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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05132008-145001


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
SARDI, LUCA
Indirizzo email
luca-sardi@hotmail.it
URN
etd-05132008-145001
Titolo
STUDIO SU MODELLO FISICO DEL PROCESSO DI TRASMISSIONE DI MOTO ONDOSO A TERGO DI BARRIERE SOMMERSE CARATTERIZZATE DA DIFFERENTI LARGHEZZE DELLA CRESTA
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE E TECNOLOGIE PER L'AMBIENTE ED IL TERRITORIO
Relatori
Relatore Prof. Cappietti, Lorenzo
Parole chiave
  • Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
30/05/2008
Consultabilità
Completa
Riassunto
Sommario
Con il termine '' barriere frangiflutti '' viene generalmente indicato nell’ambito dell’Ingegneria Costiera un insieme di opere di difesa opportunamente create per la salvaguardia dei litorali differenti per forma, materiali utilizzati, dimensioni, e loro posizionamento.
L’ambiente costiero è infatti un sistema altamente dinamico, interessato da fenomeni erosivi dipendenti da diversi fattori quali i moti ondosi, le correnti, e le maree che combinati con un’attività antropica spesso incontrollata, generano fenomeni erosivi delle nostre spiagge determinandone il loro arretramento. La necessità di risolvere questo problema ha portato nella seconda metà del ‘900 all’utilizzo per il controllo dei fenomeni erosivi di scogliere emergenti: la maggior parte delle opere di protezione dall’erosione costiera nelle coste italiane sono realizzate con scogliere emerse e in alcuni casi l’estensione delle opere raggiunge un rapporto 2.5 ad 1 con la lunghezza del litorale protetto, spesso in conseguenza di successivi interventi di emergenza e in mancanza di un piano organico. In questo caso le opere garantiscono l’obiettivo di proteggere il litorale ma possono generare vari tipi di impatto quali ridurre la fruibilità della spiaggia, peggiorare la qualità dell’acqua, generare pericoli per la balneazione , ostacolare l’utilizzo anche di piccoli natanti per il salvataggio ed alterare il paesaggio.
Il fenomeno è affiancato negli ultimi 30 anni da una progressiva sostituzione di questa tipologia di opere con scogliere sommerse o poco affioranti dal mare, dunque tracimabili dall'evento ondoso, con un impatto ambientale minore dal punto di vista visivo, capaci di ridurre l’energia del moto ondoso incidente, in parte riflettendola verso il largo ed in parte dissipandola; in questo modo l’onda trasmessa dietro le strutture risulta indebolita diminuendo così il suo potere erosivo sulla spiaggia.
Le barriere frangiflutti nelle diverse tipologie attualmente utilizzate sono strutture di forma trapezoidale costituite da massi di forma e dimensioni variabili, diversamente posizionate in base alle diverse dinamiche marine presenti nei siti d’interesse con le funzioni di spostare la zona di frangimento verso il largo, riducendo così l’energia dei treni d’onda diretti verso la costa, e di inibire il trasporto solido della sabbia verso il mare aperto stabilizzando quindi le sabbie nei litorali, salvaguardando tra l’altro eventuali rinascimenti presenti.
L’utilizzo di barriere emerse, se da un lato fornisce una protezione quasi totale della spiaggia comportandosi come un muro poco permeabile, dall’altro genera una forte riflessione dell’onda incidente su di esse causando, a volte, un profondo scavo al piede della barriera e mettendo in pericolo la stabilità della stessa; inoltre possono contribuire a far assumere alla zona protetta caratteristiche di zone semi-lagunari con i conseguenti problemi.
Le barriere a cresta bassa realizzabili tra l’altro con costi minori, nei limiti del possibile, non attenuano le onde minori che non hanno effetti distruttivi sulla spiaggia e contribuiscono alla pulizia del litorale mantenendo le dinamiche tipiche di un ambiente costiero ed evitando inoltre la formazione di sacche di calma, in cui talvolta si deposita anche ciò che non è desiderato.
