Tesi etd-05142008-105707 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
MONTANARO, IVAN
URN
etd-05142008-105707
Titolo
L'evoluzione del concetto di Ba dalle origini alla fine del Medio Regno
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
LINGUE E CULTURE DEL VICINO E MEDIO ORIENTE
Relatori
Relatore Prof.ssa Betrò, Maria Carmela
Parole chiave
- Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
03/06/2008
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/06/2048
Riassunto
Questo studio sul concetto di Ba è sorto subito dopo il corso di Filologia Egiziana tenuto dalla prof.ssa M. C. Betrò sul papiro Berlin 3024 che contiene l’unica copia del famoso “Dialogo di un disperato con il suo Ba”. Traducendo passo dopo passo il testo, ci si è accorti che molte descrizioni circa la natura del Ba e circa la sua funzione sono discordanti e spesso contraddittorie. Le traduzioni dei vari autori sono il più delle volte delle pure congetture e spesso sono dettate da speculazioni che poco hanno a che vedere con l’escatologia egiziana, che in apparenza è già piena di contraddizioni di per sé. Facendo anche una rapida ricerca sui precedenti studi fatti sull’argomento, si è notata una certa eterogeneità di risultati.
Con nessuna pretesa, ho cercato la bibliografia che potesse in qualche modo essermi utile a districarmi in questa difficile ricerca. Non sono molti gli studiosi che si sono cimentati nell’arduo compito di dare un senso e una possibile traduzione al termine “bA”, che era stato sin dall’inizio, forse impropriamente, reso con “anima”. L’origine di tale traduzione va cercata nelle stesse tradizioni orali e scritte sui geroglifici a cui molti tardi cultori dell’antica civiltà egiziana si rifacevano; esse risalivano ad un’epoca tarda, in cui sopravviveva soltanto una effimera conoscenza di quel sistema di scrittura, oppure si rifacevano a quelle opere in lingua greca che erano destinate a rendere accessibili agli ambienti ellenistici la storia, la religione e le istituzioni dell’Egitto faraonico. I valori fonetici erano dunque ignorati, e in più si riteneva che la scrittura egiziana fosse dotata di una immediata intelligibilità, adducendo fantasiose ragioni per spiegare il rapporto logico che unisce il geroglifico al concetto che questo esprime. Ad esempio lo storico greco del V sec. d.C. Horapollo, nella sua opera Hieroglyphica, affermava che il termine bA doveva essere tradotto con “anima” (in greco ????) poiché “lo sparviero è impiegato per indicare l’anima a causa del significato che s’attribuisce al suo nome. Gli egiziani chiamavano lo sparviero baieth e questo vocabolo, risolto nelle parti che lo compongono, significa “anima” e “cuore”: bai infatti è l’anima ed eth è il cuore. Secondo gli Egiziani il cuore è l’involucro dell’anima, cosicché il nome nel suo insieme significa “anima racchiusa nel cuore”. Perciò lo sparviero, per il fatto d’essere affine all’anima, non beve nel modo più assoluto acqua ma sangue, di cui si nutre anche l’anima” . Horapollo evidentemente ha contaminato il nome egizio dello “sparviero” bik, che si scrive , dove la figurina dell’uccello presenta sul dorso il flabello, con il termine egizio bA “anima”, in cui si usa un ideogramma, affine a quello di bik, ma con viso umano , o ha semplicemente confuso la cicogna bA con il falco . Per quanto riguarda poi la supposizione che il cuore fosse l’involucro dell’anima sembra derivare piuttosto dalla speculazione filosofica greca, risalente ai Pitagorici e ancora viva nel tardo Ellenismo, al pari della credenza che l’anima si nutrisse di sangue .
Dal periodo storico in cui scriveva Horapollo è passato diverso tempo, ma il concetto di Ba non sembra essere ancora chiarito; da molti studiosi viene ancora tradotto con “anima”, pur riconoscendo che tale traduzione è semplicistica e poco appropriata.
