della priorità del management dei casi da Covid-19, ha contribuito a ritardare la diagnosi. A fronte di tale ritardo, bisogna, ragionevolmente, aspettarsi un incremento del numero di neoplasie toraciche che saranno diagnosticate nelle fasi più avanzate di malattia e con una prognosi peggiore, comportando, di conseguenza, un incremento del tasso di mortalità.
Per quanto riguarda lo scenario nazionale, l’Italia è stata, sicuramente, uno tra i paesi più colpiti in termini di nuovi casi e decessi da Covid-19, specialmente durante la prima ondata pandemica. Il governo nazionale, per arginare la facile trasmissibilità di questo virus e limitare il più possibile l’incidenza e la mortalità correlati alla pandemia, introdusse un lockdown generalizzato, come misura emergenziale, tra l’8 Marzo e il 4 Maggio 2020. Anche nel nostro paese, cosi come a livello globale, la pandemia ha obbligato i servizi sanitari ad operare una riorganizzazione significativa, al fine di gestire appropriatamente l’ingente numero di pazienti che richiedevano un’assistenza ospedaliera. Così, la maggior parte delle risorse umane ed economiche sono state canalizzate verso la cura dei pazienti con Covid-19, mentre gli altri servizi diagnostici e terapeutici, non-Covid-correlati, sono stati dilazionati o cancellati. Nell’ambito oncologico, la difficoltà nel mantenere attivi i percorsi diagnostico-terapeutici per le malattie neoplastiche, a causa della ridistribuzione delle risorse, insieme ai bollettini giornalieri che raccomandavano alle persone di stare il più lontano possibile dagli ospedali, hanno, inevitabilmente, comportato un ritardo nelle diagnosi, con un incremento dei tumori scoperti in una fase avanzata e un peggioramento della prognosi. A tal proposito, lo studio italiano COVID-DELAY, ‘Evaluation of COVID-19 impact on DELAYing diagnostic-therapeutic pathways of lung cancer patients in Italy’, uno studio multicentrico, osservazionale, retrospettivo, ha analizzato 3160 pazienti provenienti da diverse regioni italiane, al fine di determinare l’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sul ritardo diagnostico, sulla stadiazione di malattia e su un’eventuale ricaduta in termini di approccio terapeutico. Confrontando i dati registrati nel periodo tra Marzo e Dicembre 2019, con quelli del periodo tra Marzo e Dicembre 2020, è emerso che, nel 2020, vi è stata una lieve diminuzione dei nuovi casi di neoplasia polmonare (circa il 6.9%) rispetto al 2019 ma, più importante, è stata evidenziata una differenza significativa nella stadiazione di malattia alla diagnosi, con un aumento degli stadi IV (il 72% del 2020 contro il 67% del 2019)
Nella realtà pisana, abbiamo condotto uno studio monocentrico, osservazionale e retrospettivo, su una coorte di pazienti oncologici, che sono stati valutati nel servizio di oncologia dell’unità operativa di pneumologia della Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Abbiamo cercato di valutare, come l’outbreak della pandemia da Covid-19, abbia avuto un impatto sulle nuove diagnosi di neoplasie toraciche, sulla stadiazione di queste al momento della presentazione e sulla conseguente ricaduta sulla prognosi, con un aumento del tasso di mortalità e una diminuzione della sopravvivenza media. Dall’analisi dei dati raccolti, è emersa una significativa differenza di stadiazione di malattia, al momento della diagnosi, tra i due diversi periodi, ossia tra il periodo pre-pandemico e quello post-pandemico. I nostri risultati hanno, infatti, evidenziato, durante il periodo pandemico, un aumento della percentuale di pazienti che presentavano una neoplasia in fase avanzata al momento della diagnosi, ed una riduzione della frazione di pazienti che si presentavano, alla diagnosi, con una malattia in fase precoce. Parimenti, probabilmente in ragione dell’upgrading di stadio di malattia al momento della diagnosi, abbiamo osservato una riduzione della sopravvivenza media nei pazienti che giungevano ad una nuova diagnosi di neoplasia toracica durante il periodo pandemico, in confronto a quanto riscontrato durante il periodo pre-pandemico.
