Tesi etd-05092012-191157 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
PORCARO, MICHELA
Indirizzo email
michela.porcaro@gmail.com
URN
etd-05092012-191157
Titolo
La filosofia del diritto di Bartolomé de Las Casas
Settore scientifico disciplinare
IUS/20
Corso di studi
GIUSTIZIA COSTITUZIONALE E DIRITTI FONDAMENTALI
Relatori
tutor Pérez Luño, Antonio Enrique
correlatore Ripepe, Eugenio
correlatore Ripepe, Eugenio
Parole chiave
- Apologética Historia
- Bartolomé de Las Casas
- De Regia Potestate
- De Unico Vocationis Modo
- Filosofia del diritto
- Pluralismo culturale
- Scoperta dell'America
Data inizio appello
09/06/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
È oggetto del presente lavoro di ricerca il pensiero filosofico-politico e giuridico di frate Bartolomé de Las Casas.
Senza pretese di completezza e con il solo scopo di fornire linee guida per la sua valutazione critica, ho analizzato la complessa struttura intellettuale di Las Casas, le cui idee non si manifestano come rispondenti a un’unica e specifica scuola di pensiero, ma si avvicinano a diverse correnti di opinione e si collocano in una posizione d’avanguardia rispetto alla cultura medievale. Pur richiamandosi spesso ai maestri della Scuola di Salamanca e rifacendosi a numerosi fonti tradizionali del diritto, Las Casas riesce a organizzare il materiale così ricavato in maniera coerente, adattandolo a una situazione inedita e rendendolo effettivamente originale.
Senza intento di dare risposte definitive, ho provato a offrire uno schema lineare e completo dell’apparato ideologico lascasiano, al fine di dimostrare l’importanza del suo contributo nell’ambito della Filosofia del diritto e della Filosofia politica.
Ho scelto di studiare e approfondire le tre opere portanti del pensiero lascasiano: l’Apologética Historia Sumaria, il De Unico Vocationis Modo e il De Regia Potestate, nell’intento di fornire una visione d’insieme del progetto intellettuale di Las Casas e dare una spiegazione organica delle sue tendenze antropologiche, religiose, politiche e giuridiche, tra loro strettamente connesse.
Dalla lettura critica dell’Apologética Historia Sumaria si ricava che:
1. in Las Casas esiste l’idea portante di unità del genere umano e da detta idea prende spunto l’intera sua speculazione filosofica: tutti gli uomini, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche, dalle condizioni sociali e dal livello culturale, sono uguali, in quanto dotati di ragione. Di conseguenza, tutti gli uomini, di qualsiasi nazione, godono degli stessi diritti naturali, inalienabili e inviolabili e devono essere rispettati allo stesso modo;
2. Las Casas crede nell’ideale evolutivo della società: non esistono società superiori o inferiori per definizione, ma esistono società temporalmente più antiche, che hanno accumulato una maggiore esperienza storica e che, per questo motivo, possono fungere da modello di civilizzazione, come nel caso della società europea. D’altra parte, tutte le società, finanche quella indigena, possiedono la capacità di giungere al livello più alto della cultura mediante l’educazione;
3. infine, Las Casas riprende criticamente il concetto aristotelico di “servo di natura” per interpretarlo mediante gli strumenti fornitigli dal cristianesimo: tutti gli uomini sono ugualmente degni e non esistono servi di natura se non per cause puramente accidentali. Di conseguenza, tutti gli uomini godono dei diritti naturali fondamentali, che non possono essere violati in nessun caso, neppure in nome di una presunta superiorità.