La riqualificazione dei sistemi di protezione è pertanto un tema attuale e di crescente interesse, e dovrebbe essere raggiunta riducendo l’impatto ambientale con il vincolo di mantenere un livello di protezione adeguato. Da questo punto di vista la conversione da scogliere emerse nella variante sommersa è una tipologia di intervento attuabile in aree protette e sebbene l’uso di tali strutture attiri un crescente interesse nella progettazione di interventi di protezione dettato dalla necessità di operare un’azione selettiva tra l’acqua e le sabbie, occorre evidenziare che la loro configurazione, in alcuni casi, può causare problemi di erosione degli arenili in quanto induce la modifica della circolazione idrodinamica nella zona compresa tra le strutture e la linea di riva.
La necessità di attenuare tali effetti indesiderati ha fatto sì che l’indagine sperimentale su barriere frangiflutti tracimabili diventasse tema portante dell’Ingegneria Costiera, infatti, nonostante il largo uso che viene fatto di queste opere, non ne è ancora conosciuto completamente il comportamento idraulico in quanto sono quasi assenti misure di campo e ci si affida a formule sperimentali ed analisi condotte su modelli di laboratorio.
Se da un punto di vista prettamente ambientale la riconversione di scogliere emerse in scogliere sommerse risulta un intervento auspicabile, uno degli aspetti negativi è l’incremento della trasmissione del moto ondoso, inconveniente che potrebbe essere risolto a patto di incrementare la larghezza di berma e raggiungendo in questo modo livelli di trasmissione e protezione tipici di barriera emerse. A fini progettuali sarebbe quindi molto importante poter calcolare, la larghezza di berma e la sommergenza ottimale della barriera per un fissato livello di trasmissione desiderato, sia per la conversione delle attuali opere emerse esistenti che per eventuali nuove realizzazioni.
L’obiettivo del presente lavoro di tesi è l’analisi, mediante un’indagine sperimentale, diretta ad indagare l’effetto di variazioni della larghezza di cresta sulla trasmissione di moto ondoso attraverso scogliere sommerse.
Gli esperimenti sono stati condotti nel canale del Laboratorio Costiero del Dipartimento di Ingegneria Civile di Firenze, e consistono in due sessioni di prove con progressivi decrementi della larghezza di cresta, per barriere sommerse, condotte con sette diversi attacchi ondosi irregolari su fondo fisso.
Le equazioni esistenti per prevedere il coefficiente di trasmissione attraverso scogliere a cresta bassa si basano su dati sperimentali che riguardano prevalentemente strutture a cresta stretta e quindi l’affidabilità del calcolo della trasmissione nel caso di opere a cresta larga necessita di ulteriori verifiche.
Nel primo capitolo d’introduzione, sono presentati i fenomeni oggetti di studio con una breve esposizione dello stato dell’arte ed alcune considerazioni sull’impatto ambientale di strutture artificiali in ambiente costiero.
Nel Capitolo 2 è descritto l’apparato strumentale utilizzato per eseguire la parte sperimentale della tesi.
Nel Capitolo 3 viene descritta la fase progettuale degli esperimenti, quindi i moti ondosi utilizzati e le barriere analizzate nelle due sessioni sperimentali.
Nel Capitolo 4 sono descritti gli esperimenti condotti in canale in assenza e in presenza delle strutture sottoposte ad attacchi ondosi di diversa intensità, ivi compresa l’organizzazione e gestione dei dati acquisiti.
Nel Capitolo 6 i dati acquisiti sono stati utilizzati per compiere un’analisi sulla trasmissione del moto ondoso; nel presente capitolo viene riportato il confronto tra le misure sperimentali ed il coefficiente di Trasmissione Kt calcolato secondo le formule di Van der Meer ( 1990 ), Van der Meer and Daemen ( 1994 ), D’Angremond et al. ( 1996 ), Calabrese et al. ( 2002 ) e Van der Meer et al. ( 2005 ), al variare della larghezza di cresta. Le formule sono state utilizzate all’interno del range di applicazione proposto dagli autori.
Le conclusioni del presente lavoro sono esposte nel Capitolo 6.
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