Tesi etd-05012010-195735 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
GIANNINI, NICOLA
URN
etd-05012010-195735
Titolo
Complicanze periprocedurali e predittori di outcome nel trattamento endovascolare della stenosi carotidea
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Orlandi, Giovanni
Parole chiave
- angioplastica
- complicanze periprocedurali
- filtro distale
- ictus ischemico
- stenosi carotidea
- stent
Data inizio appello
18/05/2010
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/05/2050
Riassunto
BACKGROUND
La stenosi carotidea è la causa di circa un terzo degli ictus di natura ischemica e l’intervento preventivo di elezione consiste nella rivascolarizzazione attraverso chirurgia (endoarterectomia) o, in alternativa, angioplastica e stenting. Questi ultimi possiedono alcuni vantaggi come la minor invasività, l’assenza del rischio di lesioni dei nervi cranici, l’assenza di anestesia, la ridotta ospedalizzazione del paziente oltre al fatto di poter trattare in una singola seduta più vasi stenotici. Sono inoltre indicati per trattare stenosi carotidee con eziologie particolari quali le dissezioni, le stenosi da arteriti e le restenosi. Tuttavia, l’intervento tradizionale di endoarterectomia è validato da molti anni ed ha dimostrato una maggiore evidenza di sicurezza, mentre la rivascolarizzazione con angioplastica percutanea e stenting finora ha portato a risultati controversi a causa delle differenti modalità di reclutamento dei pazienti e dell’esperienza dei centri coinvolti.
OBIETTIVI
Scopo di questo studio è stato di analizzare retrospettivamente una casistica di 486 pazienti con stenosi carotidea, trattati consecutivamente dal gennaio 1996 al febbraio 2010 in un unico centro (U.O. Neuroradiologia di Pisa) con angioplastica o stenting, al fine di valutarne l’efficacia (risoluzione della stenosi al di sotto del 30%) e la sicurezza (numero di complicanze maggiori e minori). È stato valutato inoltre l’andamento delle complicanze periprocedurali in funzione dell’esperienza acquisita dall’operatore con l’aumentare del numero di procedure effettuate.
Infine sono stati considerati alcuni parametri inerenti le caratteristiche della stenosi carotidea e il tipo di procedura per identificare eventuali predittori di complicanza cerebrovascolare periprocedurale.
MATERIALI E METODI
L’età media della popolazione è risultata di 71,3 + 7,8 anni, 120 femmine e 366 maschi. I pazienti avevano indicazioni al trattamento endovascolare e sono stati sottoposti a doppia antiaggregazione nei 3 giorni precedenti e nei 30 giorni successivi al trattamento.
Sono state eseguite 524 procedure, di cui 61 angioplastiche (11,6%) e 463 stenting (88,4%), con utilizzo in 192 casi di filtri di protezione distale (36,6%). Il grado di stenosi carotidea (metodo NASCET) è risultato tra il 70% e il 99% in 462 casi (88,2%) e tra il 50% e il 69% in 62 casi (11,8%). Le stenosi sintomatiche ammontavano a 178 (34%) e le asintomatiche a 346 (64%).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Il successo tecnico si è verificato in 504 casi (96,2%). Nei 20 insuccessi (3,8%), in 2 casi (0,4%) la causa è stata il kinking o coiling del segmento carotideo a valle della stenosi, in 6 casi (1,1%) l’origine angolata del vaso trattato, in 10 casi (1,9%) la stenosi insuperabile, in 1 caso (0,2%) lo slaminamento settoriale e in 1 altro caso (0,2%) la sospensione procedurale per crisi cardiaca. In riferimento al grado di stenosi residua, 14 casi (70% degli insuccessi) hanno presentato stenosi residue > 70%, 5 casi (25%) tra il 50% e il 69% e 1 solo caso (5%) tra il 30% e il 49%. L’angioplastica è risultata fortemente correlata con l’insuccesso tecnico rispetto allo stent (p ≈ 0), con 13 procedure non soddisfacenti (21,3% del totale delle angioplastiche) rispetto a 7 procedure non soddisfacenti (1,3% del totale degli stenting) e un odds ratio di 17,64 (IC95% 6,69-46,06), dati su cui ha inciso probabilmente la concentrazione maggiore di angioplastiche nei primi trattamenti con minore esperienza dell’operatore.
