Tesi etd-05052010-084657 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
CLERICO', VITO
URN
etd-05052010-084657
Titolo
Microscopia a campo ottico prossimo in modalita di raccolta su campioni di oro nanostrutturati
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE FISICHE
Relatori
relatore Prof. Fuso, Francesco
Parole chiave
- microscopia a scansione di campo ottico prossimo S
- nanostrutture
- plasmoni
Data inizio appello
21/05/2010
Consultabilità
Completa
Riassunto
Durante questo lavoro di tesi ho costruito e messo a punto un nuovo apparato SNOM (scanning near field optical microscopy) in modalità di raccolta e l’ho usato per analizzare la risposta ottica in campo prossimo di campioni d’oro nanostrutturati.
Il microscopio era già stato usato in precedenza in modalità di forza atomica (AFM), dunque per poterlo sfruttare come SNOM è stato necessario apportare alcune modifiche nel corpo del microscopio e implementare totalmente la parte ottica.
I campioni analizzati sono array irregolari di nanofili, con un’orientazione abbastanza ben definita su scala globale, ma caratterizzati da irregolarità morfologiche (difetti, biforcazioni, interruzioni) su scala locale. Questi campioni sono stati prodotti presso l’università di Genova con una tecnica innovativa, efficace anche in termini economici, basata su fasci ionici de focalizzati, avendo in mente diverse applicazioni, tra cui quelle legate al loro uso come substrati per spettroscopia molecolare (di fluorescenza o Raman) ad altissima sensibilità.
Misure di polarimetria convenzionale condotte in campo lontano su questi campioni hanno mostrato una dipendenza delle proprietà ottiche (trasmissione e riflessione) dallo stato di polarizzazione e dalla lunghezza d’onda della luce incidente. In particolare, è stato rilevato un minimo di trasmissione (massimo assorbimento) utilizzando una polarizzazione TM e lunghezza d’onda nel rosso. Questo è il tipico comportamento ottico di una nanostruttura d’oro con dimensioni inferiori alla lunghezza d’onda in cui avviene una LSPR (localized surface plasmon resonance). Gli LSP non sono altro che oscillazioni collettive di densità di carica confinate alla superficie di nanoparticelle di metalli nobili, dovute all’ interazione tra un’onda elettromagnetica incidente (la cui frequenza è in risonanza con quella dell’oscillazione) e la superficie metallica.
L’interesse per campioni nanostrutturati che manifestano dei comportamenti plasmonici è sempre crescente con il passare degli anni. In particolare, in settori come quelli della nano-fotonica e dell’optoelettronica, lo sviluppo di dispositivi plasmonici è finalizzato a accoppiare la luce con strutture a scala nanometrica e a sfruttare l’incremento di campo localizzato che vi si può verificare. Infatti una delle principali conseguenze delle LSPR è proprio la presenza di “hot spot”, cioè zone altamente localizzate sulla superficie delle nanoparticelle o delle nanostrutture in cui l’intensità del campo aumenta, fenomeno che è alla base dell’uso di campioni plasmonici come substrati per spettroscopia ad altissima sensibilità. Poiché questa classe di fenomeni ha caratteristiche di localizzazione spaziale su scala ben inferiore della lunghezza d’onda, gli “hot spot” non possono essere rilevati direttamente con tecniche ottiche convenzionali, la cui risoluzione spaziale è limitata dalla diffrazione.
Grazie all’uso di campi non propaganti, che non soffrono della diffrazione, uno SNOM in modalità di raccolta rappresenta invece lo strumento ideale per rivelare e risolvere la distribuzione di campo elettromagnetico presente appena sopra la superficie del campione.
L’intensità di campo locale dipende dalle dimensioni e dalla forma geometrica delle nanostrutture presenti sul campione, che assorbono e scatteranno la radiazione incidente, per cui è indispensabile poter correlare i dettagli rilevati nella mappa ottica con le caratteristiche morfologiche tipiche di ogni campione. Tale correlazione è garantita nelle nostre misure dalla mappa topografica acquisita durante la scansione grazie al meccanismo di shear-force, che viene sfruttato dal nostro strumento per mantenere la sonda a una distanza costante e opportuna dal campione (in campo prossimo).
Parte del mio lavoro di tesi ha dunque riguardato la realizzazione, messa a punto e test di un nuovo strumento in cui l’eccitazione, a lunghezza d’onda e polarizzazione definite, viene fornita da uno spot di dimensioni micrometriche e posizione controllata sulla superficie del campione, mentre la raccolta avviene nel campo prossimo grazie ad una sonda ad apertura (fibra ottica rastremata), con dimensioni apicali 50-100 nm, corrispondenti grosso modo alla risoluzione spaziale tipica delle nostre scansioni.