Dalla lettura critica del De Unico Vocationis Modo si ricava che:
1. la religione è la colonna portante del pensiero lascasiano, tanto è vero che la fonte più citata nelle sue opere, salvo che nel De Regia Potestate, è la Sacra Scrittura. Pur mantenendo un’impostazione prevalentemente ortodossa, Las Casas mostra degli elementi di avanguardia, schierandosi contro l’assolutismo etico e dicendosi consapevole del fatto che neppure l’universalismo del cattolicesimo può appiattire le differenze;
2. Las Casas è un deciso difensore del rispetto delle credenze, delle culture e dei costumi, anche se diversi da quelli europei. Pur sostenendo che la verità è unica e appartiene alla sola religione cristiana, egli lotta per l’autodeterminazione religiosa dei popoli, i quali devono decidere autonomamente se aderire alle idee evangeliche o meno. Si colloca fuori dalla grazia di Dio chi tenta di imporre il Vangelo mediante la violenza e la sopraffazione, perché l’unico modo per attrarre gli uomini alla vera religione è quello persuasivo dell’intelletto e attrattivo della volontà. Solo il metodo pacifico è legittimo e conduce gli uomini sulla via della giustizia;
3. dunque, secondo Las Casas non è possibile imporre un sistema di valori, in generale, e una religione, in particolare, per quanto detentrice della verità. Nello specifico, egli si schiera contro l’uso della guerra al fine di evangelizzare: essa è iniqua, tirannica e ingiusta e costituisce un grave attentato contro il diritto naturale;
4. infine, Las Casas getta le fondamenta perché si possa incominciare a parlare di libertà religiosa, intesa non solo come un tentativo di non forzare i popoli a convertirsi al cristianesimo, ma anche e soprattutto come impegno a rispettare le culture e le credenze religiose diverse e proprie di ciascun popolo.
Dalla lettura critica del De Regia Potestate si ricava che:
1. in Las Casas è preponderante la visione contrattualista: l’uomo è un soggetto comunicativo e l’insicurezza, il bisogno e la precarietà lo inducono a riconoscere l’altro, a stringere con lui patti certi e a rispettarli;
2. il pensiero di Las Casas è democratico e anticipa la modernità, basti pensare ad alcuni principi tipici del giusnaturalismo posteriore: il popolo come unica fonte del potere sovrano, il patto sociale come costitutivo del potere, il carattere volontario dell’associazione politica, il potere del principe come giurisdizione e non come dominio, il governo delle leggi e non delle persone, le libertà originarie e l’uguaglianza di tutti i popoli;
3. i principi sopra elencati diventano costitutivi dell’identità e autonomia di ciascun popolo e da essi nasce il concetto di libertà politica, intesa come la possibilità di godere e di esercitare nella pratica i propri diritti. Las Casas è chiaro nell’affermare che i cittadini, nell’assoggettarsi a un’autorità non perdono la loro sovranità, né tantomeno le loro libertà primigenie. Infatti, il grado di perfezione di una comunità è direttamente proporzionale alla libertà di cui godono i suoi cittadini: a maggiore libertà corrisponde maggiore perfezione;
4. infine, il nucleo centrale del trattato consiste nell’ammonizione dei governanti che compiono fatti o atti lesivi degli interessi e dei diritti dei cittadini. Nella pratica, afferma Las Casas, il governante non può alienare la giurisdizione, i beni fiscali o le proprietà del regno e dei privati. Egli, infatti, è solo un mandatario della comunità e non può agire se non avallato dal consenso di tutti i componenti. Esponendo l’idea del dominium, cioè della proprietà su se stessi e sui propri beni, Las Casas denuncia le prevaricazioni degli spagnoli sugli indios e, in particolare, la pratica dell’encomienda.
Come è evidente, l’originalità del pensiero di Las Casas non risiede nelle idee singolarmente considerate, facilmente riconducibili a correnti filosofiche a lui precedenti, quanto nel loro congiunto: studiate organicamente, esse rappresentano un armonico inno alla libertà, alla democrazia e alla pace e fanno di Las Casas il filosofo dei diritti.
Partendo da fonti tradizionali e ricorrendo a dottrine che non destano il sospetto di eterodossia, Las Casas propone qualcosa di nuovo, che servirà da spinta verso la modernità. Egli riprende i materiali intellettuali tipici del medioevo e della cristianità per disporli in maniera originale, così che possano essere adattati ai prima inimmaginabili scenari, che con l’incontro dell’America si prospettano reali per l’umanità.