17 procedure (3,2%) sono state complicate da ictus o morte periprocedurale. In particolare si sono verificati 4 ictus maggiori (0,8%), 9 ictus minori (1,7%) e 4 decessi (0,8%, 2 da ictus e 2 cardiaci). 16 procedure (3%) hanno presentato complicanze minori, con 13 TIA (2,5%) e 3 infarti del miocardio non fatali (0,6%).
L’andamento della frequenza di complicanze maggiori e minori periprocedurali, all’aumentare del numero di procedure eseguite, ha mostrato un decremento costante negli anni per le maggiori (da un iniziale 6% dopo 50 procedure al 2,8% dopo 500 procedure), con tendenza a ulteriore calo nel prossimo futuro; le complicanze minori hanno invece mantenuto un andamento oscillante ma con frequenze costantemente inferiori al 4%.
L’analisi univariata dei predittori di outcome in termini di complicanze cerebrovascolari periprocedurali (ictus e TIA), verificatesi in 28 procedure, ha mostrato una differenza statisticamente significativa tra le stenosi sintomatiche e quelle asintomatiche, con 9,9% di procedure complicate nelle stenosi sintomatiche e 3,5% in quelle asintomatiche (p=0.01, odds ratio 2,75; IC95% 1,26-5,99). Non sono state osservate differenze significative per le altre variabili considerate: grado di stenosi, tipo di procedura, necessità di predilatazione, uso di filtro distale, occlusione carotidea controlaterale, placca ulcerata e condizioni anatomicamente sfavorevoli (trombo murale fresco, placche con calcificazioni grossolane, difficoltà d’accesso alla carotide stenotica per eccessiva tortuosità dei tronchi epiaortici, kinking o coiling del segmento post-stenotico, arco aortico bovino).
La sintomaticità della stenosi ha correlato con un aumentato rischio di eventi cerebrovascolari periprocedurali, in accordo con l’aumentata attività della placca carotidea e il conseguente elevato rischio di eventi cerebrovascolari. La scarsa efficacia del filtro di protezione nel prevenire le complicanze cerebrovascolari, in apparente disaccordo con le evidenze in letteratura, può essere spiegata con l’origine dei microemboli da altre sedi prossimali o distali alla stenosi, con frammenti embolici che riescono a superare il filtro perché di diametro inferiore ai micropori del dispositivo o con eventuali malposizionamenti, traumi nella carotide trattata o intrappolamenti nello stent durante la procedura di posizionamento e rimozione del filtro.
In conclusione, il nostro studio dimostra che la rivascolarizzazione carotidea con angioplastica e stenting è efficace e sicura se la selezione dei pazienti è accurata sia dal punto di vista clinico che delle caratteristiche anatomiche della stenosi e se la procedura è effettuata da neuroradiologo interventista con adeguata esperienza. Con questi presupposti, infatti, è possibile ottenere oltre a una percentuale di successi molto elevata, anche un tasso di complicanze particolarmente ridotto rispetto a quanto riportato in letteratura in studi in cui non è richiesta un’adeguata esperienza nella selezione e nell’esecuzione della procedura endovascolare. In particolare il tasso di complicanze risulta simile a quello richiesto per l’endarterectomia nei pazienti con stenosi asintomatica (< 3%) e questo dato pertanto rende proponibile il trattamento endovascolare anche per i pazienti asintomatici, che sono a basso rischio di eventi cerebrovascolari e per i quali l’angioplastica e lo stenting non sono raccomandati dalle linee guida.
