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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05172024-125619


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CIRIGNANO, MAGDA KILLA LALLA
URN
etd-05172024-125619
Titolo
Iconografia del mito di Pan e Siringa. Metafora di fuga e metamorfosi.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
correlatore Prof.ssa Maffei, Sonia
Parole chiave
  • fuga
  • iconografia
  • metafora
  • metamorfosi
  • mito
  • Pan
  • Siringa
Data inizio appello
28/05/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/05/2094
Riassunto
Il presente lavoro nasce dalla volontà di portare avanti un viaggio iniziato durante le lezioni di Iconologia e Iconografia del Professore Vincenzo Farinella. L'obiettivo è esplorare l'evoluzione del mito di Pan e Siringa nel corso del tempo attraverso uno studio iconografico e iconologico. Questo è stato reso possibile grazie al prezioso contributo della Professoressa Sonia Maffei. La sua guida mi ha permesso di analizzare non solo il contenuto narrativo delle opere, ma anche di comprendere le ragioni che hanno spinto gli artisti a scegliere determinate forme artistiche. Il mito di Pan e Siringa è stato analizzato e confrontato con un racconto simile dal punto di vista strutturale e tematico: Apollo e Dafne.

L'approccio iconografico si concentra sull'analisi delle rappresentazioni visive dei miti nel corso della storia dell'arte, evidenziando le variazioni e le costanti nelle immagini raffigurate. Al contempo, l'approccio iconologico consente di esplorare i significati simbolici e culturali sottostanti a tali rappresentazioni, consentendo al fruitore di cogliere non solo l'aspetto estetico delle opere, ma anche di comprendere le motivazioni culturali e artistiche che hanno influenzato le valutazioni degli artisti.
Attraverso questa analisi comparativa, si cerca di gettare luce sulle trasformazioni del mito nel contesto artistico e culturale, fornendo una chiave di lettura più approfondita e completa delle opere in questione. Questa tipologia di studio non può esimersi dal considerare il materiale letterario di riferimento, ausilio indispensabile dell’artista che intende dedicarsi a soggetti provenienti dalla cultura classica mitologica. Tale materiale è stato recuperato grazie alla piattaforma Iconos che mi ha fornito le basi necessarie e alla lettura di numerosi altri testi di riferimento e alla consultazione del Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae. Il primo capitolo Pan e Siringa: le testimonianze letterarie del mito è interamente dedicato alle fonti letterarie dall’antichità sino al Rinascimento. Il lavoro prende avvio dall’etimologia di Πάν (dal greco paein) ossia «pascolare», ma anche «Tutto-Natura» o «Universo-Natura» (definizione che ci tornerà utile anche nell’ultimo capitolo) e per estensione «timor panico» o «terror panico». Sono state approfondite le leggende legate alla sua nascita, la diffusione del suo culto e in questo caso al suo amore per Siringa.
Lo studio delle fonti medievali e rinascimentali ha permesso di approfondire il modo in cui gli autori hanno raccolto il sapere antico, sottoponendolo ad una interpretazione allegorica e religiosa, intese quali prefigurazioni degli eventi biblici. Si tratta di codici in francese e in latino, i cui apporti illustrativi contribuirono alla diffusione di un repertorio iconografico del poema: l’Ovide moralisé en vers francais, il Roman de la rose e l’Ovidius moralizatus – per citarne alcuni . Ciò che ci interessa principalmente trattare è legato all’aspetto intrinseco che Pan rappresenta, ossia come forza interiore cui era associato in epoca classica e medievale. La figura del dio pastore, infatti, non godeva di una buona reputazione; alla sua persona fu connotata una accezione negativa, trasformatasi poi in natura animale. Questo punto di vista è associato alla sfera sessuale, cui la sua figura è particolarmente legata e a causa di ciò demonizzata.
Sono, altresì, interessanti gli studi condotti da Erwin Panofsky e Bodo Guthmüller i quali hanno consentito di indagare la maniera attraverso la quale si è scelto di trattare l’opera ovidiana. La conoscenza delle Metamorfosi di Ovidio era importante per la comprensione dell’arte e della letteratura antica e moderna. Il Guthmüller, in particolare, ha rilevato i testi di diffusione delle Metamorfosi, analizzando le motivazioni che hanno portato a considerate Ovidio, non solo una fonte enciclopedica della mitologia antica, ma anche un modello di riferimento etico e morale.
Il capitolo due – Testimonianze figurative del mito di Pan e Siringa – ha inizio con le prime testimonianze iconografiche del dio Pan. La sua figura in età arcaica fu rappresentata nel caratteristico aspetto ferino e dalla compagnia delle ninfe. Fu solo a partire dal V secolo a.C. che i tratti animaleschi così esagerati si affievolirono e Pan fu riprodotto quasi del tutto come un uomo – fatta eccezione delle corna, peculiare elemento rimasto.
Grazie alle volgarizzazioni diffuse in tutta Europa, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, le Metamorfosi furono adottate come fonte iconografica. La soluzione che trova maggiore continuità è quella che vede privilegiare una sintesi tematica dei due momenti cruciali: la fuga e la trasformazione. La scena si riduce ai soli due protagonisti, che caratterizza l’interpretazione di Salomon, con Siringa spesso contraddistinta da una gestualità che mira a sottolineare il suo tentativo di evasione.
Nel Settecento, invece, si predilige una rappresentazione completa del mito che estende la narrazione a tutti i personaggi della fabula – così come accade, ad esempio, con Bon Boullogne.
Il capitolo termina con la rappresentazione del mito di Pan e Siringa all’interno dei grandi palazzi storici italiani, quali Villa Farnesina in cui troviamo la mano del Peruzzi e Galleria Farnese, dove il mito è raffigurato nel medaglione di Annibale Carracci.
Il terzo capitolo – Somiglianze letterarie e iconografiche del mito di Pan e Siringa e Apollo e Dafne – si propone di confrontare i due episodi legati da un filo conduttore: la presenza di attive divinità maschili e una serie di figure femminili passive. Le fabulae sono riconducibili allo stesso schema compositivo: una caccia erotica che minaccia l’oggetto del desiderio, che tenta di sottrarsi il più possibile e infine una richiesta di aiuto che si concretizza per mezzo di una metamorfosi che ne interrompe la corsa. La rappresentazione grafica della fuga risale all’arte greca: desiderare è cacciare (inseguire), rincorrere l’oggetto del desiderio, che sfugge regolarmente, alimentando così il desiderio dell’inseguitore. Questi amori sono, di fatto, vere e proprie violenze, brutali manifestazioni di forza da parte di un potere superiore e in cui le vittime femminili fungono da meri strumenti per il compimento del desiderio divino .
Le protagoniste – tutte seguaci di Diana – finiscono per implorare una trasformazione, che le porta ad assumere altre fattezze. Dafne, proprio come la sua dea, ha scelto la via della castità e rifiuta fermamente sia il matrimonio sia l’unione con i numerosi pretendenti . Siringa anche lei votata alla castità, risponde alle avance di Pan con la fuga, fino a invocare e subire una trasformazione.
Il capitolo si conclude con una riflessione sul corpo: si propone di indagare il modo in cui è interpretato e rappresentato quello della donna all’interno dei miti. L’aggressione erotica è il soggetto di queste e di molte altre produzioni narrative. Pertanto, il corpo è associato alla sessualità, che è quindi ricollegato alla violenza, al dolore e alla vittimizzazione. Il tema dell’inganno a scopo di violenza (e/o stupro) unisce le azioni dei protagonisti dei miti trattati ai danni di ninfe o dee riluttanti .
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