Thesis etd-05142015-124641 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione (5 anni)
Author
BOTTAI, ANNA
URN
etd-05142015-124641
Thesis title
Approccio incrementale alla dialisi peritoneale: esperienza decennale monocentrica
Department
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Course of study
NEFROLOGIA
Supervisors
relatore Prof. Donadio, Carlo
relatore Prof. Cancarini, Giovanni
relatore Prof. Cancarini, Giovanni
Keywords
- dialisi incrementale peritoneale
Graduation session start date
05/06/2015
Availability
Withheld
Release date
05/06/2085
Summary
L’inizio della terapia sostitutiva nel paziente con insufficienza renale cronica è ancora controverso. Le linee guida attuali evidenziano come non ci sia un aumento della sopravvivenza nei pazienti con inizio precoce della terapia dialitica, pertanto dovrebbe essere considerato l’inizio della dialisi al raggiungimento di valori di eGFR < 6 ml/min, e se in presenza di sintomi uremici con eGFR <15 ml/min. Per quanto riguarda la terapia dialitica mediante la dialisi peritoneale i parametri di adeguatezza dialitica, cioè il Kt/V settimanale e la clearance settimanale della creatinina (wCrCl), dovrebbero essere mantenuti entro questi target: wKt/V >1,7 e wCrCl>45 l/w/1,73m2. Anche in questo caso valori superiori a quelli indicati non arrecano vantaggio al paziente in termini di sopravvivenza. Date queste premesse è nata l’idea dell’approccio incrementale alla dialisi peritoneale, dialisi non precoce, in cui la prescrizione della dose dialitica è la minima necessaria per raggiungere una depurazione adeguata, poiché alla quota depurativa dialitica si aggiunge quella data dalla funzione renale residua (FRR), qualora essa sia ancora presente. La quota dialitica verrà poi aumentata al ridursi della FRR. Per dialisi incrementale si intende pertanto uno schema dialitico composto da 1-2 scambi/die per la CAPD (Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis), e fino a 4 sedute alla settimana per la APD (Automated Peritoneal Dialysis).
Ad oggi non vi sono in letteratura studi che confrontino la sopravvivenza dei pazienti in incrementale rispetto a quelli in trattamento a dose piena. Presso l’U.O. di Nefrologia dell’A.O. Spedali Civili di Brescia è stato condotto uno studio prospettico sul confronto tra i pazienti incidenti in dialisi peritoneale dal 2002 al 2008 con metodo incrementale e a dose piena, dimostrando come non ci siano differenze tra la metodica incrementale e quella a dose piena sulla sopravvivenza del paziente, con stessa efficacia depurativa. Lo studio è stato interrotto nel 2008, poiché i pazienti incidenti a dose piena avevano una FRR significativamente inferiore rispetto a quelli con inizio incrementale. Questo rendeva i due gruppi non confrontabili per un parametro, la funzione renale residua, fortemente condizionante gli indicatori di esito, pertanto non era stato possibile proseguire l’analisi di confronto.
Scopo dello studio: confrontare l’andamento clinico dei pazienti incidenti in dialisi peritoneale incrementale nei periodi 2002-2007 e 2008-2014, per analizzare gli eventuali cambiamenti nella gestione di questi pazienti dopo il cambiamento della politica del centro.
Pazienti e metodi: sono stati valutati 98 pazienti in dialisi peritoneale incrementale, divisi in base al periodo di inizio dialisi in due gruppi: INCR 02-07, con inizio nel periodo 2002-2007, composto da 29 pazienti e INCR 08-14, con inizio nel periodo 2008-2014, di 69 pazienti. Sono state confrontate le caratteristiche demografiche, cliniche, il tasso di ospedalizzazione, i parametri di adeguatezza, la sopravvivenza e l’incidenza di peritonite. L’analisi statistica è stata condotta con il test di Wilcoxon, per i dati di prevalenza è stato utilizzato il test χ-quadro con correzione di Yates, e per la valutazione dell’andamento il modello lineare generalizzato per misure ripetute. È stata condotta inoltre l’analisi univariata della sopravvivenza, il confronto statistico tra due popolazioni è stato eseguito con il logrank test e con il Breslow test, ed è stata eseguita anche l’analisi multivariata secondo il metodo di Cox.
Risultati: in entrambi i gruppi venivano raggiunti i target minimi depurativi richiesti dalle linee guida, non vi erano inoltre differenze nell’andamento della FRR e della diuresi, maggiore ad inizio dialisi nel gruppo INCR 08-14 (1818±510 ml/die vs1488±489 ml/die del gruppo INCR 02-07, e P=0,01). Nonostante il D/P della creatinina maggiore nel gruppo INCR 08-14 (P=0,00001) la classe di permeabilità peritoneale è per entrambi i gruppi quella dei medi trasportatori. La sopravvivenza dal primo episodio di peritonite è risultata maggiore nel gruppo INCR 02-07 con P<0,03 al log-rank test ma non significativa al Breslow test, con incidenza di 1/112/mesi paziente e di 1/68/mesi-paziente nel gruppo INCR 08-14, dato comunque inferiore rispetto alle raccomandazioni internazionali. La sopravvivenza dei pazienti è risultata sovrapponibile, e l’appartenenza al gruppo INCR 08-14 secondo l’analisi di Cox è fattore protettivo (P=0,02) di mortalità. Il controllo delle complicanze della sindrome uremica è risultato ottimale con valori sovrapponibili nei due gruppi, tranne che per la fosforemia (valori medi di poco al di sopra dei 4,5 mg/dl, riferimento delle linee guida), e per l’albuminemia (valori di poco inferiori ai 3,5 mg/dl) soprattutto a fine incrementale. Non ci sono state variazioni significative né nel controllo pressorio, né nel peso corporeo.
