Tesi etd-05162011-202628 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
ROMA, CINZIA
URN
etd-05162011-202628
Titolo
Il distretto industriale marshalliano
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Raffaelli, Tiziano
Parole chiave
- Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
06/06/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/06/2051
Riassunto
Il presente lavoro è suddiviso in due parti principali: nella prima cerco di ricostruire la genesi storica del concetto socio-economico di “distretto industriale marshalliano”, coniato da Giacomo Becattini negli anni settanta del secolo scorso in riferimento alla peculiarità dello sviluppo industriale di alcune regioni italiane (basato sul sistema delle piccole e medie imprese territorialmente concentrate), e adottato come nuova unità d'indagine dell'analisi economica. Nella seconda mi soffermo su un secondo approccio teorico allo studio dei distretti, presentando, brevemente, i filone di studi della Nuova geografia economica e della teoria del clustering, facendo riferimento ai lavori di Paul Krugman e Michael Porter degli anni novanta.
Dopo una breve introduzione in cui, con riferimento alle riflessioni becattiniane, espongo sul ruolo svolto dagli studi sui distretti nella ricomposizione del sapere sociale e, in particolare, nel superamento del gap tra economia e scienza sociale, mi soffermo su Alfred Marshall e il suo studio sui distretti industriali del Lancashire inglese nell'Ottocento. La parte centrale dell'elaborato verte, invece, sulla definizione dell'idealtipo di distretto coniata da Becattini e sull'analisi dei tratti e degli elementi fondamentali del distretto. Quindi, nei capitoli successivi, illustro brevemente sull'applicazione della categoria biologica di “autopoiesi” alla realtà dell'impresa distrettuale; sulla realtà distrettuale della “Terza Italia”; sull'evoluzione dei distretti e sulle loro debolezze strutturali, emerse con le sfide poste dalla globalizzazione; sulla possibilità di interventi e politiche industriali mirate a sostenere lo sviluppo dei distretti italiani e renderli più competitivi in un'epoca di grandi mutamenti a livello globale.
La parte seconda è incentrata sulle ricerche di Paul Krugman, di cui presento la nuova teoria del commercio internazionale e il modello centro-periferia di localizzazione industriale, spostando, quindi, la mia attenzione sulla teoria dei vantaggi competitivi e il ruolo del cluster in Michael Porter.
Infine, concludo con una comparazione critica dei due approcci presentati e con riflessioni su possibilità e limiti di un capitalismo “dal volto umano” nell'era della globalizzazione e dell'imporsi delle grandi imprese multinazionali.
Dopo una breve introduzione in cui, con riferimento alle riflessioni becattiniane, espongo sul ruolo svolto dagli studi sui distretti nella ricomposizione del sapere sociale e, in particolare, nel superamento del gap tra economia e scienza sociale, mi soffermo su Alfred Marshall e il suo studio sui distretti industriali del Lancashire inglese nell'Ottocento. La parte centrale dell'elaborato verte, invece, sulla definizione dell'idealtipo di distretto coniata da Becattini e sull'analisi dei tratti e degli elementi fondamentali del distretto. Quindi, nei capitoli successivi, illustro brevemente sull'applicazione della categoria biologica di “autopoiesi” alla realtà dell'impresa distrettuale; sulla realtà distrettuale della “Terza Italia”; sull'evoluzione dei distretti e sulle loro debolezze strutturali, emerse con le sfide poste dalla globalizzazione; sulla possibilità di interventi e politiche industriali mirate a sostenere lo sviluppo dei distretti italiani e renderli più competitivi in un'epoca di grandi mutamenti a livello globale.
La parte seconda è incentrata sulle ricerche di Paul Krugman, di cui presento la nuova teoria del commercio internazionale e il modello centro-periferia di localizzazione industriale, spostando, quindi, la mia attenzione sulla teoria dei vantaggi competitivi e il ruolo del cluster in Michael Porter.
Infine, concludo con una comparazione critica dei due approcci presentati e con riflessioni su possibilità e limiti di un capitalismo “dal volto umano” nell'era della globalizzazione e dell'imporsi delle grandi imprese multinazionali.
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