Tesi etd-05102017-092643 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
COSTAGLI, CHIARA
URN
etd-05102017-092643
Titolo
Effetti di una particolare forma di riflesso trigemino-cardiaco sul microcircolo piale in ratti ipertesi: aspetti emodinamici e molecolari
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Dott.ssa Scuri, Rossana
relatore Dott.ssa Sabatino, Laura
relatore Dott.ssa Sabatino, Laura
Parole chiave
- estensione mandibolare
- frequenza cardiaca
- microcircolo piale
- pressione arteriosa
- Ratto
- riflesso trigemino-cardiaco
Data inizio appello
29/05/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Studi precedenti, condotti sia su volontari normotesi sia sul modello animale di ratto, hanno dimostrato che una particolare stimolazione del nervo trigemino (estensione mandibolare, EM) può essere classificata come forma di riflesso trigemino-cardiaco. Per EM si intende un’apertura sub-massimale della bocca ottenuta con un dispositivo a molla, in acciaio, forgiato a forma di U posto tra gli incisivi inferiori e superiori.
Dati ottenuti nel ratto hanno dimostrato che due EM della durata di 10 minuti, ripetute a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, inducono prolungati effetti ipotensivi, bradicardici ed effetti emodinamici sul microcircolo piale, sia nell’area parietale (dove proiettano le afferenze trigeminali) sia nell’area frontale, presa in esame come esempio di area cerebrale non direttamente coinvolta nell’elaborazione degli stimoli trigeminali. Tali effetti pongono EM come possibile procedura da applicarsi nel controllo degli stati di alterazione della pressione, tra cui l’ipertensione che può presentare forme che non rispondono al trattamento farmacologico.
Fino ad oggi gli studi sono stati condotti su ratti anestetizzati normotesi o resi sperimentalmente ipertesi. In particolare, a livello cerebrale, è stata osservata una risposta bifasica: durante la prima estensione mandibolare (EM1), si aveva vasocostrizione seguita immediatamente da una vasodilatazione che in alcuni casi veniva incrementata dalla seconda EM (EM2), oltre ad essere prolungata nel tempo. Fa eccezione l’area frontale dei ratti resi sperimentalmente ipertesi dove non si è osservata vasocostrizione.
Nella presente tesi sono stati valutati gli effetti emodinamici di due EM ripetute in ratti maschi spontaneamente ipertesi (Spontaneously Hypertensive Rat, SHR), adulti di 4-5 mesi ed anziani di 8-9 mesi allo scopo di evidenziare differenze negli effetti indotti da EM a diverse età e cioè a diversi livelli di compromissione emodinamica indotti dallo stato ipertensivo. Sono state valutate le variazioni dei diametri delle arteriole di ordine 2, della pressione arteriosa media (PAM) e della frequenza cardiaca (FC).
I ratti utilizzati sono stati anestetizzati con somministrazione intraperitoneale di α-cloralosio (50 mg/Kg di peso corporeo, in 0,4 ml di soluzione fisiologica) e mantenuti anestetizzati per tutta la durata dell’esperimento con α-cloralosio somministrato in vena al dosaggio di 20 mg/Kg di peso corporeo, in 0,2 ml di soluzione fisiologica. I ratti sono stati sottoposti a cateterizzazione dell’arteria e della vena femorale. Il catetere in arteria era collegato ad un trasduttore a sua volta connesso ad un sistema computerizzato per la misurazione in continuo di PAM. FC è stata derivata dal tracciato ECG registrato in continuo dalle tre derivazioni di Einthoven. Il catetere posto in vena femorale è stato utilizzato per la somministrazione dell’anestetico di mantenimento e del tracciante fluorescente per la visualizzazione delle arteriole. Quest’ultima è stata effettuata mediante una tecnica di microscopia in fluorescenza associata ad un sistema computerizzato che consente la visualizzazione in vivo del microcircolo piale e la misura off-line delle variazioni dei diametri delle arteriole.
Il protocollo di EM utilizzato consisteva di un periodo di osservazione basale di 30 minuti (baseline) seguito da due EM ravvicinate a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, quindi gli animali venivano mantenuti in osservazione per 240 minuti (periodo post-EM2).
Poiché non esisteva, per prima cosa è stata effettuata la mappatura del microcircolo cerebrale sia dell’area parietale sia di quella frontale dei ratti presi in esame. I risultati ottenuti mostrano che la rarefazione arteriolare è ancora più marcata nei ratti SHR rispetto a quella osservata nei ratti resi sperimentalmente ipertesi ed è inoltre presente una marcata asimmetria di biforcazione nel network arteriolare.
