Thesis etd-05192011-101327 |
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Thesis type
Tesi di laurea specialistica LC5
Author
BETTI, LAURA
URN
etd-05192011-101327
Thesis title
Farmaci anticoagulanti innovativi: valutazione del profilo di efficacia e tollerabilita di rivaroxaban e dabigatran
Department
FARMACIA
Course of study
FARMACIA
Supervisors
relatore Prof. Blandizzi, Corrado
Keywords
- anticoagulanti
- dabigatran
- rivaroxaban
Graduation session start date
08/06/2011
Availability
Full
Summary
I farmaci anticoagulanti sono un gruppo di farmaci che hanno la funzione di prevenire fenomeni trombo embolici in diverse condizioni patologiche: profilassi primaria di tromboembolismo venoso (trombosi venosa profonda, embolia polmonare), profilassi secondaria di tromboembolismo venoso, profilassi dell’ictus nella fibrillazione atriale, profilassi secondaria post infarto del miocardio, profilassi antitrombotica dopo impianto di protesi a livello cardiovascolare. I farmaci anticoagulanti tradizionali si distinguono in somministrabili per via parenterale quali eparina, eparine a basso peso molecolare, fondaparinux ed irudine e farmaci somministrabili per via orale e quindi il warfarin.
Per quanto riguarda il processo della coagulazione, questo è un processo che avviene a cascata: si compone di due vie, la via intrinseca e la via estrinseca le quali convergono nella formazione del fattore Xa il quale porterà all’attivazione della protrombina e quindi alla formazione della trombina. Nella via intrinseca, il fattore di Hageman (fattore XII) dopo il legame con il chininogeno ad elevato peso molecolare, viene trasformato in proteasi attiva (fattore XIIa) il quale determinerà a sua volta la formazione del fattore Xa. La via estrinseca fornisce una seconda via per arrivare alla coagulazione del sangue attraverso l’attivazione del fattore VII il quale, porterà all’attivazione del fattore Xa. Pertanto il fattore Xa rappresenta un legame tra la via intrinseca e la via estrinseca. Il fattore Xa in presenza del fattore Va, porta alla formazione della trombina (fattore IIa) la quale agisce sul fibrinogeno circolante determinando la formazione del coagulo di fibrina. Sia sul fattore Xa sia sul fattore IIa, agisce un inibitore endogeno, l’antitrombina III: glicoproteina plasmatica che può essere definita anche cofattore dell’eparina poiché l’azione anticoagulante dell’eparina è mediata da essa. L'eparina infatti si lega naturalmente all'antitrombina III, che a seguito del legame con l'eparina stessa cambia conformazione esponendo il suo sito attivo. L'AT-III attivata a sua volta inattiva la trombina (Fattore IIa), il Fattore X, e altre proteasi coinvolte nella coagulazione del sangue. AT-III si lega specificatamente a una sequenza pentasaccaridica solfata contenuta nella sequenza polimerica dell'eparina. È proprio il cambiamento conformazionale di AT-III a seguito del legame con l'eparina che permette la disattivazione del fattore Xa da parte dell'antitrombina stessa. Tale disattivazione del fattore Xattivo necessita inoltre di un legame tra il pentasaccaride dell'eparina e il fattore Xa stesso.
Il warfarin invece è un anticoagulante orale inibitore della vitamina k: il suo meccanismo d’azione è dovuto all’inibizione della vitamina k. I fattori della coagulazione per poter divenire attivi, necessitano di modifiche post-traduzionali che consistono nella carbossilazione di alcuni residui di acido glutammico al fine di generare l’acido-γ-carbossiglutammico. È durante tale reazione che la vitamina k fissa e cede una molecola di CO2 e viene trasformata in vitamina k epossidoche verrà convertita nella forma precedente da un enzima reduttasi; è proprio tale enzima a rappresentare il bersaglio d’azione del warfarin il quale ne detremina l’inibizione.
A causa delle molteplici limitazioni fenomeni avversi di eparine e warfarin, quali fenomeni emorragici, instaurarsi di reazioni avverse cutanee, necessità di un monitoraggio della coagulazione, attualmente si avverte la necessità di individuare nuovi farmaci anticoagulanti che siano appunto in grado diu superare i limiti di eparine e warfarin. Un anticoagulante ideale infatti dovrebbe essere somministrabile per via orale, avere una farmacocinetica e farmacodinamica
prevedibile, non necessitare di un monitoraggio della coagulazione, avere una rapida insorgenza d’azione, avere una dose prefissata per l’utilizzo ed avere un buon profilo di sicurezza in particolare in termini di rischio emorragico. Due sono i farmaci che sono stati individuati: rivaroxaban, inibitore diretto del fattore Xa, e dabigatran etexilato, inibitore diretto del fattore IIa.