In tal senso, non bisogna dimenticare che Las Casas vive e scrive in un periodo di transizione epocale, in cui si verificano episodi cruciali per il passaggio dalla tradizione alla modernità. Egli opera in un periodo in cui un nuovo mondo può essere costruito, oltre che immaginato: infatti, l’originalità del progetto lascasiano diventa ancora più pregnante se si considera il suo impegno nel realizzarlo nel contesto delle Indie.
Oltre a dimostrare coraggio morale e forza intellettuale, Las Casas è esempio di attivismo; infatti, la sua produzione, che si compone di una grande quantità di opere, è interamente finalizzata all’applicazione pratica.
Con le sue teorie Las Casas vuole riuscire a gestire l’incontro tra Vecchio e Nuovo Mondo e a mediare tra gli interessi di popoli diversi, che adottano universi simbolici in gran parte discordanti tra loro. Egli prova ad affrontare la difficile transizione storica che l’Europa si trova a vivere dopo la scoperta dell’America, senza cadere in logiche imperialiste e in ideologie belliciste, ma piuttosto proponendo un modello che, ante litteram, potrebbe definirsi di pluralismo pacifista.
Con un atteggiamento che non ha precedenti nella cultura europea, Las Casas inaugura un approccio plurale alla realtà prospettatasi dopo il 1492: egli abbandona il triviale pregiudizio razzista e incomincia ad ascoltare il punto di vista degli “altri”, anche se infedeli, e tenta di accogliere serenamente le diversità.
Las Casas non propone l’immagine della superpotenza europea destinata a governare il mondo, ma sottolinea la reciprocità di diritti e doveri tra spagnoli e indigeni autoctoni, insistendo sul doveroso rispetto dei costumi altrui. Egli è convinto sostenitore che ciascun popolo possiede una propria storia, un proprio destino e propri valori di riferimento, che devono essere rispettati.
In altri termini, ogni popolo possiede una propria cultura, le cui caratteristiche dipendono dalle precondizioni antropologiche e sociologiche in cui si forma e che, di conseguenza, è particolare, contingente e provvisoria. Las Casas, dunque, si schiera contro il monismo culturale e pur riconoscendo la possibilità dell’esistenza di culture temporalmente più avanzate, come quella europea, non conferisce loro una funzione egemonica, ma anzi si prodiga perché le diverse culture possano rispettarsi e dialogare tra loro al fine di migliorarsi vicendevolmente. Ad esempio, così come gli spagnoli possono insegnare agli indigeni l’arte della dialettica, gli indigeni possono insegnare agli spagnoli l’arte del vivere secondo natura, ed entrambi trarne beneficio.
Dunque, Las Casas denuncia il carattere ingannevole delle visioni imperialiste e propone un modello socio-politico meno ambizioso e presuntuoso, capace di accettare senza scandalo le diversità culturali, le discontinuità storiche e la frammentazione dei saperi. Egli promuove ante tempora gli ideali di solidarietà, fratellanza e uguaglianza e, in virtù di questi, combatte l’aggressività degli europei che nel XVI sec. vengono totalmente travolti dalla logica bellicista della conquista.
Egli condanna gli spagnoli che, in nome di una presunta eccellenza morale, inneggiano alla guerra e benedicono idoli sanguinari, degradando uomini già deboli e sconfitti. Essi emettono sistematicamente sentenze di morte collettiva contro uomini che non hanno compiuto alcun illecito: la loro unica colpa è essere indios.
Las Casas denuncia la magniloquenza e la violenza omicida degli aggressori e, da buon cristiano, si schiera dalla parte dei deboli, degli indigeni, dei poveri, dei vinti e di tutti quei soggetti che sono oppressi da una struttura sociale ingiusta.
Egli condanna l’ideologia della “guerra giusta” e la considera solo una supina legittimazione a posteriori delle sistematiche prevaricazioni perpetrate dagli europei a discapito degli aborigeni americani: infatti, la guerra che gli spagnoli conducono contro gli indios è una vera e propria guerra di aggressione, asimmetrica e impari, in cui il potere degli aggressori è irresistibile e la difesa degli aggrediti senza speranza. In questo senso, l’unica “guerra giusta” è la guerra di difesa condotta dai popoli autoctoni continuamente vessati.