Per quanto riguarda gli effetti indotti da EM, le arteriole non hanno mostrato vasocostrizione né a livello parietale né a livello frontale, sia nel caso dei ratti adulti sia di quelli anziani. Nel caso dei ratti adulti, in entrambe le aree cerebrali la vasodilatazione si presentava già durante EM1 e diventava significativa rispetto alla baseline a partire da EM2 per protrarsi per l’intero periodo di osservazione. Nei ratti anziani la situazione era simile agli adulti a livello dell’area frontale, mentre la vasodilatazione si presentava più tardivamente (periodo post-EM2) nell’area parietale. In concomitanza alla vasodilatazione si è osservata una notevole risposta ipotensiva e bradicardica, ad eccezione dei ratti adulti che non hanno mostrato una riduzione significativa di FC.
Sono state analizzate, inoltre, le ritmiche oscillazioni del diametro delle arteriole di ordine 2 per mezzo dell’analisi spettrale, su acquisizioni di 30 minuti nel periodo di osservazione basale ed a circa metà del periodo post-EM2. Si è osservato che nei ratti adulti, a livello dell’area parietale, EM induceva una riattivazione delle componenti relative all’attività endoteliale, sia NO-indipendente sia NO-dipendente. A livello dell’area frontale, EM induceva una riattivazione della componente legata all’attività endoteliale NO-dipendente e di quella miogenica. È stata eseguita l’analisi spettrale delle sei componenti che caratterizzano le variazioni del diametro arteriolare anche su un ratto SHR anziano. In questo caso, a livello parietale è emerso che EM portava alla riattivazione delle tre componenti a bassa frequenza relative all’attività endoteliale e all’attività neurogenica, mentre a livello frontale ad essere riattivate erano le quattro componenti a minor frequenza: quelle legate all’attività endoteliale, quella legata all’attività neurogenica e quella relativa all’attività miogenica.
Come controllo sono stati utilizzati ratti SHR che avevano subito solo le procedure chirurgiche (Sham Operated, SO) e sono stati tenuti sotto osservazione per 300 minuti, periodo corrispondente all’intera durata dell’esperimento di EM ripetuta. I ratti SO non hanno mostrato alcuna variazione dei parametri presi in esame.
I dati ottenuti mostrano come EM determini effetti simili sul microcircolo cerebrale anche in aree non direttamente coinvolte nell’elaborazione degli stimoli trigeminali. Questo suggerisce che tali effetti siano indotti da una modulazione da parte di EM dei meccanismi sistemici di controllo della pressione arteriosa. Per iniziare ad approfondire questo aspetto, è stata condotta un’indagine biologico-molecolare su campioni di tessuto cerebrale dell’area parietale e di quella frontale prelevati dai ratti adulti SHR da cui sono derivati i risultati emodinamici prodotti da EM e sui ratti adulti SHR SO, allo scopo di valutare l’espressione genica ed i livelli proteici di alcuni geni e proteine coinvolti nel sistema di regolazione della pressione renina-angiotensina (RAS).
L’analisi di espressione genica è stata eseguita sui geni codificanti per i recettori dell’angiotensina II (Ang II) AT1R e AT2R e per l’enzima ACE (enzima convertitore dell’angiotensina), coinvolti in risposte adattative che inducono innalzamento della pressione, e per il recettore di angiotensina (1-7) (Ang (1-7)) MAS1 e per l’enzima ACE2, che invece sembrano avere un ruolo protettivo nei confronti di stati di alterazione pressoria. I dati raccolti non mostrano differenze significative nei livelli di espressione dei geni codificanti per AT1R ed AT2R tra i ratti sottoposti a due EM ravvicinate ed i ratti SO, sia a livello della corteccia parietale sia di quella frontale. A livello parietale invece si è osservato un incremento significativo dell’espressione del gene codificante per ACE e un decremento significativo dell’espressione del gene per MAS1 nei ratti sottoposti ad EM rispetto ai ratti SO, mentre, a livello frontale, l’espressione dei geni per MAS1 ed ACE2 era significativamente incrementata e l’espressione del gene per ACE non era variata nei ratti sottoposti a due EM ravvicinate rispetto ai ratti SO.
Infine, è stata condotta l’analisi dei livelli proteici di MAS1, la cui espressione genica era risultata modulata da EM sia a livello dell’area parietale sia di quella frontale, del recettore AT1R che funzionalmente si contrappone a MAS1, e di AT2R che, pur legandosi all’Ang II, ha un comprovato effetto vasorilassante. Dai dati è emerso che nell’area parietale non vi erano variazioni significative nei livelli proteici di AT1R e AT2R tra i ratti sottoposti a due EM ravvicinate ed i ratti SO, mentre è stato osservato un decremento significativo nei livelli proteici di MAS1. Nell’area frontale, i livelli proteici di tutti e tre i recettori nei ratti sottoposti a due EM ravvicinate hanno subito un decremento rispetto ai ratti SO, significativo nel caso di AT1R e AT2R.