Ovviamente queste considerazioni necessitano del conforto di evidenze derivanti da studi randomizzati di confronto fra endarterectomia e stenting che però devono essere necessariamente pianificati includendo personale con adeguata esperienza di neuroradiologia interventistica.
La stenosi carotidea è la causa di circa un terzo degli ictus di natura ischemica e l’intervento preventivo di elezione consiste nella rivascolarizzazione attraverso chirurgia (endoarterectomia) o, in alternativa, angioplastica e stenting. Questi ultimi possiedono alcuni vantaggi come la minor invasività, l’assenza del rischio di lesioni dei nervi cranici, l’assenza di anestesia, la ridotta ospedalizzazione del paziente oltre al fatto di poter trattare in una singola seduta più vasi stenotici. Sono inoltre indicati per trattare stenosi carotidee con eziologie particolari quali le dissezioni, le stenosi da arteriti e le restenosi. Tuttavia, l’intervento tradizionale di endoarterectomia è validato da molti anni ed ha dimostrato una maggiore evidenza di sicurezza, mentre la rivascolarizzazione con angioplastica percutanea e stenting finora ha portato a risultati controversi a causa delle differenti modalità di reclutamento dei pazienti e dell’esperienza dei centri coinvolti.
OBIETTIVI
Scopo di questo studio è stato di analizzare retrospettivamente una casistica di 486 pazienti con stenosi carotidea, trattati consecutivamente dal gennaio 1996 al febbraio 2010 in un unico centro (U.O. Neuroradiologia di Pisa) con angioplastica o stenting, al fine di valutarne l’efficacia (risoluzione della stenosi al di sotto del 30%) e la sicurezza (numero di complicanze maggiori e minori). È stato valutato inoltre l’andamento delle complicanze periprocedurali in funzione dell’esperienza acquisita dall’operatore con l’aumentare del numero di procedure effettuate.
Infine sono stati considerati alcuni parametri inerenti le caratteristiche della stenosi carotidea e il tipo di procedura per identificare eventuali predittori di complicanza cerebrovascolare periprocedurale.
MATERIALI E METODI
L’età media della popolazione è risultata di 71,3 + 7,8 anni, 120 femmine e 366 maschi. I pazienti avevano indicazioni al trattamento endovascolare e sono stati sottoposti a doppia antiaggregazione nei 3 giorni precedenti e nei 30 giorni successivi al trattamento.
Sono state eseguite 524 procedure, di cui 61 angioplastiche (11,6%) e 463 stenting (88,4%), con utilizzo in 192 casi di filtri di protezione distale (36,6%). Il grado di stenosi carotidea (metodo NASCET) è risultato tra il 70% e il 99% in 462 casi (88,2%) e tra il 50% e il 69% in 62 casi (11,8%). Le stenosi sintomatiche ammontavano a 178 (34%) e le asintomatiche a 346 (64%).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Il successo tecnico si è verificato in 504 casi (96,2%). Nei 20 insuccessi (3,8%), in 2 casi (0,4%) la causa è stata il kinking o coiling del segmento carotideo a valle della stenosi, in 6 casi (1,1%) l’origine angolata del vaso trattato, in 10 casi (1,9%) la stenosi insuperabile, in 1 caso (0,2%) lo slaminamento settoriale e in 1 altro caso (0,2%) la sospensione procedurale per crisi cardiaca. In riferimento al grado di stenosi residua, 14 casi (70% degli insuccessi) hanno presentato stenosi residue > 70%, 5 casi (25%) tra il 50% e il 69% e 1 solo caso (5%) tra il 30% e il 49%. L’angioplastica è risultata fortemente correlata con l’insuccesso tecnico rispetto allo stent (p ≈ 0), con 13 procedure non soddisfacenti (21,3% del totale delle angioplastiche) rispetto a 7 procedure non soddisfacenti (1,3% del totale degli stenting) e un odds ratio di 17,64 (IC95% 6,69-46,06), dati su cui ha inciso probabilmente la concentrazione maggiore di angioplastiche nei primi trattamenti con minore esperienza dell’operatore.
