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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05222022-120515


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
CERA, CRISTINA
URN
etd-05222022-120515
Titolo
I mille volti della violenza di genere: tra famiglia, società e guerre
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Marzaduri, Enrico
Parole chiave
  • stereotipi di genere
  • violenza domestica
  • violenza di genere
  • vittima vulnerabile
  • persona offesa
  • stupro come arma di guerra
  • codice rosso
Data inizio appello
06/06/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/06/2092
Riassunto
Obiettivo di questa tesi di laurea è quello di analizzare l’evoluzione del fenomeno della violenza di genere a partire dalle sue origini e dagli elementi che sono stati i motori della sua esistenza. Oggigiorno, infatti, siamo testimoni delle diverse sfumature assunte dalla violenza e di come sia radicata in ogni angolo del mondo, nonché esportata e tramandata. Per comprendere meglio chi siano i protagonisti di questa sfortunata vicenda, abbiamo deciso di mettere a disposizione un’analisi dettagliata che si muove dal concetto generale di ‘persona offesa dal reato’ per passare alla c.d. ‘vittima particolarmente vulnerabile’, delineando tutte le problematiche che vanno ad incidere sul soggetto passivo del reato e di come l’ordinamento sia preposto ad assicurare un’idonea protezione. In particolar modo, abbiamo affrontato l’argomento del c.d. ‘individual assessment’ e della sua importanza, in quanto strumento fondamentale nella predisposizione di misure idonee a garantire una tutela ritagliata sulla propria persona e condizione. Infatti, non tutte le vittime sono uguali e questo concetto è di fondamentale importanza per comprendere l’importanza che assumono gli operatori giudiziari e sanitari al fine di evitare la c.d. ‘vittimizzazione secondaria’, ossia quella sofferenza causata da chi dovrebbe, invece, proteggere. E grazie alle varie normative di matrice comunitaria, anche il nostro ordinamento ha subito un’evoluzione progressista e tesa alla valorizzazione e alla rivalutazione, quindi, del ruolo della persona offesa dal reato; non più vista come parte marginale del processo ma attiva e meritevole di esserlo. Inoltre, sono stati introdotti metodi di audizione speciali e sensibili alla condizione di particolare fragilità – indipendentemente dal fatto che la persona offesa sia minorenne che maggiorenne – quali, ad esempio, l’audizione protetta che risalta e si premura di non far ricadere la vittima nelle mani del reo, al contatto diretto con il suo abusante, nonché al rischio di essere nuovamente vittimizzato. Una volta esaminata nel complesso la disciplina di base che si occupa di fornire la massima tutela alla vittima ed anche le fondamenta che oggi sussistono nella lotta contro la violenza, abbiamo intrapreso il cammino nella c.d. violenza di genere, il cuore di questo elaborato. Il punto di partenza è stato comprendere perché, nonostante la presenza di tutti questi accorgimenti normativi, oggi siamo ancora testimoni di un odio e di una violenza in continua crescita, la quale sembra inarrestabile e dilagante. Per poter comprendere il presente è opportuno fare dei passi indietro nella storia dell’uomo, esaminando il suo passato e tutto ciò che lo caratterizzava. L’obiettivo è capire il perché dell’esistenza della violenza di genere ieri ma, purtroppo, anche oggi. Il punto di partenza di questa storia è individuato nel patriarcato, ossia quel sistema politico, sociale ed economico che si fonda su una diseguaglianza di genere che comporta, inevitabilmente, la sottoposizione della donna all’uomo. Abbiamo, dunque, una condizione di inferiorità ingiustificata che è stato il principale motore che ha scatenato il fenomeno della violenza di genere che vede come vittima – nella maggior parte dei casi – la donna. Abbiamo esaminato il contorno di questo sistema sociale, arrivando a parlare delle diverse forme in cui si può manifestare il sessismo e dei c.d. ‘stereotipi di genere’, ossia quei preconcetti viventi che determinano quali debbano essere i ruoli che gli uomini e le donne debbano perentoriamente assumere nella società. Stereotipi che si stanno incrinando sempre di più, soprattutto con l’avvento del movimento femminista che è volto alla rivendicazione di quei diritti per troppo tempo negati alla donna e al riconoscimento di una c.d. ‘parità di genere’. Infatti, non esistono motivazioni biologiche o caratteriali che possano giustificare questa tendenza discriminatoria perpetrata dall’alba dei tempi. Una volta costruite le fondamenta per il nostro lavoro, quindi, abbiamo deciso di addentrarci nel vivo della materia, della sua concretezza, ossia le fattispecie criminose. Emblematica è, sicuramente, la violenza domestica che vede nelle donne le vittime per eccellenza; una violenza subdola, silenziosa o – più spesso – silenziata dal perpetratore. Questa tipologia di violenza crea una sofferenza psicologia altamente destabilizzante