Tesi etd-05032023-132022 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
GRECO, GIULIA
URN
etd-05032023-132022
Titolo
Outcome clinico in neonati da madri Ro/SSA e La/SSB positive: indicazioni per una revisione del protocollo di gestione neonatale
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Dott. Filippi, Luca
correlatore Dott.ssa Tuoni, Cristina
correlatore Dott.ssa Tani, Chiara
correlatore Dott.ssa Tuoni, Cristina
correlatore Dott.ssa Tani, Chiara
Parole chiave
- anticorpi la/ssb
- anticorpi ro/ssa
- lupus neonatale
- monitoraggio neonatale
Data inizio appello
23/05/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
23/05/2026
Riassunto
La sindrome del lupus neonatale è una malattia autoimmune acquisita dal passaggio transplacentare di anticorpi Ro/SSA e La/SSB caratterizzata da alterazioni ematologiche, epatobiliari, correlati neurologici, manifestazioni cutanee e cardiache, quest’ultime più preoccupanti a causa della natura irreversibile del blocco cardiaco congenito (CHB).
Alla luce di questo, i neonati sono sottoposti a un intenso monitoraggio: si ricercano gli autoanticorpi materni, si valutano emocromo e funzionalità epatica, si eseguono ecografie cerebrali per approfondire il tipo di correlazione esistente con reperti riscontrati in letteratura. Per l’identificazione del CHB, si effettua uno stretto monitoraggio della frequenza cardiaca fino a un ECG nei primi giorni di vita e, in caso di alterazioni patologiche, una visita cardiologica completa.
Nei neonati esposti all’idrossiclorochina antenatale, si studia la funzionalità visiva e uditiva. Successivamente, tutti i neonati si rivedono a 1, 3, 6 e 12 mesi di vita.
Lo scopo della tesi è stato quindi quello di valutare l’attuale protocollo di gestione neonatale dell’U.O. di Neonatologia per poterne suggerire una revisione in virtù degli esiti degli esami eseguiti durante la degenza e il follow up e delle manifestazioni cliniche eventualmente insorte.
E’ stata condotta una analisi retrospettiva di 58 neonati il cui criterio di inclusione è appunto la positività anticorpale materna degli anticorpi Ro/SSA e La/SSB
durante la gravidanza o al momento del parto.
Riguardo la coorte materna, sono stati raccolti dati riguardanti l’età, la tipologia di anticorpi, la primiparità, la diagnosi di malattia autoimmune sistemica (MAS), le eventuali comorbidità note al momento della gravidanza e la terapia materna eseguita durante la gestazione; dei neonati sono stati raccolti informazioni riguardanti il sesso, l’età gestazionale, il peso, la modalità di parto, dati clinici e antropometrici, di laboratorio e strumentali.
Alla nascita, il 91,11% dei neonati era positivo agli anticorpi Ro/SSA: la coorte è rappresentata da nati a termine (38 settimane ± 2 DS), con parto condotto con taglio cesareo (72%) ed AGA (3090 g ± 697).
Le madri della coorte neonatale hanno eseguito terapia con idrossiclorochina nel 39,65% entro un dosaggio di 5 mg/kg/die: alla nascita, sono state riscontrate 2 alterazioni alla visita oculistica (9%), 2 alterazioni alle otoemissioni acustiche (8,69%) e 1 ai potenziali evocati (4,34%), di cui non è possibile escludere che l’immaturità retinica e lo screening uditivo alterato dipenda più che altro dal fatto che erano neonati pretermine.
Non sono emersi casi di trombocitopenia e questo potrebbe suggerire che, in assenza di manifestazioni cliniche, il controllo standardizzato dell’emocromo nei primi giorni di vita potrebbe essere poco utile.
Riguardo le manifestazioni epatobiliari, è stato registrato un rialzo delle GGT nel 14,28% dei casi; tuttavia, bisogna tener conto che il rialzo degli enzimi epatici è aspecifico nei primi giorni di vita perché influenzato dello stress correlato al parto e all’allattamento. In un caso, può essere spiegato con la presenza di ittero in un pretermine e quindi non correlato al NLE.
