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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05172020-200110


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TARCHIANI, GIULIA
URN
etd-05172020-200110
Titolo
Licenziamento individuale illegittimo: l'evoluzione normativa della tutela dagli anni '60, alla svolta del Job Act sino alle correzioni della disciplina odierna.
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE
Relatori
relatore Avv. Mariani, Michele
Parole chiave
  • licenziamento individuale illegittimo
  • legge 604/1966
  • legge 300/1970
  • legge 92/2012
  • d.lsg.23/2015
  • sentenza 194/2018
Data inizio appello
08/06/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il licenziamento è l’atto unilaterale di recessione dal contratto di lavoro promosso dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore con il fine di cessare il rapporto. Per essere legittimo deve essere sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo e pertanto risulta illegittimo in mancanza di quanto sopra. Ove risulti illegittimo la legge interviene a tutela del lavoratore e con il contestuale scopo di punire il datore di lavoro. Dagli anni Sessanta ad oggi si sono susseguite numerose leggi che hanno: introdotto la tutela nei confronti del lavoratore, come le due leggi alla base della disciplina ovvero la legge n.604/1966 per i datori di lavoro di piccole dimensioni e la legge n.300/1970, il cosiddetto “Statuto dei Lavoratori”, per i datori di medio e grandi dimensioni; rivisto e modificato la tutela come le leggi n.108/2010 e la legge 92/2012 meglio conosciuta come “Riforma Fornero”; infine, ridotto la tutela come il discusso “Job Act” con il d.lgs. 23/2015 ben presto corretto dalla Corte Costituzionale stessa con la sentenza n.194/2018. Tutte le leggi sopra citate, ad esclusione del d.lgs. 23/2015, hanno sempre previsto, nelle varie sfaccettature e nelle differenze di trattamento economico stabilite per i lavoratori assunti in piccole realtà e quelli assunti in medio-grandi realtà, una tutela basata sulla reintegra nel posto di lavoro affiancata da un’indennità risarcitoria compresa tra un range di un minimo ed un massimo senza fornire un mai un quadro esatto dell’importo spettante, rimesso alla decisione discrezionale del giudice. A risoluzione di questa incertezza del quantum è intervenuto il d.lgs.23/2015, applicato ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, che non solo ha cancellato la possibilità di reintegra ma ha anche fornito un sistema di calcolo matematico preciso, “due mensilità per ogni anno di servizio”, sempre all’interno di un range tra minimo e massimo, in grado di fornire a monte la conoscenza dell’indennità risarcitoria da erogare al lavoratore. Questo idillio per il datore di lavoro, che aveva risolto l’arcano dell’incertezza del costo del licenziamento, è durato ben poco poiché solo 3 anni dopo, con la sentenza n.194/2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il sistema di calcolo, abrogandolo, e riportando la decisione nelle mani del giudice. Certo che la disciplina ad oggi è mutata rispetto a quella che l’ha preceduta con la contemporanea coesistenza di leggi diverse per realtà diverse anche se, paradossalmente, con situazioni analoghe e continua a presentare forti lacune e disparità di trattamento tra lavoratori che porta a constatare che l’evoluzione normativa non può ritenersi conclusa.
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