Tesi etd-04232009-155609 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
DAMARI, CLAUDIA
URN
etd-04232009-155609
Titolo
Alfred Schütz e il problema del significato
Intersezioni alle radici della interpretazione del mondo sociale
Settore scientifico disciplinare
SPS/07
Corso di studi
STORIA E SOCIOLOGIA DELLA MODERNITA'
Relatori
Relatore Prof. Muzzetto, Luigi
Parole chiave
- comprensione
- coscienza
- enclave
- frame
- senso
- Significato
- socialità
Data inizio appello
18/05/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/05/2049
Riassunto
La questione del significato è antica quanto la filosofia. Ma sono altrettanto antiche le ambiguità del significato del significato. Che fanno tutt’uno con la storia di questo importante termine-evento.
La nostra riflessione si colloca nel più ampio orizzonte della tradizione di pensiero nota con il nome di Methodenstreit, il dibattito sul metodo delle scienze storico-sociali che ha avuto inizio in Germania intorno alla fine dell’Ottocento e che da Dilthey, attraverso Windelband e Rickert approda a Weber, e muove da un potente richiamo a Kant, in ultimo nella cornice delle scienze dello spirito. Sebbene le analisi si restringeranno per effetto dell’attenzione portata a singole proposte ed elaborazioni di autori – e specialmente di un autore, Alfred Schütz, centrale per noi per la sua vocazione e per la qualità del suo apporto – saremo sufficientemente avvertiti che questi orizzonti sono sempre attivi come meta e pensiero, come contesto non solo formale ma sostanziale, di tutto il lavoro di ricerca.
Il tema della costruzione intersoggettiva della realtà costituisce un aspetto cruciale delle riflessioni di Alfred Schütz. L’indagine è condotta dal punto di vista dell’attore, dalla sua dimensione soggettiva, dimensione che è allo stesso tempo sociale ‘sin dall’inizio’: ‘sin dall’inizio’ l’attore vive in un mondo condiviso di cultura. Questo vincolo indissolubile costituisce la premessa iniziale a partire dalla quale ogni singolo individuo produce versioni o visioni del mondo ‘dotate di senso’, senso che viene così ad acquistare una sua peculiare fisionomia entro la dimensione istituita dalla relazione tra soggettività e socialità. E’ così che il riferimento weberiano al problema del senso costituisce solamente l’esordio della lezione di Schütz, la cui elaborazione nel corso degli anni va acquisendo una sempre maggiore autonomia e originalità rispetto al padre della sociologia comprendente. Accade infatti che nel caso di Schütz il senso sia complessivamente portato ai livelli più elementari – ossia molecolari – nel tentativo di metterne in chiaro la meccanica e insieme la logica costruttiva dei significati. Per questa ragione, dal nostro punto di vista, l’intento fondamentale che il dettato schütziano mira a perseguire è quello di chiarire la struttura del senso, i suoi caratteri, i modi della sua costituzione. Dobbiamo inoltre sottolineare la rilevanza che l’orientamento fenomenologico riveste nel determinare ciò che può essere ritenuto il Leitmotiv delle riflessioni schütziane: la dissolvenza del problema della realtà nel problema del senso del reale, lo sfumarsi dunque di un confine netto tra mondo esterno e soggetto, tra osservatore e osservato.
La presente ricerca, muovendo da un’esposizione della teoria delle province finite di significato, si propone di delineare un percorso di studio che consenta di sviluppare la questione del costituirsi del senso nel concorso di più province: Schütz svolge tendenzialmente le sue riflessioni all’interno di ogni singolo universo di significato e pertanto non sembra aver contemplato a fondo, nella costituzione dei significati all’interno di quegli universi, proprio l’effetto di compresenza delle diverse province sia adiacenti che più distanti. La nostra indagine mira a recuperare sollecitazioni dello stesso Schütz in queste direzioni e a integrare il discorso con ulteriori apporti di studiosi del settore, nella convinzione che il superamento di alcune rigidità analitiche sia importante per una visione più elastica e certamente coerente con la fluidità di tutta la materia e allo scopo di meglio cogliere modificazioni, modulazioni e oscillazioni di significato, all’interno di ciascun universo, che alcune rigidità analitiche tendono a mettere in ombra.