in quanto incrina tutte le certezze della vittima; invero, la casa diviene un ambiente di soprusi ed umiliazioni e, il proprio partner, il carnefice. Una situazione di difficile comprensione e realizzazione per la parte offesa. Ma quello che è importante ricordare è che tutti siamo potenziali vittime; ed è qui che abbiamo deciso di affrontare uno dei casi mediatici per eccellenza oggigiorno, il caso Depp-Heard dove la perpetratrice di violenza, entro le mura di casa, è proprio la moglie. Il motivo per cui risulti così importante portare alla luce questo caso è semplice. La nostra società è ancora incapace di riconoscere l’uomo come potenziale vittima, soprattutto laddove commessa dal sesso riconosciuto come debole, la donna. Uomini che vengono tacciati come bugiardi e abbandonati alla loro sofferenza psicologica, all’umiliazione acuita dal giudizio errato della società. Giudizio che può portare all’emarginazione sociale, come nel caso dell’attore hollywoodiano Depp. Ma come già detto le manifestazioni assunte dalla violenza di genere sono multiple e in continua crescita, come il caso del c.d. ‘revenge porn’ solitamente utilizzato contro la propria ex partner per punirla dopo aver posto fine ad una relazione o, in altri casi, meramente per ottenere un compenso economico. Atti che disintegrano la reputazione di una persona in un secondo, atto che viene compiuto con leggerezza e malignità, atto che può portare la vittima in uno stato depressivo e senza speranza tanto da scegliere il suicidio come unica via di uscita come nel caso di Tiziana Cantone. Ed è proprio con l’aumento vertiginoso di questi casi che il nostro ordinamento ha deciso di prendere le redini in questa lotta dando vita al Codice Rosso, una corsia preferenziale per reagire in modo tempestivo a queste violenze, anche di nuova presenza sul nostro territorio come gli attacchi con l’acido. Ma una tematica che viene presa particolarmente a cuore è la questione della violenza sessuale. Infatti, nella parte conclusiva di questo elaborato, abbiamo esaminato il fenomeno degli stupri come arma di guerra, cioè violenze utilizzate come strategie militari per seminare il panico nelle comunità occupate, per smantellare il tessuto sociale una volta e per sempre. Questa piaga è di uso comune in tutto il mondo, come se i conflitti armati fossero una causa scriminante, dove tutto è lecito e permesso. Donne, uomini e bambini violentati ed uccisi dai soldati come se fossero oggetti privi di diritto, deumanizzati. Violenze che vengono perpetrate per tutta la durata delle guerre ma anche vivono anche dopo di queste. Infatti, le conseguenze sono devastanti come le gravidanze indesiderate, l’emarginazione sociale e, come se non fosse già abbastanza, il contagio da malattie veneree. Una persona potrebbe pensare che, purtroppo, sono il rischio prevedibile di un rapporto non protetto ma c’è di più. La cattiveria umana, infatti, va oltre. Alla base di questi contagi c’è una vera e propria volontarietà, una scelta operata dai vertici che creano apposite squadre dello stupro composte da soggetti positivi, ad esempio, all’AIDS. La malattia, loro lo sanno bene, è sinonimo di disgregamento di una comunità, un modo per insinuarsi e vincere più facilmente. Una piaga che è sempre esistita in passato ma che, purtroppo, è ancora viva oggi ogniqualvolta siano presenti conflitti e un esempio è la guerra datata 2022 che vede come protagonisti Russia – come esecutore – e Ucraina – come vittima. La violenza non accenna a diminuire la sua entità ma, anzi, riesce a trovare sempre più modi diversi in cui manifestarsi e seminare panico e terrore – che sia durante un periodo di guerra che nella vita di tutti i giorni. Numerose disposizioni internazionali hanno riconosciuto lo stupro di guerra come un crimine contro l’umanità ed è un primo passo per poter dare quella giustizia che, per molti anni, è stata negata alle sue vittime. Nel panorama italiano, la riforma Cartabia si presenta come un passo ulteriore nella lotta contro la violenza di genere e per migliorare la tutela della persona offesa ma non è sicuramente ancora sufficiente per garantire una vera e propria situazione di serenità. La lotta contro la violenza è, infatti, la lotta per eccellenza, in quanto la nostra storia è permeata dalla stessa. La violenza non è possibile da incatenare per sempre, quello che possiamo fare è di dare il giusto supporto alle sue vittime per non farle sentire sole, per cercare di render loro giustizia che, per quanto non riuscirà mai a cancellare gli orrori subiti, potranno perlomeno aiutarle nel processo di guarigione. È questo il senso di questa tesi, creare consapevolezza e sensibilizzazione verso un fenomeno presente ma, talvolta, sminuito e messo nel dimenticatoio perché più semplice da gestire. Possiamo essere tutti estranei alla vicenda di violenza ma, a seconda di come reagiamo alla loro presenza, diventiamo suoi complici, per un silenzio di troppo o per uno sguardo voltato.
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