Tesi etd-05062010-105726 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
CORCIOLI, FABIANA
URN
etd-05062010-105726
Titolo
Studio dell'infezione persistente da Erythovirus B19
Settore scientifico disciplinare
MED/07
Corso di studi
VIROLOGIA FONDAMENTALE E CLINICA
Relatori
tutor Prof.ssa Azzi, Alberta
Parole chiave
- genotipo
- infezione persistente
- Parvovirus B19
Data inizio appello
03/12/2007
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/12/2047
Riassunto
Il parvovirus B19 (VB19), appartenente al genere Erythrovirus, della famiglia Parvoviridae,
comprende, secondo dati recenti, 3 genotipi: il genotipo 1 ha come prototipo il parvovirus
umano B19; i genotipi 2 e 3 differiscono dal primo e tra di loro per circa il 12% della sequenza
dell’intero genoma. Gli studi finora condotti riguardano il genotipo 1, mentre scarse sono, per
ora, le conoscenze concernenti gli altri due genotipi. In particolare, non è ancora nota la loro
diffusione né il loro ruolo patogenetico (se diverso da quello del genotipo 1) e la loro capacità
di persistere. Inoltre, la scoperta dei genotipi 2 e 3 comporta problemi di adeguamento delle
metodologie diagnostiche, comunemente impiegate per la diagnosi di infezione da VB19.
1. Determinare la diffusione dei 3 genotipi di VB19, il loro tropismo tessutale e la loro
capacità di dare infezioni persistenti.
2. Valutare la capacità del VB19 di infettare fibroblasti cutanei di soggetti normali, come
possibile sede dell’infezione persistente.
Sono stati analizzati 117 campioni di biopsie tessutali provenienti da pazienti con patologie
non associate all’infezione da VB19. Tra questi, 38 biopsie cutanee, 38 aspirati midollari, 30
biopsie sinoviali e 11 biopsie cardiache. Inoltre, nello studio sono stati inclusi 97 campioni di
siero provenienti dagli stessi pazienti.
I campioni sono stati analizzati medianti due PCR di consenso in grado di amplificare tutti e
tre i genotipi e mediante 2 PCR genotipo-specifiche e, in alcuni casi, mediante
sequenziamento.
Per l’infezione sperimentale di fibroblasti umani, sono state utilizzate colture primarie di
fibroblasti cutanei (FU) di soggetti sani e culture primarie di fibroblasti ottenuti dalla cute di
soggetti affetti da Sclerosi sistemica oltre a un controllo positivo rappresentato dall’infezione
della linea cellulare UT7-Epo. Dopo l’esposizione al virus, le cellule sono state incubate per
2h, 24h, 48h e 6 giorni. A questi tempi, sono stati valutati, come indici di infezione, la
presenza di mRNA per le proteine strutturali (VP1) e non strutturali (NS1) del VB19 mediante
RT-PCR, e del DNA virale mediante ibridazione in situ (ISH).
Complessivamente, il DNA di Erythrovirus è stato dimostrato in 8/38 (21%) campioni di
midollo, in 29/38 (76%) biopsie cutanee, in 19/30 (63%) biopsie sinoviali e in 7/11 (64%)
biopsie cardiache. Complessivamente, il 63% dei campioni positivi era di genotipo 2, il 31 %
era di genotipo 1, mentre rara è risultata la presenza del genotipo 3.
Per quanto riguarda l’infezione dei fibroblasti in vitro, RNA messaggeri virali per la NS1 e per
le proteine capsidiche sono risultati presenti a 24h, 48h e 6 giorni dopo l’esposizione al virus.
Nell’ ISH, invece, non sono state visualizzate cellule positive nelle colture FU, a differenza di
quanto osservato nelle cellule UT7, usate come controllo
In conclusione, il VB19 persiste nei tessuti, dopo l’infezione acuta, con frequenza molto
elevata. Il genotipo più frequentemente presente nei tessuti è il 2, mentre rarissimo è risultato il genotipo 3.
