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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05222024-161004


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
OSMENAJ, BENISA
URN
etd-05222024-161004
Titolo
Tessuto adiposo epicardico: un nuovo biomarcatore nell'amiloidosi cardiaca
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Giannoni, Alberto
correlatore Dott. Fabiani, Iacopo
Parole chiave
  • amiloidosi cardiaca
  • biomarcatore
  • ecocardiografia
  • risonanza magnetica
  • scompenso cardiaco
  • spessore
  • tessuto adiposo epicardico
  • variazione
Data inizio appello
11/06/2024
Consultabilità
Completa
Riassunto
L'amiloidosi cardiaca è una possibile conseguenza dell’amiloidosi sistemica, una patologia causata da un gruppo eterogeneo di proteine che in seguito a mal ripiegamento (misfolding) vanno incontro a precipitazione, depositandosi a livello tissutale e causando ingombro sterico o tossicità diretta. Le principali forme di amiloidosi sistemica associate ad interessamento cardiaco sono l'amiloidosi da catene leggere delle immunoglobuline (AL) e l'amiloidosi da transtiretina (ATTR). Da sempre considerata come una patologia rara, grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche, l’amiloidosi cardiaca, è oggi conosciuta come una patologia rilevante da un punto di vista epidemiologico, soprattutto nell'anziano e in specifiche categorie di pazienti, come quelli con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata (HFpEF) o con stenosi aortica. Nell’amiloidosi cardiaca la deposizione delle proteine mal ripiegate è solitamente ubiquitaria, coinvolgendo endocardio, miocardio, epicardio e strutture valvolari. Attualmente non è chiaro se il deposito di amiloide coinvolga anche il tessuto adiposo epicardico (EAT). Questo tessuto è strettamente connesso al miocardio e alle arterie coronarie, condividendone quindi il microcircolo (senza alcuna fascia che li divida) e svolge importanti funzioni: è considerato un organo metabolicamente attivo, grazie alla sua capacità di produrre un pannello di citochine pro-infiammatorie con effetto sia sulle arterie che sul miocardio. Partendo dall’osservazione empirica di un assottigliamento dello strato di EAT in alcuni pazienti con amiloidosi cardiaca, abbiamo deciso di valutare l’EAT in diversi gruppi di pazienti, sia in pazienti con amiloidosi cardiaca (in particolare forme di amiloidosi AL e ATTR), che in pazienti con scompenso cardiaco legato ad altre eziologie (pazienti con HFpEF, HFrEF, HFmrEF), sfruttando soprattutto misure ricavate da immagini di ecocardiografia transtoracica e risonanza magnetica cardiaca e valutando eventuali correlati clinici in questi diversi fenotipi.
Confermando le osservazioni preliminari, lo spessore dell’EAT misurato mediante ecocardiografia è risultato di dimensioni inferiori nei soggetti con amiloidosi cardiaca rispetto ai soggetti con altra eziologia. Tra i pazienti con amiloidosi cardiaca, il gruppo con amiloidosi AL era caratterizzato da uno spessore dell’EAT minore rispetto a quello con amiloidosi ATTR. Il dato ecocardiografico è stato confermato anche dall’analisi degli spessori e dell’area totale dell’EAT in risonanza magnetica cardiaca. Ad un’analisi di regressione lineare multivariata nella popolazione totale, la presenza di dislipidemia, i valori inferiori di frazione di eiezione ventricolare sinistra, valori plasmatici più elevati dei peptidi natriuretici e della troponina T ad alta sensibilità e sono risultati predittori indipendenti dello spessore di EAT misurato all’ecocardiogramma.
Viceversa, nel contesto di un’analisi di regressione logistica multivariata, l’EAT è risultato un predittore indipendente di amiloidosi cardiaca assieme a età, sesso maschile e spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro. In base a questi risultati, la riduzione dell’EAT sembra poter rappresentare un nuovo biomarcatore o red flag di amiloidosi cardiaca e in particolare di amiloidosi cardiaca AL, sia in ecocardiografia che in risonanza magnetica cardiaca. Studi futuri dovranno confermare questo dato in casistiche più ampie e identificare i potenziali meccanismi (compressione ab extrinseco o lipotossicità diretta) alla base di una riduzione dell’EAT nell’amiloidosi cardiaca.
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