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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05072022-174109


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PELAGAGGE, MARGHERITA
URN
etd-05072022-174109
Titolo
La Sindrome dell’Apnea Ostruttiva del Sonno: possibile implicazione dell’ipossia intermittente nel priming della microglia e nella neuroinfiammazione
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Da Pozzo, Eleonora
Parole chiave
  • OSAS
  • Intermittent Hypoxia
  • Micoglial priming
  • Cognitive impairment
Data inizio appello
25/05/2022
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
La sindrome delle apnee ostruttive del sonno, nota come OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome),
è caratterizzata da episodi notturni di completa o parziale ostruzione delle vie aeree superiori,
risultando rispettivamente in apnee o ipopnee ripetute e risvegli nel sonno. Lo standard di
riferimento per la diagnosi è l’indice di apnea-ipopnea (AHI), misurato mediante polisonnografia
(PSG). Questo indice consiste nella misura del numero di apnee ed ipopnee per ora di sonno e
classifica la severità del disturbo, definendo l’OSA a partire da un valore di AHI ≥ 5 eventi/ora. I fattori
di rischio principali per l’insorgenza del disturbo sembrano essere l’obesità e l’età, con maggiore
prevalenza nella popolazione adulta, e ne risultano affetti il 5% delle donne e il 24% degli uomini.
L’OSAS è associata ad un aumento della morbilità di problematiche cardiovascolari, ipertensione,
diabete, deficit cognitivi e mortalità di cancro. La principale responsabile delle conseguenze cliniche
delle apnee notturne è l’infiammazione, sia periferica che del sistema nervoso centrale, indotta
dall’ipossia intermittente (IH). Infatti, i cicli di oscillazione nel torrente sanguigno della pressione
parziale di ossigeno portano a livello tissutale a fenomeni di ipossia a intermittenza. Per rispondere
a queste variazioni le cellule mettono in atto delle risposte adattative, aumentando la produzione di
ROS, RNS e prostaglandine, che a loro volta promuovono la formazione di fattori come IL-6, TNF-α
ed IL-1β, aggravando l’infiammazione. Il cervello, richiedendo elevate quantità di ossigeno, risulta
molto sensibile all’IH e allo stress ossidativo indotti dall’OSA. Il ruolo di difesa immunitaria del
Sistema nervoso Centrale è svolto dalla microglia, che monitora lo spazio extracellulare e risponde
allo stato di infiammazione rilasciando nel parenchima citochine, chemochine ed altri mediatori
infiammatori. Tale attivazione della microglia dallo stato di “resting”, è transitorio e la cellula torna
nello stato quiescente una volta ripristinata l’omeostasi. Tuttavia, la microglia può anche rispondere
ai cambiamenti mediante il processo di “priming”, andando incontro a cambiamenti morfologici e
nell’ espressione di recettori di membrana, come CD86, HLA-DRA e CX3CR1. Il priming della microglia
comporta una risposta esagerata ad un secondo stimolo infiammatorio, contribuendo alla
progressione della neuroinfiammazione e al danno neuronale. Molti studi hanno provato che il
danno neuronale in regioni quali l’ippocampo e la corteccia prefrontale è riscontrato nei pazienti
affetti da OSA, e che la neuroinfiammazione mediata dall’ipossia intermittente gioca un ruolo cruciale
nel decadimento cognitivo, importante complicazione della sindrome.
Lo scopo di questo progetto di tesi è stato quello di analizzare su un modello in vitro, in primo luogo,
la modulazione di specifici recettori di membrana, per valutare se l’IH fosse in grado di innescare il
processo di priming della microglia, e successivamente, verificarne la risposta amplificata a seguito
di un secondo stimolo infiammatorio.
La linea cellulare C20 di microglia umana è stata sottoposta a due diversi trattamenti di ipossia
intermittente per mimare l’ambiente intracranico del paziente con OSA, durante il tempo di una
notte. I trattamenti sono stati ideati utilizzando un gas mixer che mescolava in percentuali predefinite
Ossigeno, Azoto ed Anidride carbonica, che confluivano in una scatola di resina, fatta su misura per
alloggiare Multiwell o Piastre Petri (contenenti le cellule), a sua volta contenuta in un incubatore. Il
modello è stato validato con un metodo di immunofluorescenza valutando in tal modo se le cellule
fossero effettivamente sensibili alle variazioni nella pO2. Il kit di detection dell’ipossia prevede l’uso
del composto EF5, il quale si lega selettivamente alle cellule ipossiche formando degli addotti che
verranno legati da un anticorpo monoclonale Anti-EF5 coniugato ad un fluoroforo (Alexa Fluor 488),
permettendo la lettura della fluorescenza, proporzionale allo stato ipossico delle cellule.
Lo step successivo è stato verificare che lo stimolo ipossico fosse in grado di attivare direttamente la
microglia, inducendo stress ossidativo. Per capire meglio i meccanismi di risposta della microglia che
potrebbero essere coinvolti nel declino cognitivo, è stata condotta un’analisi dell’espressione genica
di alcuni recettori di membrana usando la metodica di PCR-RT. In una prima fase si è analizzato
l’andamento dell’espressione di CX3CR1, HLA-DRA e CD86 su campioni che avevano subito
trattamenti di IH e IH-riossigenazione, per confermare il priming. Poi, per confermare l’amplificata
risposta infiammatoria a seguito di un secondo stimolo, la PCR-RT è stata fatta su campioni trattati
con IH e 20 ng/ml IL-1β, per i geni, NF-kB, IL-6, IL-10.
La produzione intracellulare di ROS è stata quantificata mediante l’utilizzo della sonda molecolare di
H2DCF-DA (2’,7’-diclorodiidrofluoresceina diacetato), un derivato della fluoresceina in forma ridotta
che non è fluorescente, fino a quando, per ossidazione da parte dei ROS, viene convertito a DCF
(2’,7’-diclorofluoresceina). L’ossidazione della sonda è quindi proporzionale alla produzione di ROS,
rilevata con una misura di fluorescenza.
I dati ottenuti confermano che le cellule risentono dell’IH e che i ROS vengono rilasciati in risposta
allo stimolo ipossico. Inoltre, in risposta allo stimolo ipossico la microglia ha mostrato un
cambiamento nei livelli di espressione dei recettori di membrana che potrebbe confermare il priming
e spiegare l’esacerbata risposta infiammatoria a seguito di trattamento con IH e IL-1β.
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