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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-04272013-092543


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
OLMATI, SIMONE
URN
etd-04272013-092543
Titolo
Economic Partnership Agreements: storia, impatto e problematiche del negoziato UE/ACP
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
POLITICHE E RELAZIONI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof. Volpi, Alessandro
Parole chiave
  • Lomè
  • GATT
  • European Union
  • Economic Partnership Agreements
  • Cotonou
  • Unione Europea
  • ACP
  • WTO
Data inizio appello
20/05/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Gli Accordi di Partenariato Economico rappresentano uno degli argomenti più controversi e dibattuti degli ultimi anni nell’ambito del commercio internazionale. Costituiscono, infatti, l’ultima fase di una storia decennale di relazioni tra Unione Europea e paesi ACP, ripercorsa nel primo capitolo. Un rapporto di natura preferenziale durato per molti decenni il quale, a partire dagli anni Novanta, ha subito una rapida evoluzione in conformità con le norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’introduzione del principio di reciprocità e l’obbligo di conformarsi al General Agreement on Tariffs and Trade hanno portato al superamento della Convenzione di Lomé, che regolamentava il rapporto preferenziale CEE/ACP fin dal 1975, e alla definizione di un nuovo regime istituito con l’Accordo di Cotonou del 2000. Quest’ultimo contiene la base giuridica dei nuovi Accordi di Partenariato Economico: si tratta di accordi di libero scambio tra l’Unione Europea e sei sub- regioni in cui è stato suddiviso, per necessità negoziali, il blocco di paesi ACP. Su questo fronte, gli APE sono stati accolti con molto scetticismo, date le potenziali implicazioni macroeconomiche che questi potrebbero comportare. Le conseguenze del passaggio al nuovo regime, infatti, sono ancora molto incerte rispetto alle preferenze di Lomé, data la natura particolare delle regioni ACP. Si tratta, infatti, di Stati con grandi limiti sul lato dell’offerta, caratterizzati da sistemi produttivi fragili, infrastrutture insufficienti, carenza di capitali e deboli economie di scala. Molti analisti hanno messo in guardia contro i rischi di una forte apertura commerciale prevista nelle schede di liberalizzazione degli APE. Senza le necessarie precondizioni, infatti, gli Accordi potrebbero produrre effetti contrari a quelli auspicati dai negoziatori. L’impatto sull’integrazione regionale in Africa, approfondito nel secondo capitolo, costituisce, a questo proposito, un ottimo caso di studio. La frammentazione del continente africano, l’appartenenza multipla di molti Stati a più Comunità Economiche Regionali, la differenza tra paesi LDCs e non-LDCs (Least Developed Countries) e la sovrapposizione di Unioni Doganali mal funzionanti, hanno reso difficoltosa l’implementazione degli Accordi, con conseguenze nefaste sul piano dell’integrazione regionale. Stando a questi risultati, a partire dal 2004, l’attenzione dei paesi ACP si è concentrata più sull’elaborazione di alternative, analizzate nel terzo capitolo, che non sulla conclusione degli Accordi stessi. Alla posizione critica delle sub-regioni ACP, si è aggiunta quella della società civile e di molte ONG le quali, attraverso la Stop EPAs Campaign hanno effettuato azione di lobbying per una riforma degli Accordi, che potesse tener conto delle esigenze di sviluppo della controparte più debole. Tuttavia, nonostante la firma di APE parziali da parte di pochi Stati, senza una riforma multilaterale del GATT, qualsiasi ipotesi alternativa sembra al momento impraticabile.
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