Las Casas è lontano dall’intendere la guerra che ha come scenario le terre americane come una guerra del bene contro l’asse del male: nessuna civiltà, come nessun uomo, è detentrice del puro bene o del puro male. Tutte le civiltà, come tutti gli uomini, presentano in sé una parte di bene e una parte di male e, perciò, perché sia possibile un miglioramento, devono procedere insieme, dialogando e confrontandosi tra loro.
Quindi, Las Casas propone un nobile ideale comunitario, basato sulla collaborazione tra popoli e sul rispetto e l’integrazione del diverso. Disegna il suggestivo quadro di un nuovo mondo fondato sulla giustizia, in cui è possibile la convivenza pacifica e in cui tutti gli uomini possono considerarsi ugualmente liberi.
Questo è ciò che fa di Las Casas un pensatore straordinariamente e drammaticamente attuale. Non è un caso che ancora oggi la sua figura continui a suscitare molto interesse e numerose controversie interpretative: basti pensare che, a distanza di cinquecento anni, i movimenti che in Latino America si ispirano alla teologia della liberazione e perseguono l’obiettivo del rinnovamento cattolico, ufficialmente esposto per la prima volta dal Concilio Vaticano II, riprendono benevolmente la figura di Bartolomé de Las Casas. A titolo di esempio, si consideri la diocesi del Chapas, in cui Las Casas ha svolto la funzione di vescovo, che ancora oggi è impegnata nella lotta degli indios nella selva Lacandona e nella diffusione della dottrina cattolica-sociale.
Las Casas ha proposto e affrontato questioni che nei nostri giorni rimangono aperte: egli ha vissuto e descritto tragici eventi, attribuendo loro una portata universale che va ben oltre alla questione indigena e coinvolge tutti gli uomini, di ogni luogo e tempo.
In particolare, è stupefacente constatare la continuità che esiste tra gli argomenti utilizzati da Las Casas nel XVI sec. e quelli utilizzati oggi dai critici della politica espansionista dell’Occidente: in un’epoca in cui l’Occidente tenta di esportare i propri valori, in virtù di una presunta maggiore razionalità, e il mondo islamico non riesce a rispondere se non con lo strumento del terrorismo, la figura di Bartolomé de Las Casas ritorna di estrema attualità.
In un mondo in cui a governare è l’economia di mercato e la politica incentiva la conflittualità tra popoli, Las Casas ritorna a ricordare i principi cattolici di fratellanza e uguaglianza, si erge nuovamente a simbolo di tolleranza, difende rigorosamente il pacifismo e riconosce l’alterità in nome della comune condizione umana.
Senza pretese di completezza e con il solo scopo di fornire linee guida per la sua valutazione critica, ho analizzato la complessa struttura intellettuale di Las Casas, le cui idee non si manifestano come rispondenti a un’unica e specifica scuola di pensiero, ma si avvicinano a diverse correnti di opinione e si collocano in una posizione d’avanguardia rispetto alla cultura medievale. Pur richiamandosi spesso ai maestri della Scuola di Salamanca e rifacendosi a numerosi fonti tradizionali del diritto, Las Casas riesce a organizzare il materiale così ricavato in maniera coerente, adattandolo a una situazione inedita e rendendolo effettivamente originale.
Senza intento di dare risposte definitive, ho provato a offrire uno schema lineare e completo dell’apparato ideologico lascasiano, al fine di dimostrare l’importanza del suo contributo nell’ambito della Filosofia del diritto e della Filosofia politica.
Ho scelto di studiare e approfondire le tre opere portanti del pensiero lascasiano: l’Apologética Historia Sumaria, il De Unico Vocationis Modo e il De Regia Potestate, nell’intento di fornire una visione d’insieme del progetto intellettuale di Las Casas e dare una spiegazione organica delle sue tendenze antropologiche, religiose, politiche e giuridiche, tra loro strettamente connesse.