Le misure che ho ottenuto dimostrano che i risultati macroscopici sono dovuti al contributo di differenti effetti locali. Su scala locale, oltre a una risposta dipendente dalla polarizzazione di eccitazione (parallela o perpendicolare alla direzione globale dei nanofili), ho rilevato anche notevoli differenze usando due lunghezze d’onda d’eccitazione (λ = 532 nm e λ = 690 nm), attese rispettivamente all’inizio e all’interno della risonanza plasmonica.
Lo SNOM utilizzato si è dimostrato in grado di produrre mappe ottiche genuine caratterizzate da comportamenti e dettagli dipendenti dalla scelta dei parametri di eccitazione. In particolare otteniamo un contrasto peculiare quando eccitiamo un LSP e la distribuzione spaziale dell’intensità elettromagnetica in campo prossimo è regolata da una complessa correlazione con la morfologia, che tiene conto delle dimensioni e della forma delle nanoparticelle e della separazione spaziale fra particelle contigue.
Le mappe SNOM, che rappresentano in pratica mappe della distribuzione locale dell’intensità di campo prossimo, permettono di individuare “hot-spots” distribuiti in modo irregolare sulla superficie del campione. Confrontando i risultati differenti sui campioni prodotti con diversi parametri, e dunque caratterizzati da diverse morfologie locali, si ottiene che i fenomeni di aumento locale del campo sono più efficaci nel caso di campioni con un limitato grado di disconnessione tra le nanostrutture, in cui, cioè, i nanofili risultano costituiti da arrays compatti di nanoparticelle isolate (le nanoparticelle hanno dimensioni trasversali ≈ 50-80 nm e la loro separazione spaziale è ≈10 nm). Lo studio di opportuni campioni di riferimento, film continui di oro su substrati corrugati e piani, dimostrano che i risultati ottenuti dipendono strettamente dalla presenza dei nanofili e delle nanoparticelle.
Dati gli scopi delle mie ricerche, la maggior parte delle misure sono state eseguite in configurazione di eccitazione costante, cioè mantenendo costante nella scansione la posizione dello spot di eccitazione rispetto alla sonda a campo prossimo.
Grazie alla versatilità dello strumento che ho messo a punto, ho anche potuto eseguire scansioni in configurazione di eccitazione fissata rispetto al campione, in cui la sonda raccoglie in campo prossimo a distanza variabile (controllata) dallo spot di eccitazione. Queste misure, presentate brevemente nella tesi, confermano le potenzialità dello strumento per analizzare fenomeni di propagazione dell’eccitazione plasmonica, come nel caso di plasmoni superficiali di tipo SPP (Surface Plasmon Polariton).
Il microscopio era già stato usato in precedenza in modalità di forza atomica (AFM), dunque per poterlo sfruttare come SNOM è stato necessario apportare alcune modifiche nel corpo del microscopio e implementare totalmente la parte ottica.
I campioni analizzati sono array irregolari di nanofili, con un’orientazione abbastanza ben definita su scala globale, ma caratterizzati da irregolarità morfologiche (difetti, biforcazioni, interruzioni) su scala locale. Questi campioni sono stati prodotti presso l’università di Genova con una tecnica innovativa, efficace anche in termini economici, basata su fasci ionici de focalizzati, avendo in mente diverse applicazioni, tra cui quelle legate al loro uso come substrati per spettroscopia molecolare (di fluorescenza o Raman) ad altissima sensibilità.
Misure di polarimetria convenzionale condotte in campo lontano su questi campioni hanno mostrato una dipendenza delle proprietà ottiche (trasmissione e riflessione) dallo stato di polarizzazione e dalla lunghezza d’onda della luce incidente. In particolare, è stato rilevato un minimo di trasmissione (massimo assorbimento) utilizzando una polarizzazione TM e lunghezza d’onda nel rosso. Questo è il tipico comportamento ottico di una nanostruttura d’oro con dimensioni inferiori alla lunghezza d’onda in cui avviene una LSPR (localized surface plasmon resonance). Gli LSP non sono altro che oscillazioni collettive di densità di carica confinate alla superficie di nanoparticelle di metalli nobili, dovute all’ interazione tra un’onda elettromagnetica incidente (la cui frequenza è in risonanza con quella dell’oscillazione) e la superficie metallica.