Le anomalie cerebrali sono emersi nel 24% dei casi, in assenza di manifestazioni cliniche neurologiche. Del campione positivo, bisogna considerare che il 35%, essendo nato pretermine, era a rischio di riscontro di correlati di questo tipo. Successivamente, il 64% del gruppo positivo si è poi normalizzato al controllo a un mese, mentre in due neonati AGA (14%) permangono rinforzi talamo- strati a un mese e a tre mesi, in assenza di sintomatologia neurologica.
Non sono emerse manifestazioni cutanee compatibili con la sindrome e, ciò potrebbe essere collegato all’assenza di fotoesposizione che, secondo un modello presente in letteratura, eviterebbe l’esposizione di antigeni sulla superficie dei cheratinociti, evitando l’aggressione anticorpale.
Tra i 58 neonati, due (3,44%) risultano affetti da CHB con una frequenza assimilabile ad altri studi in letteratura. In uno dei due casi, il CHB è comparso alla nascita (1,72%), rendendo indispensabile la permanenza del monitoraggio post-natale condotto con l’ECG.
L’età materna avanzata descritto come fattore di rischio del CHB è presente solo nella seconda neonata, dove coesiste anche un profilo combinato Ro/SSA e La/SSB, descritto come come più severo.
In entrambi i casi, è stato programmato l’inserimento di un pacemaker rispettivamente a otto e due mesi dopo la nascita. Al momento, entrambi i neonati sono vivi rispettivamente a 5 anni e dopo 7 mesi. Mostrano però scarso accrescimento staturo – ponderale all’ultimo controllo (-2° percentili a 4 anni e mezzo; 0.6° percentili a 7 mesi), confermando quanto evidenziato dagli studi disponibili. Le ecocardiografie eseguite mostrano negatività per reperti suggestivi di alterazioni strutturali descritte nello spettro (fibroelastosi endocardica e cardiomiopatia dilatativa).
È necessario estendere il monitoraggio dei neonati con CHB a eventuali fratelli e sorelle, più a rischio di svilupparlo (16-20%).
In ultima analisi, si potrebbe riconsiderare il monitoraggio neonatale in presenza di manifestazioni cliniche o categorie di rischio, come i nati pretermine, tranne nel caso del CHB, dove la valutazione cardiologica resta fondamentale.
Alla luce di questo, i neonati sono sottoposti a un intenso monitoraggio: si ricercano gli autoanticorpi materni, si valutano emocromo e funzionalità epatica, si eseguono ecografie cerebrali per approfondire il tipo di correlazione esistente con reperti riscontrati in letteratura. Per l’identificazione del CHB, si effettua uno stretto monitoraggio della frequenza cardiaca fino a un ECG nei primi giorni di vita e, in caso di alterazioni patologiche, una visita cardiologica completa.
Nei neonati esposti all’idrossiclorochina antenatale, si studia la funzionalità visiva e uditiva. Successivamente, tutti i neonati si rivedono a 1, 3, 6 e 12 mesi di vita.
Lo scopo della tesi è stato quindi quello di valutare l’attuale protocollo di gestione neonatale dell’U.O. di Neonatologia per poterne suggerire una revisione in virtù degli esiti degli esami eseguiti durante la degenza e il follow up e delle manifestazioni cliniche eventualmente insorte.
E’ stata condotta una analisi retrospettiva di 58 neonati il cui criterio di inclusione è appunto la positività anticorpale materna degli anticorpi Ro/SSA e La/SSB
durante la gravidanza o al momento del parto.