Dalla lettura critica dell’Apologética Historia Sumaria si ricava che:
1. in Las Casas esiste l’idea portante di unità del genere umano e da detta idea prende spunto l’intera sua speculazione filosofica: tutti gli uomini, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche, dalle condizioni sociali e dal livello culturale, sono uguali, in quanto dotati di ragione. Di conseguenza, tutti gli uomini, di qualsiasi nazione, godono degli stessi diritti naturali, inalienabili e inviolabili e devono essere rispettati allo stesso modo;
2. Las Casas crede nell’ideale evolutivo della società: non esistono società superiori o inferiori per definizione, ma esistono società temporalmente più antiche, che hanno accumulato una maggiore esperienza storica e che, per questo motivo, possono fungere da modello di civilizzazione, come nel caso della società europea. D’altra parte, tutte le società, finanche quella indigena, possiedono la capacità di giungere al livello più alto della cultura mediante l’educazione;
3. infine, Las Casas riprende criticamente il concetto aristotelico di “servo di natura” per interpretarlo mediante gli strumenti fornitigli dal cristianesimo: tutti gli uomini sono ugualmente degni e non esistono servi di natura se non per cause puramente accidentali. Di conseguenza, tutti gli uomini godono dei diritti naturali fondamentali, che non possono essere violati in nessun caso, neppure in nome di una presunta superiorità.
Dalla lettura critica del De Unico Vocationis Modo si ricava che:
1. la religione è la colonna portante del pensiero lascasiano, tanto è vero che la fonte più citata nelle sue opere, salvo che nel De Regia Potestate, è la Sacra Scrittura. Pur mantenendo un’impostazione prevalentemente ortodossa, Las Casas mostra degli elementi di avanguardia, schierandosi contro l’assolutismo etico e dicendosi consapevole del fatto che neppure l’universalismo del cattolicesimo può appiattire le differenze;
2. Las Casas è un deciso difensore del rispetto delle credenze, delle culture e dei costumi, anche se diversi da quelli europei. Pur sostenendo che la verità è unica e appartiene alla sola religione cristiana, egli lotta per l’autodeterminazione religiosa dei popoli, i quali devono decidere autonomamente se aderire alle idee evangeliche o meno. Si colloca fuori dalla grazia di Dio chi tenta di imporre il Vangelo mediante la violenza e la sopraffazione, perché l’unico modo per attrarre gli uomini alla vera religione è quello persuasivo dell’intelletto e attrattivo della volontà. Solo il metodo pacifico è legittimo e conduce gli uomini sulla via della giustizia;
3. dunque, secondo Las Casas non è possibile imporre un sistema di valori, in generale, e una religione, in particolare, per quanto detentrice della verità. Nello specifico, egli si schiera contro l’uso della guerra al fine di evangelizzare: essa è iniqua, tirannica e ingiusta e costituisce un grave attentato contro il diritto naturale;
4. infine, Las Casas getta le fondamenta perché si possa incominciare a parlare di libertà religiosa, intesa non solo come un tentativo di non forzare i popoli a convertirsi al cristianesimo, ma anche e soprattutto come impegno a rispettare le culture e le credenze religiose diverse e proprie di ciascun popolo.
Dalla lettura critica del De Regia Potestate si ricava che:
1. in Las Casas è preponderante la visione contrattualista: l’uomo è un soggetto comunicativo e l’insicurezza, il bisogno e la precarietà lo inducono a riconoscere l’altro, a stringere con lui patti certi e a rispettarli;
2. il pensiero di Las Casas è democratico e anticipa la modernità, basti pensare ad alcuni principi tipici del giusnaturalismo posteriore: il popolo come unica fonte del potere sovrano, il patto sociale come costitutivo del potere, il carattere volontario dell’associazione politica, il potere del principe come giurisdizione e non come dominio, il governo delle leggi e non delle persone, le libertà originarie e l’uguaglianza di tutti i popoli;
3. i principi sopra elencati diventano costitutivi dell’identità e autonomia di ciascun popolo e da essi nasce il concetto di libertà politica, intesa come la possibilità di godere e di esercitare nella pratica i propri diritti. Las Casas è chiaro nell’affermare che i cittadini, nell’assoggettarsi a un’autorità non perdono la loro sovranità, né tantomeno le loro libertà primigenie. Infatti, il grado di perfezione di una comunità è direttamente proporzionale alla libertà di cui godono i suoi cittadini: a maggiore libertà corrisponde maggiore perfezione;
4. infine, il nucleo centrale del trattato consiste nell’ammonizione dei governanti che compiono fatti o atti lesivi degli interessi e dei diritti dei cittadini. Nella pratica, afferma Las Casas, il governante non può alienare la giurisdizione, i beni fiscali o le proprietà del regno e dei privati. Egli, infatti, è solo un mandatario della comunità e non può agire se non avallato dal consenso di tutti i componenti. Esponendo l’idea del dominium, cioè della proprietà su se stessi e sui propri beni, Las Casas denuncia le prevaricazioni degli spagnoli sugli indios e, in particolare, la pratica dell’encomienda.