Il rivaroxaban è un inibitore orale diretto del fattore Xa che inibisce competitivamente sia il fattore Xa libero sia il fattore Xa legato al coagulo. Contrariamente all’eparina la sua azione inibitoria non richiede la presenza dell’antitrombina III. A carico di tale farmaco sono stati condotti studi CLINICI DI FARMACODINAMICA E FARMACOCINETICA che hanno dimostrato un’elevata efficacia nell’inibizione del fattore Xa, un’elevata correlazione tra profilo farmacocinetico e blocco del fattore Xa e una moderata influenza del cibo, peso corporeo, sesso, pH gastrico sul profilo farmacocinetico e farmacodinamico. Ulteriori studi sono stati studi clinici di efficacia e tollerabilità, in particolare sono stati condotti studi fase II e III su pazienti sottoposti ad interventi di protesi all’anca e al ginocchio che hanno dimostrato rispettivamente efficacia e tollerabilità simile a quella delle EBPM ed efficacia e tollerabilità simile a quella delle EBPM nel prevenire embolia polmonare e trombosi venosa profonda.
Il dabigatran etexilato è invece una molecola a struttura non peptidica di origine sintetica, pro farmaco di dabigatran. Anche per tale farmaco sono stati portati avanti studi clinici DI FARMACOCINETICA che hanno dimostrato una relazione dose-risposta prevedibile, senza note di interazione con il cibo o con altri farmaci. STUDI CLINICI DI EFFICACIA E TOLLERABILITA’ hanno invece dimostrato una certa efficacia nella prevenzione di eventi tromboembolici in pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica superiore a quella di enoxieparina, una tollerabilità simile a quella di enoxieparina e un’efficacia anticoagulante in pazienti con fibrillazione atriale simile a quella di enoxieparina.
Concludendo possiamo quindi affermare che I FARMACI ANTICOAGULANTI INIBITORI DIRETTI DEL FATTORE Xa E DELLA TROMBINA, PRESENTANO UNA ELEVATA SPECIFICITA DI AZIONE E UN PROFILO FARMACOCINETICO E FARMACODINAMICO PRVEDIBILI, ed HANNO DIMOSTRATO DI POSSEDERE UN PROFILO DI EFFICACIA E DI TOLLERABILITA SIMILI A QUELLI DEI FARMACI TRADIZIONALI. RIVAROXABAN E DABIGATRAN RAPPRESENTANO QUINDI UN ULTERIORE SVILUPPO NELLA TERAPIA ANTICOAGULANTE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA ORTOPEDICA O CON FIBRILLAZIONE ATRIALE. TUTTAVIA, ULTERIORI STUDI SI RENDONO NECESSARI PER VALUTARE I LORO EFFETTI NEL TRATTAMENTO DI ALTRE CONDIZIONI PATOLOGICHE.
Per quanto riguarda il processo della coagulazione, questo è un processo che avviene a cascata: si compone di due vie, la via intrinseca e la via estrinseca le quali convergono nella formazione del fattore Xa il quale porterà all’attivazione della protrombina e quindi alla formazione della trombina. Nella via intrinseca, il fattore di Hageman (fattore XII) dopo il legame con il chininogeno ad elevato peso molecolare, viene trasformato in proteasi attiva (fattore XIIa) il quale determinerà a sua volta la formazione del fattore Xa. La via estrinseca fornisce una seconda via per arrivare alla coagulazione del sangue attraverso l’attivazione del fattore VII il quale, porterà all’attivazione del fattore Xa. Pertanto il fattore Xa rappresenta un legame tra la via intrinseca e la via estrinseca. Il fattore Xa in presenza del fattore Va, porta alla formazione della trombina (fattore IIa) la quale agisce sul fibrinogeno circolante determinando la formazione del coagulo di fibrina. Sia sul fattore Xa sia sul fattore IIa, agisce un inibitore endogeno, l’antitrombina III: glicoproteina plasmatica che può essere definita anche cofattore dell’eparina poiché l’azione anticoagulante dell’eparina è mediata da essa. L'eparina infatti si lega naturalmente all'antitrombina III, che a seguito del legame con l'eparina stessa cambia conformazione esponendo il suo sito attivo. L'AT-III attivata a sua volta inattiva la trombina (Fattore IIa), il Fattore X, e altre proteasi coinvolte nella coagulazione del sangue. AT-III si lega specificatamente a una sequenza pentasaccaridica solfata contenuta nella sequenza polimerica dell'eparina. È proprio il cambiamento conformazionale di AT-III a seguito del legame con l'eparina che permette la disattivazione del fattore Xa da parte dell'antitrombina stessa. Tale disattivazione del fattore Xattivo necessita inoltre di un legame tra il pentasaccaride dell'eparina e il fattore Xa stesso.
