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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05022024-140844


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
DAL PORTO, EDOARDO
URN
etd-05022024-140844
Titolo
I PROFILI GIURIDICI DELL’OPERAZIONE “ATALANTA”.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Martines, Francesca
Parole chiave
  • Operazione Atalanta e profili giuridici
Data inizio appello
20/05/2024
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Come mai affrontare il tema dell’operazione Atalanta? Come noto tale operazione è nata per contrastare la pirateria marittima, che, è opportuno ricordare, non è più quella dei Caraibi: quest’ultima aveva infatti come obiettivi, principalmente, le ricchezze trasportate dai galeoni europei per un semplice arricchimento personale; ad oggi invece essa rappresenta un’odiosa minaccia internazionale contro la libera e sicura navigazione marittima con un riflesso sull’economia globale. Perché analizzare proprio l’operazione Atalanta invece delle altre operazioni militari condotte nella medesima area da parte di altre organizzazioni? La risposta risiede nell’importanza che tale operazione ha avuto e nel ruolo significativo che questa ha assunto nel corso degli anni: si tratta infatti di un’operazione di stampo militare e di matrice europea in forza da 15 anni nelle acque dell’Oceano Indiano.
L’efficienza dell’operazione Atalanta, come avrò modo di dimostrare all’interno dell’elaborato, è cresciuta di anno in anno e ha portato a una riduzione massiccia delle depredazioni compiute dai pirati nell’Oceano Indiano e nelle acque limitrofe. È utile ricordare, come prima accennato, che l’operazione Atalanta non è l’unica operazione militare di contrasto alla pirateria nell’Oceano Indiano; difatti, tale operazione in funzione antipirateria è condotta parallelamente ad altre operazioni militari intraprese da alcune organizzazioni internazionali e da altri Stati terzi. C’è da segnalare come l’intervento militare dell’UE nell’Oceano Indiano non si è fermato con l’operazione Atalanta, ma, recentemente, abbiamo assistito a una nuova missione militare di matrice europea (Aspides) per contrastare la minaccia rappresentata dal gruppo di insorti degli Houthi.
L’analisi da me condotta si è concentrata sulla nascita dell’operazione Atalanta, sui primi interventi militari delle forze impegnate nella stessa, sui suoi successivi sviluppi e sulle problematiche giuridiche ad essa connesse.
All’interno del Primo capitolo ho condotto una breve analisi storica sulla nascita del crimine piratesco per poi concentrarmi sulla sua evoluzione dopo la Seconda guerra mondiale. Difatti, al termine degli anni duemila i pirati diventarono una vera minaccia internazionale grazie a delle innovative strumentazioni d’assalto e alla reticenza sul punto dimostrata da alcuni Stati definiti come falliti. La Somalia, come annunciato all’interno dell’elaborato, è uno degli Stati falliti, i cui porti e il cui territorio rappresentavano e rappresentano attualmente un punto nevralgico per la proliferazione di questo crimine.
Dopodiché, ho spostato l’attenzione sull’aspetto economico della vicenda, analizzando alcuni dei principali costi sostenuti per debellare la minaccia piratesca e le relative conseguenze economiche derivanti dalla proliferazione di questo crimine. Dopo l’esame degli aspetti economici, mi sono focalizzato sulla definizione di pirateria data dalla disciplina consuetudinaria e le relative problematiche giuridiche, in particolare quelle conseguenti all’affermazione del principio di universalità della giurisdizione.
Dopo aver analizzato le premesse storiche, i costi e le problematiche giuridiche apportate dalla pirateria, nel Secondo capitolo mi sono dedicato invece al rimedio posto in essere dall’UE attraverso l’operazione Atalanta per contrastare la crescita di questo crimine. Ho analizzato, in primis, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che hanno preceduto l’operazione Atalanta (EU NAVFOR); successivamente ho posto l’attenzione sulla base giuridica che ha dato spazio al conseguente intervento del Consiglio dell’UE con l’operazione EU NAVFOR. Per quanto concerne l’intervento del Consiglio dell’UE, sono partito con l’analizzare nel dettaglio l’Azione Comune 2008/851/PESC, la quale ha avviato definitivamente l’operazione militare Atalanta andando poi a estrinsecare le sue principali funzioni e i relativi obiettivi.
Il Terzo capitolo ha ad oggetto quelli che sono stati i primi sviluppi dell’operazione Atalanta e i mezzi militari utilizzati nelle prime operazioni che sono state condotte nelle acque dell’Oceano Indiano. Dopodiché, ho eseguito un’analisi sull’impegno militare fornito all’operazione Atalanta da alcuni Stati UE (tra cui anche quello dell’Italia) e alcuni Stati terzi. A seguito di tale indagine, l’analisi ha investito le altre operazioni UE che sono state condotte nell’Oceano Indiano, toccando le caratteristiche proprie dell’operazione EUTM Somalia e dell’EUCAP Somalia. Nella parte conclusiva del Terzo capitolo mi sono focalizzato sull’impegno militare fornito - parallelamente a quello dell’UE con l’operazione Atalanta - dalla NATO e dalla Combined Maritime Forces (CMF) nella lotta alla pirateria nell’Oceano Indiano.
Il capitolo conclusivo del mio elaborato è invece incentrato sull’attività giurisdizionale favorita dall’operazione Atalanta; all’interno del medesimo ho inizialmente analizzato le diverse definizioni di pirateria derivanti prima dalla Convenzione di Montego Bay del 1982 e, poi, dalla Convenzione di Roma del 1988. A seguito dell’esame svolto di tali Convenzioni ho affrontato le problematiche inerenti alle competenze giurisdizionali sui pirati catturati e il persistente problema della tempestività dell’intervento giudiziale. Dopodiché ho posto l’attenzione sui rimedi utilizzati dall’UE per superare queste problematiche: sotto tale profilo sono andato ad analizzare il contenuto dei vari accordi siglati dall’UE con i vari Stati prossimi al locus commissi delicti. La mia analisi si è concentrata anche nello studio delle caratteristiche degli accordi regionali e sub- regionali che sono stati siglati per reprimere la pirateria (Djibouti Code of Conduct e il Regional Cooperation Agreement on Combating Piracy and Armed Robbery against Ships in Asia (ReCAAP)). La parte finale della mia analisi si è soffermata sull’esame di tutti quei diritti riconosciuti ai pirati catturati nei vari accordi predetti e i relativi limiti alla loro sottoposizione a giudizio.








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