Riguardo la coorte materna, sono stati raccolti dati riguardanti l’età, la tipologia di anticorpi, la primiparità, la diagnosi di malattia autoimmune sistemica (MAS), le eventuali comorbidità note al momento della gravidanza e la terapia materna eseguita durante la gestazione; dei neonati sono stati raccolti informazioni riguardanti il sesso, l’età gestazionale, il peso, la modalità di parto, dati clinici e antropometrici, di laboratorio e strumentali.
Alla nascita, il 91,11% dei neonati era positivo agli anticorpi Ro/SSA: la coorte è rappresentata da nati a termine (38 settimane ± 2 DS), con parto condotto con taglio cesareo (72%) ed AGA (3090 g ± 697).
Le madri della coorte neonatale hanno eseguito terapia con idrossiclorochina nel 39,65% entro un dosaggio di 5 mg/kg/die: alla nascita, sono state riscontrate 2 alterazioni alla visita oculistica (9%), 2 alterazioni alle otoemissioni acustiche (8,69%) e 1 ai potenziali evocati (4,34%), di cui non è possibile escludere che l’immaturità retinica e lo screening uditivo alterato dipenda più che altro dal fatto che erano neonati pretermine.
Non sono emersi casi di trombocitopenia e questo potrebbe suggerire che, in assenza di manifestazioni cliniche, il controllo standardizzato dell’emocromo nei primi giorni di vita potrebbe essere poco utile.
Riguardo le manifestazioni epatobiliari, è stato registrato un rialzo delle GGT nel 14,28% dei casi; tuttavia, bisogna tener conto che il rialzo degli enzimi epatici è aspecifico nei primi giorni di vita perché influenzato dello stress correlato al parto e all’allattamento. In un caso, può essere spiegato con la presenza di ittero in un pretermine e quindi non correlato al NLE.
Le anomalie cerebrali sono emersi nel 24% dei casi, in assenza di manifestazioni cliniche neurologiche. Del campione positivo, bisogna considerare che il 35%, essendo nato pretermine, era a rischio di riscontro di correlati di questo tipo. Successivamente, il 64% del gruppo positivo si è poi normalizzato al controllo a un mese, mentre in due neonati AGA (14%) permangono rinforzi talamo- strati a un mese e a tre mesi, in assenza di sintomatologia neurologica.
Non sono emerse manifestazioni cutanee compatibili con la sindrome e, ciò potrebbe essere collegato all’assenza di fotoesposizione che, secondo un modello presente in letteratura, eviterebbe l’esposizione di antigeni sulla superficie dei cheratinociti, evitando l’aggressione anticorpale.
Tra i 58 neonati, due (3,44%) risultano affetti da CHB con una frequenza assimilabile ad altri studi in letteratura. In uno dei due casi, il CHB è comparso alla nascita (1,72%), rendendo indispensabile la permanenza del monitoraggio post-natale condotto con l’ECG.
L’età materna avanzata descritto come fattore di rischio del CHB è presente solo nella seconda neonata, dove coesiste anche un profilo combinato Ro/SSA e La/SSB, descritto come come più severo.
In entrambi i casi, è stato programmato l’inserimento di un pacemaker rispettivamente a otto e due mesi dopo la nascita. Al momento, entrambi i neonati sono vivi rispettivamente a 5 anni e dopo 7 mesi. Mostrano però scarso accrescimento staturo – ponderale all’ultimo controllo (-2° percentili a 4 anni e mezzo; 0.6° percentili a 7 mesi), confermando quanto evidenziato dagli studi disponibili. Le ecocardiografie eseguite mostrano negatività per reperti suggestivi di alterazioni strutturali descritte nello spettro (fibroelastosi endocardica e cardiomiopatia dilatativa).
È necessario estendere il monitoraggio dei neonati con CHB a eventuali fratelli e sorelle, più a rischio di svilupparlo (16-20%).
In ultima analisi, si potrebbe riconsiderare il monitoraggio neonatale in presenza di manifestazioni cliniche o categorie di rischio, come i nati pretermine, tranne nel caso del CHB, dove la valutazione cardiologica resta fondamentale.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
La tesi non è consultabile. |