Come è evidente, l’originalità del pensiero di Las Casas non risiede nelle idee singolarmente considerate, facilmente riconducibili a correnti filosofiche a lui precedenti, quanto nel loro congiunto: studiate organicamente, esse rappresentano un armonico inno alla libertà, alla democrazia e alla pace e fanno di Las Casas il filosofo dei diritti.
Partendo da fonti tradizionali e ricorrendo a dottrine che non destano il sospetto di eterodossia, Las Casas propone qualcosa di nuovo, che servirà da spinta verso la modernità. Egli riprende i materiali intellettuali tipici del medioevo e della cristianità per disporli in maniera originale, così che possano essere adattati ai prima inimmaginabili scenari, che con l’incontro dell’America si prospettano reali per l’umanità.
In tal senso, non bisogna dimenticare che Las Casas vive e scrive in un periodo di transizione epocale, in cui si verificano episodi cruciali per il passaggio dalla tradizione alla modernità. Egli opera in un periodo in cui un nuovo mondo può essere costruito, oltre che immaginato: infatti, l’originalità del progetto lascasiano diventa ancora più pregnante se si considera il suo impegno nel realizzarlo nel contesto delle Indie.
Oltre a dimostrare coraggio morale e forza intellettuale, Las Casas è esempio di attivismo; infatti, la sua produzione, che si compone di una grande quantità di opere, è interamente finalizzata all’applicazione pratica.
Con le sue teorie Las Casas vuole riuscire a gestire l’incontro tra Vecchio e Nuovo Mondo e a mediare tra gli interessi di popoli diversi, che adottano universi simbolici in gran parte discordanti tra loro. Egli prova ad affrontare la difficile transizione storica che l’Europa si trova a vivere dopo la scoperta dell’America, senza cadere in logiche imperialiste e in ideologie belliciste, ma piuttosto proponendo un modello che, ante litteram, potrebbe definirsi di pluralismo pacifista.
Con un atteggiamento che non ha precedenti nella cultura europea, Las Casas inaugura un approccio plurale alla realtà prospettatasi dopo il 1492: egli abbandona il triviale pregiudizio razzista e incomincia ad ascoltare il punto di vista degli “altri”, anche se infedeli, e tenta di accogliere serenamente le diversità.
Las Casas non propone l’immagine della superpotenza europea destinata a governare il mondo, ma sottolinea la reciprocità di diritti e doveri tra spagnoli e indigeni autoctoni, insistendo sul doveroso rispetto dei costumi altrui. Egli è convinto sostenitore che ciascun popolo possiede una propria storia, un proprio destino e propri valori di riferimento, che devono essere rispettati.
In altri termini, ogni popolo possiede una propria cultura, le cui caratteristiche dipendono dalle precondizioni antropologiche e sociologiche in cui si forma e che, di conseguenza, è particolare, contingente e provvisoria. Las Casas, dunque, si schiera contro il monismo culturale e pur riconoscendo la possibilità dell’esistenza di culture temporalmente più avanzate, come quella europea, non conferisce loro una funzione egemonica, ma anzi si prodiga perché le diverse culture possano rispettarsi e dialogare tra loro al fine di migliorarsi vicendevolmente. Ad esempio, così come gli spagnoli possono insegnare agli indigeni l’arte della dialettica, gli indigeni possono insegnare agli spagnoli l’arte del vivere secondo natura, ed entrambi trarne beneficio.