Il warfarin invece è un anticoagulante orale inibitore della vitamina k: il suo meccanismo d’azione è dovuto all’inibizione della vitamina k. I fattori della coagulazione per poter divenire attivi, necessitano di modifiche post-traduzionali che consistono nella carbossilazione di alcuni residui di acido glutammico al fine di generare l’acido-γ-carbossiglutammico. È durante tale reazione che la vitamina k fissa e cede una molecola di CO2 e viene trasformata in vitamina k epossidoche verrà convertita nella forma precedente da un enzima reduttasi; è proprio tale enzima a rappresentare il bersaglio d’azione del warfarin il quale ne detremina l’inibizione.
A causa delle molteplici limitazioni fenomeni avversi di eparine e warfarin, quali fenomeni emorragici, instaurarsi di reazioni avverse cutanee, necessità di un monitoraggio della coagulazione, attualmente si avverte la necessità di individuare nuovi farmaci anticoagulanti che siano appunto in grado diu superare i limiti di eparine e warfarin. Un anticoagulante ideale infatti dovrebbe essere somministrabile per via orale, avere una farmacocinetica e farmacodinamica
prevedibile, non necessitare di un monitoraggio della coagulazione, avere una rapida insorgenza d’azione, avere una dose prefissata per l’utilizzo ed avere un buon profilo di sicurezza in particolare in termini di rischio emorragico. Due sono i farmaci che sono stati individuati: rivaroxaban, inibitore diretto del fattore Xa, e dabigatran etexilato, inibitore diretto del fattore IIa.
Il rivaroxaban è un inibitore orale diretto del fattore Xa che inibisce competitivamente sia il fattore Xa libero sia il fattore Xa legato al coagulo. Contrariamente all’eparina la sua azione inibitoria non richiede la presenza dell’antitrombina III. A carico di tale farmaco sono stati condotti studi CLINICI DI FARMACODINAMICA E FARMACOCINETICA che hanno dimostrato un’elevata efficacia nell’inibizione del fattore Xa, un’elevata correlazione tra profilo farmacocinetico e blocco del fattore Xa e una moderata influenza del cibo, peso corporeo, sesso, pH gastrico sul profilo farmacocinetico e farmacodinamico. Ulteriori studi sono stati studi clinici di efficacia e tollerabilità, in particolare sono stati condotti studi fase II e III su pazienti sottoposti ad interventi di protesi all’anca e al ginocchio che hanno dimostrato rispettivamente efficacia e tollerabilità simile a quella delle EBPM ed efficacia e tollerabilità simile a quella delle EBPM nel prevenire embolia polmonare e trombosi venosa profonda.
Il dabigatran etexilato è invece una molecola a struttura non peptidica di origine sintetica, pro farmaco di dabigatran. Anche per tale farmaco sono stati portati avanti studi clinici DI FARMACOCINETICA che hanno dimostrato una relazione dose-risposta prevedibile, senza note di interazione con il cibo o con altri farmaci. STUDI CLINICI DI EFFICACIA E TOLLERABILITA’ hanno invece dimostrato una certa efficacia nella prevenzione di eventi tromboembolici in pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica superiore a quella di enoxieparina, una tollerabilità simile a quella di enoxieparina e un’efficacia anticoagulante in pazienti con fibrillazione atriale simile a quella di enoxieparina.
Concludendo possiamo quindi affermare che I FARMACI ANTICOAGULANTI INIBITORI DIRETTI DEL FATTORE Xa E DELLA TROMBINA, PRESENTANO UNA ELEVATA SPECIFICITA DI AZIONE E UN PROFILO FARMACOCINETICO E FARMACODINAMICO PRVEDIBILI, ed HANNO DIMOSTRATO DI POSSEDERE UN PROFILO DI EFFICACIA E DI TOLLERABILITA SIMILI A QUELLI DEI FARMACI TRADIZIONALI. RIVAROXABAN E DABIGATRAN RAPPRESENTANO QUINDI UN ULTERIORE SVILUPPO NELLA TERAPIA ANTICOAGULANTE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA ORTOPEDICA O CON FIBRILLAZIONE ATRIALE. TUTTAVIA, ULTERIORI STUDI SI RENDONO NECESSARI PER VALUTARE I LORO EFFETTI NEL TRATTAMENTO DI ALTRE CONDIZIONI PATOLOGICHE.
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