I dati raccolti nel loro insieme suggeriscono che ripetute EM sono in grado di attivare anche in condizioni di ipertensione specifici meccanismi di regolazione dell’emodinamica, che si riflette anche a livello cerebrale migliorando la perfusione. Queste osservazioni sperimentali possono quindi rappresentare un punto di partenza per l’elaborazione di protocolli da attuare nel trattamento clinico.
Dati ottenuti nel ratto hanno dimostrato che due EM della durata di 10 minuti, ripetute a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, inducono prolungati effetti ipotensivi, bradicardici ed effetti emodinamici sul microcircolo piale, sia nell’area parietale (dove proiettano le afferenze trigeminali) sia nell’area frontale, presa in esame come esempio di area cerebrale non direttamente coinvolta nell’elaborazione degli stimoli trigeminali. Tali effetti pongono EM come possibile procedura da applicarsi nel controllo degli stati di alterazione della pressione, tra cui l’ipertensione che può presentare forme che non rispondono al trattamento farmacologico.
Fino ad oggi gli studi sono stati condotti su ratti anestetizzati normotesi o resi sperimentalmente ipertesi. In particolare, a livello cerebrale, è stata osservata una risposta bifasica: durante la prima estensione mandibolare (EM1), si aveva vasocostrizione seguita immediatamente da una vasodilatazione che in alcuni casi veniva incrementata dalla seconda EM (EM2), oltre ad essere prolungata nel tempo. Fa eccezione l’area frontale dei ratti resi sperimentalmente ipertesi dove non si è osservata vasocostrizione.
Nella presente tesi sono stati valutati gli effetti emodinamici di due EM ripetute in ratti maschi spontaneamente ipertesi (Spontaneously Hypertensive Rat, SHR), adulti di 4-5 mesi ed anziani di 8-9 mesi allo scopo di evidenziare differenze negli effetti indotti da EM a diverse età e cioè a diversi livelli di compromissione emodinamica indotti dallo stato ipertensivo. Sono state valutate le variazioni dei diametri delle arteriole di ordine 2, della pressione arteriosa media (PAM) e della frequenza cardiaca (FC).
I ratti utilizzati sono stati anestetizzati con somministrazione intraperitoneale di α-cloralosio (50 mg/Kg di peso corporeo, in 0,4 ml di soluzione fisiologica) e mantenuti anestetizzati per tutta la durata dell’esperimento con α-cloralosio somministrato in vena al dosaggio di 20 mg/Kg di peso corporeo, in 0,2 ml di soluzione fisiologica. I ratti sono stati sottoposti a cateterizzazione dell’arteria e della vena femorale. Il catetere in arteria era collegato ad un trasduttore a sua volta connesso ad un sistema computerizzato per la misurazione in continuo di PAM. FC è stata derivata dal tracciato ECG registrato in continuo dalle tre derivazioni di Einthoven. Il catetere posto in vena femorale è stato utilizzato per la somministrazione dell’anestetico di mantenimento e del tracciante fluorescente per la visualizzazione delle arteriole. Quest’ultima è stata effettuata mediante una tecnica di microscopia in fluorescenza associata ad un sistema computerizzato che consente la visualizzazione in vivo del microcircolo piale e la misura off-line delle variazioni dei diametri delle arteriole.
Il protocollo di EM utilizzato consisteva di un periodo di osservazione basale di 30 minuti (baseline) seguito da due EM ravvicinate a distanza di 10 minuti l’una dall’altra, quindi gli animali venivano mantenuti in osservazione per 240 minuti (periodo post-EM2).
Poiché non esisteva, per prima cosa è stata effettuata la mappatura del microcircolo cerebrale sia dell’area parietale sia di quella frontale dei ratti presi in esame. I risultati ottenuti mostrano che la rarefazione arteriolare è ancora più marcata nei ratti SHR rispetto a quella osservata nei ratti resi sperimentalmente ipertesi ed è inoltre presente una marcata asimmetria di biforcazione nel network arteriolare.
Per quanto riguarda gli effetti indotti da EM, le arteriole non hanno mostrato vasocostrizione né a livello parietale né a livello frontale, sia nel caso dei ratti adulti sia di quelli anziani. Nel caso dei ratti adulti, in entrambe le aree cerebrali la vasodilatazione si presentava già durante EM1 e diventava significativa rispetto alla baseline a partire da EM2 per protrarsi per l’intero periodo di osservazione. Nei ratti anziani la situazione era simile agli adulti a livello dell’area frontale, mentre la vasodilatazione si presentava più tardivamente (periodo post-EM2) nell’area parietale. In concomitanza alla vasodilatazione si è osservata una notevole risposta ipotensiva e bradicardica, ad eccezione dei ratti adulti che non hanno mostrato una riduzione significativa di FC.