In aggiunta a tale aspetto logistico-organizzativo, bisogna anche tenere conto del fatto che la popolazione oncologica è estremamente vulnerabile ad un possibile infezione da Sars-Cov-2. Quest’ultimo aspetto è dovuto ai frequenti contatti che questi pazienti hanno con i servizi di assistenza sanitaria, allo stato di immunosoppressione causato dalla neoplasia stessa e dal suo trattamento, alla terapia medica di supporto con corticosteroidi, ed infine all’età avanzata e alle multiple comorbidità che essi presentano. In particolare, nell’ambito delle neoplasie toraciche, è stato evidenziato che i pazienti affetti da tumore polmonare, hanno un rischio di morte maggiore, in caso di infezione da Sars-Cov-2, rispetto a pazienti con altre tipologie di neoplasia. Questo evento è possibilmente dovuto a specifici aspetti fisiopatologici e trattamento-correlati, relativi a tale neoplasia. Questi pazienti, infatti, presentano una compromissione della funzionalità polmonare determinata da una pregressa storia di fumo e presentano, inoltre, un’alterazione della architettura bronco-alveolare causata da eventuali interventi chirurgici, da un trattamento radioterapico e/o da un’ostruzione delle vie aeree dovuta alla neoplasia stessa. Le alterazioni dell’epitelio alveolare e dell’endotelio dei vasi polmonari, presenti nel microambiente tumorale, determinano una risposta infiammatoria loco-regionale che può andare a sommarsi a quella determinata dall’infezione da Sars-Cov-2, potenziando così la tempesta citochinica. Tutti questi fattori comportano, nel paziente con neoplasia polmonare, una maggiore predisposizione allo sviluppo di complicanze severe in caso di infezione da Sars-Cov-2.
Sin dalle fasi più precoci dell’outbreak pandemico, assicurare ai pazienti oncologici un adeguato trattamento, in condizioni di assoluta sicurezza, è diventato una sfida continua: bisognava, infatti, da un lato soppesare il rischio di una possibile esposizione all’infezione, in questi pazienti critici, e dall’altro tenere in considerazione il beneficio di effettuare un’adeguata strategia terapeutica. Decidere se offrire, modificare, posporre o, nella condizione peggiore, annullare il trattamento, per questa popolazione particolare di pazienti, è risultato essere il dilemma cruciale e ricorrente per gli specialisti del settore. La chemioterapia, la immunoterapia e la terapia a bersaglio molecolare, in relazione al loro effetto mielosoppressivo ed immunomodulante, rappresentano, di fatto, un fattore di rischio indipendente nel contesto dell’era Covid-19 per questa coorte di pazienti; un fattore di rischio che dovrebbe essere adeguatamente bilanciato rispetto alle conseguenze, a medio e a lungo termine, che deriverebbero dal ritardo o dalla cancellazione del trattamento terapeutico.
Nonostante il fatto che la diffusione di questa infezione a livello globale sia stata estremamente rapida e drammatica e persista tutt’oggi, numerosi sforzi sono stati messi in atto dagli oncologi per riuscire a determinare la ripercussione che il Covid-19 avrà sui pazienti affetti da neoplasia. In particolare, l’impatto che tale pandemia avrà nell’ambito del settore della pneumologia oncologica sarà, inevitabilmente, drammatico, in relazione ai dati epidemiologici delle neoplasie toraciche. Basti tenere presente i dati relativi al tumore del polmone: quest’ultimo rappresenta la terza neoplasia più frequente, determinando l’11.6% dei nuovi casi di neoplasia nella popolazione generale, e costituisce la principale causa di mortalità per causa oncologica a livello globale, determinando il 18,4% del totale dei decessi su base neoplastica. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con tumore del polmone, in Italia, è pari al 15% negli uomini e al 19% nelle donne: tale prognosi infausta è attribuibile al fatto che la maggior parte dei pazienti riceve diagnosi negli stadi più avanzati di malattia.
Non solo si sono riscontrate notevoli difficoltà relative alla scelta sulla più adeguata strategia terapeutica da adottare in questo periodo, ma numerose problematiche sono, ugualmente, emerse nella gestione del percorso diagnostico-stadiativo di questi pazienti. Infatti, la pandemia ha comportato un drastico calo di affluenza ai servizi della pneumologia oncologica, evento che si ripercuoterà, inevitabilmente, sullo scenario clinico, con un aumento delle diagnosi in stadi avanzati di malattia e con un incremento del tasso di mortalità. Nell’ambito della prevenzione secondaria, i programmi di screening per tumore polmonare, rivolti alle persone asintomatiche ma ad alto rischio, al fine di effettuare una diagnosi precoce e ridurre, perciò, la mortalità cancro-correlata, sono stati sospesi per alleviare il carico sui servizi sanitari. Uno studio recente ha riportato una riduzione annua pari al 72% del numero delle TC a basse dosi, eseguite ai fini dello screening, rispetto ai periodi pre-Covid. Uno studio condotto in UK, per stimare come il ritardo diagnostico nel rilevamento di una neoplasia polmonare possa ripercuotersi sulla sopravvivenza, ha evidenziato che bisogna, ragionevolmente, aspettarsi un numero addizionale annuo di 1102-1412 decessi, equivalenti ad un aumento di mortalità pari al 4.8-5.3% a 5 anni dalla diagnosi.