Il nucleo attorno al quale ruotano le nostre riflessioni è pertanto quello di analizzare come si configuri, da un punto di vista prettamente cognitivo, il problema della compresenza.
In estrema sintesi, il nostro percorso è stato il seguente: siamo partiti dall’assunto che il problema del senso è particolarmente importante nel quadro della interpretazione del mondo sociale; abbiamo quindi ripercorso l’itinerario di Schütz che ha dato un apporto analitico certamente originale e forse ineguagliato all’intera problematica; sono state nondimeno rilevate alcune tipiche contrazioni del discorso di questo autore per effetto di un implicito irrigidimento delle sue posizioni e proposte limitative della fluidità e della dinamica del significato; per meglio individuare e qualificare tali limiti dell’opera schütziana si è ritenuto opportuno ritornare al dettato di James che virtualmente offre ampie sollecitazioni, non del tutto utilizzate dagli autori vi fanno riferimento; Schütz è quindi apparso uno di questi, che non ha sviluppato a pieno né colto la fertilità dell’elaborazione jamesiana; il ricorso ad un autore come Arvidson, della scuola di Schütz tramite Gurwitsch, si è rivelato assai utile proprio in funzione dell’esigenza di integrare la trattazione di Schütz, rendendola eventualmente più adeguata alle complesse grandezze del significato, laddove siano contemplate le sue modificazioni, oscillazioni, variazioni, modulazioni. Dal nostro punto di vista, il significato corre il rischio di diventare uno scheletro se non viene corredato e corroborato dei materiali vitali come quelli appena segnalati.
In appendice abbiamo inserito un capitolo sull’umorismo: esso rappresenta un esempio di modulazione del significato e pertanto un’applicazione della nostra ipotesi di lavoro ad un evento che, trascritto nei termini dell’ortodossia schütziana, potrebbe non ottenere proprio quegli esiti a cui l’umorismo tende, con una perdita ‘reale’ di tutto il corredo di ‘allusioni’ e variazioni e pertanto di significati.
La nostra riflessione si colloca nel più ampio orizzonte della tradizione di pensiero nota con il nome di Methodenstreit, il dibattito sul metodo delle scienze storico-sociali che ha avuto inizio in Germania intorno alla fine dell’Ottocento e che da Dilthey, attraverso Windelband e Rickert approda a Weber, e muove da un potente richiamo a Kant, in ultimo nella cornice delle scienze dello spirito. Sebbene le analisi si restringeranno per effetto dell’attenzione portata a singole proposte ed elaborazioni di autori – e specialmente di un autore, Alfred Schütz, centrale per noi per la sua vocazione e per la qualità del suo apporto – saremo sufficientemente avvertiti che questi orizzonti sono sempre attivi come meta e pensiero, come contesto non solo formale ma sostanziale, di tutto il lavoro di ricerca.