Con questo lavoro di ricerca filologica, si cercherà di far luce su questo difficile concetto nelle sue prime fasi evolutive, prendendo come punto di partenza quei testi religiosi e magici, quali i “Testi delle Piramidi” e i “Testi dei Sarcofagi”, che vedono la nascita di questo concetto e che lo descrivono nei particolari.
Approfitto di questo spazio inoltre per ringraziare ufficialmente la prof.ssa M.C. Betrò, che mi ha incoraggiato, sostenuto e consigliato con la sua esperienza e la sua conoscenza sin dall’inizio, nonostante fossimo entrambi al corrente della complessità e della vastità dell’argomento.
Con nessuna pretesa, ho cercato la bibliografia che potesse in qualche modo essermi utile a districarmi in questa difficile ricerca. Non sono molti gli studiosi che si sono cimentati nell’arduo compito di dare un senso e una possibile traduzione al termine “bA”, che era stato sin dall’inizio, forse impropriamente, reso con “anima”. L’origine di tale traduzione va cercata nelle stesse tradizioni orali e scritte sui geroglifici a cui molti tardi cultori dell’antica civiltà egiziana si rifacevano; esse risalivano ad un’epoca tarda, in cui sopravviveva soltanto una effimera conoscenza di quel sistema di scrittura, oppure si rifacevano a quelle opere in lingua greca che erano destinate a rendere accessibili agli ambienti ellenistici la storia, la religione e le istituzioni dell’Egitto faraonico. I valori fonetici erano dunque ignorati, e in più si riteneva che la scrittura egiziana fosse dotata di una immediata intelligibilità, adducendo fantasiose ragioni per spiegare il rapporto logico che unisce il geroglifico al concetto che questo esprime. Ad esempio lo storico greco del V sec. d.C. Horapollo, nella sua opera Hieroglyphica, affermava che il termine bA doveva essere tradotto con “anima” (in greco ????) poiché “lo sparviero è impiegato per indicare l’anima a causa del significato che s’attribuisce al suo nome. Gli egiziani chiamavano lo sparviero baieth e questo vocabolo, risolto nelle parti che lo compongono, significa “anima” e “cuore”: bai infatti è l’anima ed eth è il cuore. Secondo gli Egiziani il cuore è l’involucro dell’anima, cosicché il nome nel suo insieme significa “anima racchiusa nel cuore”. Perciò lo sparviero, per il fatto d’essere affine all’anima, non beve nel modo più assoluto acqua ma sangue, di cui si nutre anche l’anima” . Horapollo evidentemente ha contaminato il nome egizio dello “sparviero” bik, che si scrive , dove la figurina dell’uccello presenta sul dorso il flabello, con il termine egizio bA “anima”, in cui si usa un ideogramma, affine a quello di bik, ma con viso umano , o ha semplicemente confuso la cicogna bA con il falco . Per quanto riguarda poi la supposizione che il cuore fosse l’involucro dell’anima sembra derivare piuttosto dalla speculazione filosofica greca, risalente ai Pitagorici e ancora viva nel tardo Ellenismo, al pari della credenza che l’anima si nutrisse di sangue .
Dal periodo storico in cui scriveva Horapollo è passato diverso tempo, ma il concetto di Ba non sembra essere ancora chiarito; da molti studiosi viene ancora tradotto con “anima”, pur riconoscendo che tale traduzione è semplicistica e poco appropriata.
Con questo lavoro di ricerca filologica, si cercherà di far luce su questo difficile concetto nelle sue prime fasi evolutive, prendendo come punto di partenza quei testi religiosi e magici, quali i “Testi delle Piramidi” e i “Testi dei Sarcofagi”, che vedono la nascita di questo concetto e che lo descrivono nei particolari.
Approfitto di questo spazio inoltre per ringraziare ufficialmente la prof.ssa M.C. Betrò, che mi ha incoraggiato, sostenuto e consigliato con la sua esperienza e la sua conoscenza sin dall’inizio, nonostante fossimo entrambi al corrente della complessità e della vastità dell’argomento.
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