Diversi fattori hanno inciso sul timeline della diagnosi oncologica, nell’era del Covid-19: in primis, la sovrapposizione sintomatologica tra infezione da Covid-19 e neoplasia toracica, come la comparsa di tosse e difficoltà respiratoria, ha spinto i pazienti all’autoisolamento con la convinzione di avere il Covid-19 ed essere un possibile veicolo di infezione, ritardando la diagnosi di una neoplasia in stadio iniziale; nondimeno, i consigli di salute pubblica hanno portato ad una riluttanza e paura nel recarsi presso i centri ospedalieri; i servizi di telemedicina, con l’impossibilità di esaminare appropriatamente i pazienti, possono aver facilitato la mancata diagnosi di neoplasie toraciche; ed in ultima analisi, la limitazione all’accesso ai servizi di radiologia, medicina nucleare e endoscopia, a seguito della priorità del management dei casi da Covid-19, ha contribuito a ritardare la diagnosi. A fronte di tale ritardo, bisogna, ragionevolmente, aspettarsi un incremento del numero di neoplasie toraciche che saranno diagnosticate nelle fasi più avanzate di malattia e con una prognosi peggiore, comportando, di conseguenza, un incremento del tasso di mortalità.
Per quanto riguarda lo scenario nazionale, l’Italia è stata, sicuramente, uno tra i paesi più colpiti in termini di nuovi casi e decessi da Covid-19, specialmente durante la prima ondata pandemica. Il governo nazionale, per arginare la facile trasmissibilità di questo virus e limitare il più possibile l’incidenza e la mortalità correlati alla pandemia, introdusse un lockdown generalizzato, come misura emergenziale, tra l’8 Marzo e il 4 Maggio 2020. Anche nel nostro paese, cosi come a livello globale, la pandemia ha obbligato i servizi sanitari ad operare una riorganizzazione significativa, al fine di gestire appropriatamente l’ingente numero di pazienti che richiedevano un’assistenza ospedaliera. Così, la maggior parte delle risorse umane ed economiche sono state canalizzate verso la cura dei pazienti con Covid-19, mentre gli altri servizi diagnostici e terapeutici, non-Covid-correlati, sono stati dilazionati o cancellati. Nell’ambito oncologico, la difficoltà nel mantenere attivi i percorsi diagnostico-terapeutici per le malattie neoplastiche, a causa della ridistribuzione delle risorse, insieme ai bollettini giornalieri che raccomandavano alle persone di stare il più lontano possibile dagli ospedali, hanno, inevitabilmente, comportato un ritardo nelle diagnosi, con un incremento dei tumori scoperti in una fase avanzata e un peggioramento della prognosi. A tal proposito, lo studio italiano COVID-DELAY, ‘Evaluation of COVID-19 impact on DELAYing diagnostic-therapeutic pathways of lung cancer patients in Italy’, uno studio multicentrico, osservazionale, retrospettivo, ha analizzato 3160 pazienti provenienti da diverse regioni italiane, al fine di determinare l’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sul ritardo diagnostico, sulla stadiazione di malattia e su un’eventuale ricaduta in termini di approccio terapeutico. Confrontando i dati registrati nel periodo tra Marzo e Dicembre 2019, con quelli del periodo tra Marzo e Dicembre 2020, è emerso che, nel 2020, vi è stata una lieve diminuzione dei nuovi casi di neoplasia polmonare (circa il 6.9%) rispetto al 2019 ma, più importante, è stata evidenziata una differenza significativa nella stadiazione di malattia alla diagnosi, con un aumento degli stadi IV (il 72% del 2020 contro il 67% del 2019)
Nella realtà pisana, abbiamo condotto uno studio monocentrico, osservazionale e retrospettivo, su una coorte di pazienti oncologici, che sono stati valutati nel servizio di oncologia dell’unità operativa di pneumologia della Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Abbiamo cercato di valutare, come l’outbreak della pandemia da Covid-19, abbia avuto un impatto sulle nuove diagnosi di neoplasie toraciche, sulla stadiazione di queste al momento della presentazione e sulla conseguente ricaduta sulla prognosi, con un aumento del tasso di mortalità e una diminuzione della sopravvivenza media. Dall’analisi dei dati raccolti, è emersa una significativa differenza di stadiazione di malattia, al momento della diagnosi, tra i due diversi periodi, ossia tra il periodo pre-pandemico e quello post-pandemico. I nostri risultati hanno, infatti, evidenziato, durante il periodo pandemico, un aumento della percentuale di pazienti che presentavano una neoplasia in fase avanzata al momento della diagnosi, ed una riduzione della frazione di pazienti che si presentavano, alla diagnosi, con una malattia in fase precoce. Parimenti, probabilmente in ragione dell’upgrading di stadio di malattia al momento della diagnosi, abbiamo osservato una riduzione della sopravvivenza media nei pazienti che giungevano ad una nuova diagnosi di neoplasia toracica durante il periodo pandemico, in confronto a quanto riscontrato durante il periodo pre-pandemico.
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