Sono state analizzate, inoltre, le ritmiche oscillazioni del diametro delle arteriole di ordine 2 per mezzo dell’analisi spettrale, su acquisizioni di 30 minuti nel periodo di osservazione basale ed a circa metà del periodo post-EM2. Si è osservato che nei ratti adulti, a livello dell’area parietale, EM induceva una riattivazione delle componenti relative all’attività endoteliale, sia NO-indipendente sia NO-dipendente. A livello dell’area frontale, EM induceva una riattivazione della componente legata all’attività endoteliale NO-dipendente e di quella miogenica. È stata eseguita l’analisi spettrale delle sei componenti che caratterizzano le variazioni del diametro arteriolare anche su un ratto SHR anziano. In questo caso, a livello parietale è emerso che EM portava alla riattivazione delle tre componenti a bassa frequenza relative all’attività endoteliale e all’attività neurogenica, mentre a livello frontale ad essere riattivate erano le quattro componenti a minor frequenza: quelle legate all’attività endoteliale, quella legata all’attività neurogenica e quella relativa all’attività miogenica.
Come controllo sono stati utilizzati ratti SHR che avevano subito solo le procedure chirurgiche (Sham Operated, SO) e sono stati tenuti sotto osservazione per 300 minuti, periodo corrispondente all’intera durata dell’esperimento di EM ripetuta. I ratti SO non hanno mostrato alcuna variazione dei parametri presi in esame.
I dati ottenuti mostrano come EM determini effetti simili sul microcircolo cerebrale anche in aree non direttamente coinvolte nell’elaborazione degli stimoli trigeminali. Questo suggerisce che tali effetti siano indotti da una modulazione da parte di EM dei meccanismi sistemici di controllo della pressione arteriosa. Per iniziare ad approfondire questo aspetto, è stata condotta un’indagine biologico-molecolare su campioni di tessuto cerebrale dell’area parietale e di quella frontale prelevati dai ratti adulti SHR da cui sono derivati i risultati emodinamici prodotti da EM e sui ratti adulti SHR SO, allo scopo di valutare l’espressione genica ed i livelli proteici di alcuni geni e proteine coinvolti nel sistema di regolazione della pressione renina-angiotensina (RAS).
L’analisi di espressione genica è stata eseguita sui geni codificanti per i recettori dell’angiotensina II (Ang II) AT1R e AT2R e per l’enzima ACE (enzima convertitore dell’angiotensina), coinvolti in risposte adattative che inducono innalzamento della pressione, e per il recettore di angiotensina (1-7) (Ang (1-7)) MAS1 e per l’enzima ACE2, che invece sembrano avere un ruolo protettivo nei confronti di stati di alterazione pressoria. I dati raccolti non mostrano differenze significative nei livelli di espressione dei geni codificanti per AT1R ed AT2R tra i ratti sottoposti a due EM ravvicinate ed i ratti SO, sia a livello della corteccia parietale sia di quella frontale. A livello parietale invece si è osservato un incremento significativo dell’espressione del gene codificante per ACE e un decremento significativo dell’espressione del gene per MAS1 nei ratti sottoposti ad EM rispetto ai ratti SO, mentre, a livello frontale, l’espressione dei geni per MAS1 ed ACE2 era significativamente incrementata e l’espressione del gene per ACE non era variata nei ratti sottoposti a due EM ravvicinate rispetto ai ratti SO.
Infine, è stata condotta l’analisi dei livelli proteici di MAS1, la cui espressione genica era risultata modulata da EM sia a livello dell’area parietale sia di quella frontale, del recettore AT1R che funzionalmente si contrappone a MAS1, e di AT2R che, pur legandosi all’Ang II, ha un comprovato effetto vasorilassante. Dai dati è emerso che nell’area parietale non vi erano variazioni significative nei livelli proteici di AT1R e AT2R tra i ratti sottoposti a due EM ravvicinate ed i ratti SO, mentre è stato osservato un decremento significativo nei livelli proteici di MAS1. Nell’area frontale, i livelli proteici di tutti e tre i recettori nei ratti sottoposti a due EM ravvicinate hanno subito un decremento rispetto ai ratti SO, significativo nel caso di AT1R e AT2R.
I dati raccolti nel loro insieme suggeriscono che ripetute EM sono in grado di attivare anche in condizioni di ipertensione specifici meccanismi di regolazione dell’emodinamica, che si riflette anche a livello cerebrale migliorando la perfusione. Queste osservazioni sperimentali possono quindi rappresentare un punto di partenza per l’elaborazione di protocolli da attuare nel trattamento clinico.
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