Per quanto riguarda l’infezione sperimentale, i risultati ottenuti indicano che i fibroblasti
possono essere infettati dal VB19. L’infezione di un numero basso di cellule e la modesta
attività del virus in tali cellule potrebbe farne un bersaglio per la persistenza del virus.
comprende, secondo dati recenti, 3 genotipi: il genotipo 1 ha come prototipo il parvovirus
umano B19; i genotipi 2 e 3 differiscono dal primo e tra di loro per circa il 12% della sequenza
dell’intero genoma. Gli studi finora condotti riguardano il genotipo 1, mentre scarse sono, per
ora, le conoscenze concernenti gli altri due genotipi. In particolare, non è ancora nota la loro
diffusione né il loro ruolo patogenetico (se diverso da quello del genotipo 1) e la loro capacità
di persistere. Inoltre, la scoperta dei genotipi 2 e 3 comporta problemi di adeguamento delle
metodologie diagnostiche, comunemente impiegate per la diagnosi di infezione da VB19.
1. Determinare la diffusione dei 3 genotipi di VB19, il loro tropismo tessutale e la loro
capacità di dare infezioni persistenti.
2. Valutare la capacità del VB19 di infettare fibroblasti cutanei di soggetti normali, come
possibile sede dell’infezione persistente.
Sono stati analizzati 117 campioni di biopsie tessutali provenienti da pazienti con patologie
non associate all’infezione da VB19. Tra questi, 38 biopsie cutanee, 38 aspirati midollari, 30
biopsie sinoviali e 11 biopsie cardiache. Inoltre, nello studio sono stati inclusi 97 campioni di
siero provenienti dagli stessi pazienti.
I campioni sono stati analizzati medianti due PCR di consenso in grado di amplificare tutti e
tre i genotipi e mediante 2 PCR genotipo-specifiche e, in alcuni casi, mediante
sequenziamento.
Per l’infezione sperimentale di fibroblasti umani, sono state utilizzate colture primarie di
fibroblasti cutanei (FU) di soggetti sani e culture primarie di fibroblasti ottenuti dalla cute di
soggetti affetti da Sclerosi sistemica oltre a un controllo positivo rappresentato dall’infezione
della linea cellulare UT7-Epo. Dopo l’esposizione al virus, le cellule sono state incubate per
2h, 24h, 48h e 6 giorni. A questi tempi, sono stati valutati, come indici di infezione, la
presenza di mRNA per le proteine strutturali (VP1) e non strutturali (NS1) del VB19 mediante
RT-PCR, e del DNA virale mediante ibridazione in situ (ISH).
Complessivamente, il DNA di Erythrovirus è stato dimostrato in 8/38 (21%) campioni di
midollo, in 29/38 (76%) biopsie cutanee, in 19/30 (63%) biopsie sinoviali e in 7/11 (64%)
biopsie cardiache. Complessivamente, il 63% dei campioni positivi era di genotipo 2, il 31 %
era di genotipo 1, mentre rara è risultata la presenza del genotipo 3.
Per quanto riguarda l’infezione dei fibroblasti in vitro, RNA messaggeri virali per la NS1 e per
le proteine capsidiche sono risultati presenti a 24h, 48h e 6 giorni dopo l’esposizione al virus.
Nell’ ISH, invece, non sono state visualizzate cellule positive nelle colture FU, a differenza di
quanto osservato nelle cellule UT7, usate come controllo
In conclusione, il VB19 persiste nei tessuti, dopo l’infezione acuta, con frequenza molto
elevata. Il genotipo più frequentemente presente nei tessuti è il 2, mentre rarissimo è risultato il genotipo 3.
Per quanto riguarda l’infezione sperimentale, i risultati ottenuti indicano che i fibroblasti
possono essere infettati dal VB19. L’infezione di un numero basso di cellule e la modesta
attività del virus in tali cellule potrebbe farne un bersaglio per la persistenza del virus.
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