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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04242023-161004


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PENNESI, MARGHERITA
URN
etd-04242023-161004
Titolo
Ruolo dell’approccio nutrizionale nella gestione del paziente insulino-resistente
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
SCIENZE DELLA NUTRIZIONE UMANA
Relatori
relatore Giacomelli, Chiara
Parole chiave
  • iperinsulinemia
  • insulino-resistenza
  • insulina
Data inizio appello
24/05/2023
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Lo scopo di questo elaborato è fornire una panoramica sulla problematica dell’insulino resistenza (IR) e sulle principali comorbilità ad essa connesse con focus sull’approccio nutrizionale nella gestione del paziente insulino-resistente.
La resistenza all'insulina si instaura quando un livello di insulina normale o elevato produce una risposta biologica attenua, questo si traduce in uno smaltimento del glucosio ridotto per ridotta captazione da parte di quei tessuti in cui l’assorbimento di glucosio è mediato dall'insulina.
La patogenesi è multifattoriale ma è accertato che condizioni di soprappeso e obesità sono alla base dello squilibrio metabolico che si genera, in quanto responsabili dell’instaurarsi di uno stato infiammatorio di basso grado direttamente correlato all’espansione del tessuto adiposo e alla formazione del così detto grasso viscerale. Quest’ultimo è infatti caratterizzato da una maggiore attività lipolitica e aumentato rilascio di mediatori infiammatori, fattori entrambi coinvolti nel blocco della via di segnalazione insulinica.
L’iperinsulinemia compensatoria che ne deriva comporta la deregolazione di una serie di substrati coinvolti nell’aumentata lipogenesi generando un sistema che si autoalimenta.
Essendo l’IR un importante fattore di rischio per lo sviluppo della patologia diabetica, ma anche un fattore di rischio indipendente per patologie cardiovascolari, prima causa di morte secondo i dati dell’OMS, il controllo dell’IR assume un ruolo centrale nella prevenzione e nel trattamento delle condizioni patologiche ad essa associate.
La diretta conseguenza dell’IR è una deregolazione del metabolismo glucidico a livello dei principali tessuti insulino sensibili: muscolo, fegato e tessuto adiposo. In uno stato fisiologico la glicemia ha un valore omeostatico che a digiuno si attesta tra 70 e 100 mg/dl, mentre dopo i pasti (2h) non dovrebbe superare i 140 mg/dl. Viene quindi stimolata la sintesi di insulina ad opera delle cellule β del pancreas. D’altro canto, in situazioni di ipoglicemia, il pancreas secerne glucagone, ormone proteico con azione iperglicemizzante che stimola la gluconeogenesi e glicogenolisi.
Questo sistema viene sovvertito in condizioni di IR, si ha un’interruzione del network di segnalazione con una serie di conseguenze che si riflettono a livello sistemico sull’intero organismo e che riguardano: aumento dei livelli pressori per mancata produzione di ossido nitrico a livello endoteliale, dislipidemia e maggior rischio di sviluppo di placca aterosclerotica, nonché rischio di lipotossicità cardiaca. Si parla in questo contesto di sindrome metabolica come condizione di aumentato rischio cardio vascolare. Le comorbilità extra vascolari riguardano invece il deposito di trigliceridi a livello epatico (NAFLD), infiltrazione di grasso nel muscolo, sindrome dell’ovaio policistico, maggiorato rischio di diabete di tipo due, degenerazioni cognitive come il morbo di Alzhaimer, e aumentato rischio di sviluppo di tumori a livello pancreatico.
In ambito nutrizionale i parametri maggiormente impiegati per la valutazione generale del paziente e per un eventuale rischio di IR sono: il BMI che stabilisce delle classi di sottopeso, normopeso, sovrappeso e obesità da lieve a grave; questo in realtà si configura come un aumentato rischio di mortalità. Mentre le circonferenze corporee e la bioimpedenziometria sono importanti in quanto esprimono rispettivamente la distribuzione del tessuto adiposo e la percentuale corporea di questo. Tra gli esami ematochimici si valuta l’HOMA-Index per cui con valori superiori a 2,5 si è insulino resistenti.
Gli approcci nutrizionali che sono supportati da evidenze scientifiche in ambito di gestione del paziente insulino resistente e che sono stati approfonditi in questo elaborato sono la dieta mediterranea e la dieta chetogenica nell’ottica di una perdita di peso del 7-10% e del miglioramento dei parametri glicemici, lipidici e infiammatori.
La dieta mediterranea, patrimonio dell’Unesco per le sue qualità nutrizionali legate al territorio e alla sostenibilità è un regime dietetico ampiamente consigliato nella prevenzione di malattie cronico degenerative e trova riscontro anche nel miglioramento dei parametri glicemici legati all’insulino resistenza. La sua bontà deriva dal fatto di essere un regime alimentare che si basa su un alto intake di fibre, pochi grassi animali e olio di oliva noto per le sue proprietà nutrizionali. Questo regime dietetico, nel contesto di una dieta ipocalorica, si attesta come un valido strumento per il controllo glicemico e l’attenuarsi della condizione di resistenza insulinica.
Un altro approccio dietetico che sta guadagnando consenso principalmente nel management dell’obesità grave, ma anche nelle malattie metaboliche, è la dieta chetogenica (VLCKD).
Le peculiarità del protocollo chetogenico sono la ristrettezza dei carboidrati, che deve essere inferiore ai 30 gr/die che equivalgono a circa il 10-13% per un apporto calorico totale giornaliero di circa 800 kcal. Le proteine sono presenti in misura di 1,2-1,6 gr/kg di peso corporeo desiderabile (normoproteica), mentre i grassi sono presenti al 60 -70%, che in un contesto di 800 kcal rientrano in un regime dietetico low-fat.
Per queste caratteristiche nutrizionali la VLCKD induce uno stato di chetosi caratterizzato dall’utilizzo dei corpi chetonici come fonte di carburante per le cellule, derivati dall’ossidazione degli acidi grassi.
La dieta prevede una fase attiva di chetosi che può durare fino a 12 settimane, una fase di transizione in cui sono gradualmente reintrodotti carboidrati.
La restrizione calorica, inoltre, di almeno il 25-30 % rispetto alla spesa energetica quotidiana, è fattore che apporta dei vantaggi in quanto in grado di indurre autofagia e diminuzione dello stato infiammatorio per diminuita attività metabolica.
L’attività fisica è un fattore determinante nel miglioramento dell’IR sia di tipo aerobico eseguita ad una medio/alta intensità per indurre un consumo sia glucidico che lipidico, ma anche di tipo anaerobico per favorire l’ipertrofia muscolare con conseguente maggiore uptake di glucosio da parte del muscolo scheletrico.
Nella parte finale dell’elaborato, si riporta l’esperienza di tirocinio e si discutono i dati rilevati ad un gruppo di 9 pazienti che presentano IR. Durante la prima visita sono stati valutati i parametri corporei di riferimento e fornito un piano dietetico mediterraneo nel contesto di una restrizione calorica. Successivamente viene fornito un regime nutrizionale chetogenico e vengono discussi i risultati. I risultati sono limitati dall’esiguo numero del campione, tuttavia, in questa coorte, la dieta chetogenica sembra essere un protocollo valido per la riduzione rapida di peso corporeo e in particolare della circonferenza addominale, direttamente coinvolti con l’instaurarsi della mancata risposta insulinica.






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