Il tema della costruzione intersoggettiva della realtà costituisce un aspetto cruciale delle riflessioni di Alfred Schütz. L’indagine è condotta dal punto di vista dell’attore, dalla sua dimensione soggettiva, dimensione che è allo stesso tempo sociale ‘sin dall’inizio’: ‘sin dall’inizio’ l’attore vive in un mondo condiviso di cultura. Questo vincolo indissolubile costituisce la premessa iniziale a partire dalla quale ogni singolo individuo produce versioni o visioni del mondo ‘dotate di senso’, senso che viene così ad acquistare una sua peculiare fisionomia entro la dimensione istituita dalla relazione tra soggettività e socialità. E’ così che il riferimento weberiano al problema del senso costituisce solamente l’esordio della lezione di Schütz, la cui elaborazione nel corso degli anni va acquisendo una sempre maggiore autonomia e originalità rispetto al padre della sociologia comprendente. Accade infatti che nel caso di Schütz il senso sia complessivamente portato ai livelli più elementari – ossia molecolari – nel tentativo di metterne in chiaro la meccanica e insieme la logica costruttiva dei significati. Per questa ragione, dal nostro punto di vista, l’intento fondamentale che il dettato schütziano mira a perseguire è quello di chiarire la struttura del senso, i suoi caratteri, i modi della sua costituzione. Dobbiamo inoltre sottolineare la rilevanza che l’orientamento fenomenologico riveste nel determinare ciò che può essere ritenuto il Leitmotiv delle riflessioni schütziane: la dissolvenza del problema della realtà nel problema del senso del reale, lo sfumarsi dunque di un confine netto tra mondo esterno e soggetto, tra osservatore e osservato.
La presente ricerca, muovendo da un’esposizione della teoria delle province finite di significato, si propone di delineare un percorso di studio che consenta di sviluppare la questione del costituirsi del senso nel concorso di più province: Schütz svolge tendenzialmente le sue riflessioni all’interno di ogni singolo universo di significato e pertanto non sembra aver contemplato a fondo, nella costituzione dei significati all’interno di quegli universi, proprio l’effetto di compresenza delle diverse province sia adiacenti che più distanti. La nostra indagine mira a recuperare sollecitazioni dello stesso Schütz in queste direzioni e a integrare il discorso con ulteriori apporti di studiosi del settore, nella convinzione che il superamento di alcune rigidità analitiche sia importante per una visione più elastica e certamente coerente con la fluidità di tutta la materia e allo scopo di meglio cogliere modificazioni, modulazioni e oscillazioni di significato, all’interno di ciascun universo, che alcune rigidità analitiche tendono a mettere in ombra.
Il nucleo attorno al quale ruotano le nostre riflessioni è pertanto quello di analizzare come si configuri, da un punto di vista prettamente cognitivo, il problema della compresenza.
In estrema sintesi, il nostro percorso è stato il seguente: siamo partiti dall’assunto che il problema del senso è particolarmente importante nel quadro della interpretazione del mondo sociale; abbiamo quindi ripercorso l’itinerario di Schütz che ha dato un apporto analitico certamente originale e forse ineguagliato all’intera problematica; sono state nondimeno rilevate alcune tipiche contrazioni del discorso di questo autore per effetto di un implicito irrigidimento delle sue posizioni e proposte limitative della fluidità e della dinamica del significato; per meglio individuare e qualificare tali limiti dell’opera schütziana si è ritenuto opportuno ritornare al dettato di James che virtualmente offre ampie sollecitazioni, non del tutto utilizzate dagli autori vi fanno riferimento; Schütz è quindi apparso uno di questi, che non ha sviluppato a pieno né colto la fertilità dell’elaborazione jamesiana; il ricorso ad un autore come Arvidson, della scuola di Schütz tramite Gurwitsch, si è rivelato assai utile proprio in funzione dell’esigenza di integrare la trattazione di Schütz, rendendola eventualmente più adeguata alle complesse grandezze del significato, laddove siano contemplate le sue modificazioni, oscillazioni, variazioni, modulazioni. Dal nostro punto di vista, il significato corre il rischio di diventare uno scheletro se non viene corredato e corroborato dei materiali vitali come quelli appena segnalati.
In appendice abbiamo inserito un capitolo sull’umorismo: esso rappresenta un esempio di modulazione del significato e pertanto un’applicazione della nostra ipotesi di lavoro ad un evento che, trascritto nei termini dell’ortodossia schütziana, potrebbe non ottenere proprio quegli esiti a cui l’umorismo tende, con una perdita ‘reale’ di tutto il corredo di ‘allusioni’ e variazioni e pertanto di significati.
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