17 procedure (3,2%) sono state complicate da ictus o morte periprocedurale. In particolare si sono verificati 4 ictus maggiori (0,8%), 9 ictus minori (1,7%) e 4 decessi (0,8%, 2 da ictus e 2 cardiaci). 16 procedure (3%) hanno presentato complicanze minori, con 13 TIA (2,5%) e 3 infarti del miocardio non fatali (0,6%).
L’andamento della frequenza di complicanze maggiori e minori periprocedurali, all’aumentare del numero di procedure eseguite, ha mostrato un decremento costante negli anni per le maggiori (da un iniziale 6% dopo 50 procedure al 2,8% dopo 500 procedure), con tendenza a ulteriore calo nel prossimo futuro; le complicanze minori hanno invece mantenuto un andamento oscillante ma con frequenze costantemente inferiori al 4%.
L’analisi univariata dei predittori di outcome in termini di complicanze cerebrovascolari periprocedurali (ictus e TIA), verificatesi in 28 procedure, ha mostrato una differenza statisticamente significativa tra le stenosi sintomatiche e quelle asintomatiche, con 9,9% di procedure complicate nelle stenosi sintomatiche e 3,5% in quelle asintomatiche (p=0.01, odds ratio 2,75; IC95% 1,26-5,99). Non sono state osservate differenze significative per le altre variabili considerate: grado di stenosi, tipo di procedura, necessità di predilatazione, uso di filtro distale, occlusione carotidea controlaterale, placca ulcerata e condizioni anatomicamente sfavorevoli (trombo murale fresco, placche con calcificazioni grossolane, difficoltà d’accesso alla carotide stenotica per eccessiva tortuosità dei tronchi epiaortici, kinking o coiling del segmento post-stenotico, arco aortico bovino).
La sintomaticità della stenosi ha correlato con un aumentato rischio di eventi cerebrovascolari periprocedurali, in accordo con l’aumentata attività della placca carotidea e il conseguente elevato rischio di eventi cerebrovascolari. La scarsa efficacia del filtro di protezione nel prevenire le complicanze cerebrovascolari, in apparente disaccordo con le evidenze in letteratura, può essere spiegata con l’origine dei microemboli da altre sedi prossimali o distali alla stenosi, con frammenti embolici che riescono a superare il filtro perché di diametro inferiore ai micropori del dispositivo o con eventuali malposizionamenti, traumi nella carotide trattata o intrappolamenti nello stent durante la procedura di posizionamento e rimozione del filtro.
In conclusione, il nostro studio dimostra che la rivascolarizzazione carotidea con angioplastica e stenting è efficace e sicura se la selezione dei pazienti è accurata sia dal punto di vista clinico che delle caratteristiche anatomiche della stenosi e se la procedura è effettuata da neuroradiologo interventista con adeguata esperienza. Con questi presupposti, infatti, è possibile ottenere oltre a una percentuale di successi molto elevata, anche un tasso di complicanze particolarmente ridotto rispetto a quanto riportato in letteratura in studi in cui non è richiesta un’adeguata esperienza nella selezione e nell’esecuzione della procedura endovascolare. In particolare il tasso di complicanze risulta simile a quello richiesto per l’endarterectomia nei pazienti con stenosi asintomatica (< 3%) e questo dato pertanto rende proponibile il trattamento endovascolare anche per i pazienti asintomatici, che sono a basso rischio di eventi cerebrovascolari e per i quali l’angioplastica e lo stenting non sono raccomandati dalle linee guida.
Ovviamente queste considerazioni necessitano del conforto di evidenze derivanti da studi randomizzati di confronto fra endarterectomia e stenting che però devono essere necessariamente pianificati includendo personale con adeguata esperienza di neuroradiologia interventistica.
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