L’interesse per campioni nanostrutturati che manifestano dei comportamenti plasmonici è sempre crescente con il passare degli anni. In particolare, in settori come quelli della nano-fotonica e dell’optoelettronica, lo sviluppo di dispositivi plasmonici è finalizzato a accoppiare la luce con strutture a scala nanometrica e a sfruttare l’incremento di campo localizzato che vi si può verificare. Infatti una delle principali conseguenze delle LSPR è proprio la presenza di “hot spot”, cioè zone altamente localizzate sulla superficie delle nanoparticelle o delle nanostrutture in cui l’intensità del campo aumenta, fenomeno che è alla base dell’uso di campioni plasmonici come substrati per spettroscopia ad altissima sensibilità. Poiché questa classe di fenomeni ha caratteristiche di localizzazione spaziale su scala ben inferiore della lunghezza d’onda, gli “hot spot” non possono essere rilevati direttamente con tecniche ottiche convenzionali, la cui risoluzione spaziale è limitata dalla diffrazione.
Grazie all’uso di campi non propaganti, che non soffrono della diffrazione, uno SNOM in modalità di raccolta rappresenta invece lo strumento ideale per rivelare e risolvere la distribuzione di campo elettromagnetico presente appena sopra la superficie del campione.
L’intensità di campo locale dipende dalle dimensioni e dalla forma geometrica delle nanostrutture presenti sul campione, che assorbono e scatteranno la radiazione incidente, per cui è indispensabile poter correlare i dettagli rilevati nella mappa ottica con le caratteristiche morfologiche tipiche di ogni campione. Tale correlazione è garantita nelle nostre misure dalla mappa topografica acquisita durante la scansione grazie al meccanismo di shear-force, che viene sfruttato dal nostro strumento per mantenere la sonda a una distanza costante e opportuna dal campione (in campo prossimo).
Parte del mio lavoro di tesi ha dunque riguardato la realizzazione, messa a punto e test di un nuovo strumento in cui l’eccitazione, a lunghezza d’onda e polarizzazione definite, viene fornita da uno spot di dimensioni micrometriche e posizione controllata sulla superficie del campione, mentre la raccolta avviene nel campo prossimo grazie ad una sonda ad apertura (fibra ottica rastremata), con dimensioni apicali 50-100 nm, corrispondenti grosso modo alla risoluzione spaziale tipica delle nostre scansioni.
Le misure che ho ottenuto dimostrano che i risultati macroscopici sono dovuti al contributo di differenti effetti locali. Su scala locale, oltre a una risposta dipendente dalla polarizzazione di eccitazione (parallela o perpendicolare alla direzione globale dei nanofili), ho rilevato anche notevoli differenze usando due lunghezze d’onda d’eccitazione (λ = 532 nm e λ = 690 nm), attese rispettivamente all’inizio e all’interno della risonanza plasmonica.
Lo SNOM utilizzato si è dimostrato in grado di produrre mappe ottiche genuine caratterizzate da comportamenti e dettagli dipendenti dalla scelta dei parametri di eccitazione. In particolare otteniamo un contrasto peculiare quando eccitiamo un LSP e la distribuzione spaziale dell’intensità elettromagnetica in campo prossimo è regolata da una complessa correlazione con la morfologia, che tiene conto delle dimensioni e della forma delle nanoparticelle e della separazione spaziale fra particelle contigue.
Le mappe SNOM, che rappresentano in pratica mappe della distribuzione locale dell’intensità di campo prossimo, permettono di individuare “hot-spots” distribuiti in modo irregolare sulla superficie del campione. Confrontando i risultati differenti sui campioni prodotti con diversi parametri, e dunque caratterizzati da diverse morfologie locali, si ottiene che i fenomeni di aumento locale del campo sono più efficaci nel caso di campioni con un limitato grado di disconnessione tra le nanostrutture, in cui, cioè, i nanofili risultano costituiti da arrays compatti di nanoparticelle isolate (le nanoparticelle hanno dimensioni trasversali ≈ 50-80 nm e la loro separazione spaziale è ≈10 nm). Lo studio di opportuni campioni di riferimento, film continui di oro su substrati corrugati e piani, dimostrano che i risultati ottenuti dipendono strettamente dalla presenza dei nanofili e delle nanoparticelle.
Dati gli scopi delle mie ricerche, la maggior parte delle misure sono state eseguite in configurazione di eccitazione costante, cioè mantenendo costante nella scansione la posizione dello spot di eccitazione rispetto alla sonda a campo prossimo.
Grazie alla versatilità dello strumento che ho messo a punto, ho anche potuto eseguire scansioni in configurazione di eccitazione fissata rispetto al campione, in cui la sonda raccoglie in campo prossimo a distanza variabile (controllata) dallo spot di eccitazione. Queste misure, presentate brevemente nella tesi, confermano le potenzialità dello strumento per analizzare fenomeni di propagazione dell’eccitazione plasmonica, come nel caso di plasmoni superficiali di tipo SPP (Surface Plasmon Polariton).
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