Dunque, Las Casas denuncia il carattere ingannevole delle visioni imperialiste e propone un modello socio-politico meno ambizioso e presuntuoso, capace di accettare senza scandalo le diversità culturali, le discontinuità storiche e la frammentazione dei saperi. Egli promuove ante tempora gli ideali di solidarietà, fratellanza e uguaglianza e, in virtù di questi, combatte l’aggressività degli europei che nel XVI sec. vengono totalmente travolti dalla logica bellicista della conquista.
Egli condanna gli spagnoli che, in nome di una presunta eccellenza morale, inneggiano alla guerra e benedicono idoli sanguinari, degradando uomini già deboli e sconfitti. Essi emettono sistematicamente sentenze di morte collettiva contro uomini che non hanno compiuto alcun illecito: la loro unica colpa è essere indios.
Las Casas denuncia la magniloquenza e la violenza omicida degli aggressori e, da buon cristiano, si schiera dalla parte dei deboli, degli indigeni, dei poveri, dei vinti e di tutti quei soggetti che sono oppressi da una struttura sociale ingiusta.
Egli condanna l’ideologia della “guerra giusta” e la considera solo una supina legittimazione a posteriori delle sistematiche prevaricazioni perpetrate dagli europei a discapito degli aborigeni americani: infatti, la guerra che gli spagnoli conducono contro gli indios è una vera e propria guerra di aggressione, asimmetrica e impari, in cui il potere degli aggressori è irresistibile e la difesa degli aggrediti senza speranza. In questo senso, l’unica “guerra giusta” è la guerra di difesa condotta dai popoli autoctoni continuamente vessati.
Las Casas è lontano dall’intendere la guerra che ha come scenario le terre americane come una guerra del bene contro l’asse del male: nessuna civiltà, come nessun uomo, è detentrice del puro bene o del puro male. Tutte le civiltà, come tutti gli uomini, presentano in sé una parte di bene e una parte di male e, perciò, perché sia possibile un miglioramento, devono procedere insieme, dialogando e confrontandosi tra loro.
Quindi, Las Casas propone un nobile ideale comunitario, basato sulla collaborazione tra popoli e sul rispetto e l’integrazione del diverso. Disegna il suggestivo quadro di un nuovo mondo fondato sulla giustizia, in cui è possibile la convivenza pacifica e in cui tutti gli uomini possono considerarsi ugualmente liberi.
Questo è ciò che fa di Las Casas un pensatore straordinariamente e drammaticamente attuale. Non è un caso che ancora oggi la sua figura continui a suscitare molto interesse e numerose controversie interpretative: basti pensare che, a distanza di cinquecento anni, i movimenti che in Latino America si ispirano alla teologia della liberazione e perseguono l’obiettivo del rinnovamento cattolico, ufficialmente esposto per la prima volta dal Concilio Vaticano II, riprendono benevolmente la figura di Bartolomé de Las Casas. A titolo di esempio, si consideri la diocesi del Chapas, in cui Las Casas ha svolto la funzione di vescovo, che ancora oggi è impegnata nella lotta degli indios nella selva Lacandona e nella diffusione della dottrina cattolica-sociale.
Las Casas ha proposto e affrontato questioni che nei nostri giorni rimangono aperte: egli ha vissuto e descritto tragici eventi, attribuendo loro una portata universale che va ben oltre alla questione indigena e coinvolge tutti gli uomini, di ogni luogo e tempo.
In particolare, è stupefacente constatare la continuità che esiste tra gli argomenti utilizzati da Las Casas nel XVI sec. e quelli utilizzati oggi dai critici della politica espansionista dell’Occidente: in un’epoca in cui l’Occidente tenta di esportare i propri valori, in virtù di una presunta maggiore razionalità, e il mondo islamico non riesce a rispondere se non con lo strumento del terrorismo, la figura di Bartolomé de Las Casas ritorna di estrema attualità.
In un mondo in cui a governare è l’economia di mercato e la politica incentiva la conflittualità tra popoli, Las Casas ritorna a ricordare i principi cattolici di fratellanza e uguaglianza, si erge nuovamente a simbolo di tolleranza, difende rigorosamente il pacifismo e riconosce l’alterità in nome della comune condizione umana.
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