Conclusioni: l’approccio incrementale alla dialisi peritoneale è un trattamento dialitico adeguato sia in termini depurativi, che di controllo della sindrome uremica, con minor incidenza di peritoniti, e minor impegno da parte del paziente a vantaggio della qualità della vita. Nonostante il cambio della politica del centro non ci sono state significative differenze nella gestione dei pazienti in incrementale dal 2002 ad oggi. Un’albuminemia non ottimale e l’iperfosforemia riscontrate impongono una maggiore attenzione alla terapia nutrizionale. La dialisi peritoneale andrebbe proposta a tutti i pazienti con funzione renale significativa, consentendo a molti pazienti di arrivare al trapianto prima di passare al trattamento a dose piena.
Ad oggi non vi sono in letteratura studi che confrontino la sopravvivenza dei pazienti in incrementale rispetto a quelli in trattamento a dose piena. Presso l’U.O. di Nefrologia dell’A.O. Spedali Civili di Brescia è stato condotto uno studio prospettico sul confronto tra i pazienti incidenti in dialisi peritoneale dal 2002 al 2008 con metodo incrementale e a dose piena, dimostrando come non ci siano differenze tra la metodica incrementale e quella a dose piena sulla sopravvivenza del paziente, con stessa efficacia depurativa. Lo studio è stato interrotto nel 2008, poiché i pazienti incidenti a dose piena avevano una FRR significativamente inferiore rispetto a quelli con inizio incrementale. Questo rendeva i due gruppi non confrontabili per un parametro, la funzione renale residua, fortemente condizionante gli indicatori di esito, pertanto non era stato possibile proseguire l’analisi di confronto.
Scopo dello studio: confrontare l’andamento clinico dei pazienti incidenti in dialisi peritoneale incrementale nei periodi 2002-2007 e 2008-2014, per analizzare gli eventuali cambiamenti nella gestione di questi pazienti dopo il cambiamento della politica del centro.
Pazienti e metodi: sono stati valutati 98 pazienti in dialisi peritoneale incrementale, divisi in base al periodo di inizio dialisi in due gruppi: INCR 02-07, con inizio nel periodo 2002-2007, composto da 29 pazienti e INCR 08-14, con inizio nel periodo 2008-2014, di 69 pazienti. Sono state confrontate le caratteristiche demografiche, cliniche, il tasso di ospedalizzazione, i parametri di adeguatezza, la sopravvivenza e l’incidenza di peritonite. L’analisi statistica è stata condotta con il test di Wilcoxon, per i dati di prevalenza è stato utilizzato il test χ-quadro con correzione di Yates, e per la valutazione dell’andamento il modello lineare generalizzato per misure ripetute. È stata condotta inoltre l’analisi univariata della sopravvivenza, il confronto statistico tra due popolazioni è stato eseguito con il logrank test e con il Breslow test, ed è stata eseguita anche l’analisi multivariata secondo il metodo di Cox.
Risultati: in entrambi i gruppi venivano raggiunti i target minimi depurativi richiesti dalle linee guida, non vi erano inoltre differenze nell’andamento della FRR e della diuresi, maggiore ad inizio dialisi nel gruppo INCR 08-14 (1818±510 ml/die vs1488±489 ml/die del gruppo INCR 02-07, e P=0,01). Nonostante il D/P della creatinina maggiore nel gruppo INCR 08-14 (P=0,00001) la classe di permeabilità peritoneale è per entrambi i gruppi quella dei medi trasportatori. La sopravvivenza dal primo episodio di peritonite è risultata maggiore nel gruppo INCR 02-07 con P<0,03 al log-rank test ma non significativa al Breslow test, con incidenza di 1/112/mesi paziente e di 1/68/mesi-paziente nel gruppo INCR 08-14, dato comunque inferiore rispetto alle raccomandazioni internazionali. La sopravvivenza dei pazienti è risultata sovrapponibile, e l’appartenenza al gruppo INCR 08-14 secondo l’analisi di Cox è fattore protettivo (P=0,02) di mortalità. Il controllo delle complicanze della sindrome uremica è risultato ottimale con valori sovrapponibili nei due gruppi, tranne che per la fosforemia (valori medi di poco al di sopra dei 4,5 mg/dl, riferimento delle linee guida), e per l’albuminemia (valori di poco inferiori ai 3,5 mg/dl) soprattutto a fine incrementale. Non ci sono state variazioni significative né nel controllo pressorio, né nel peso corporeo.
Conclusioni: l’approccio incrementale alla dialisi peritoneale è un trattamento dialitico adeguato sia in termini depurativi, che di controllo della sindrome uremica, con minor incidenza di peritoniti, e minor impegno da parte del paziente a vantaggio della qualità della vita. Nonostante il cambio della politica del centro non ci sono state significative differenze nella gestione dei pazienti in incrementale dal 2002 ad oggi. Un’albuminemia non ottimale e l’iperfosforemia riscontrate impongono una maggiore attenzione alla terapia nutrizionale. La dialisi peritoneale andrebbe proposta a tutti i pazienti con funzione renale significativa, consentendo a molti pazienti di arrivare al trapianto prima di passare al trattamento a dose piena.
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